Capitolo 22 - Kegan

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Non posso credere a quello che è successo nemmeno mezz'ora fa. Ero tranquillo a casa a farmi i fatti miei quando è arrivato quel messaggio.

Jenny voleva fare sesso con me, per un momento molto lungo ho pensato che le avessero rubato il cellulare, ma alla fine non mi sono fatto intimidire e sono comunque andato a casa sua e ho fatto bene.

I mugolii che sono usciti dalla sua bocca e i gemiti leggeri senza dubbio me li porterò nella tomba.

Mi passo una mano sullo stomaco, sono disteso sul divano a immaginare tutti gli scenari possibili che potrò sperimentare stasera.

Le ho detto che sarà solo una notte, ma non so se riuscirò davvero ad allontanarmi da lei dopo averla avuta di nuovo. È stato già incredibilmente difficile la prima volta, ricordo nitidamente il dolore che si è dipinto sul suo viso quando l'ho respinta, quell'immagine me la sono portata dietro per interi mesi senza possibilità di dimenticarla.

Non voglio che accada di nuovo, mi ero convinto di essere un pericolo per lei e a quel tempo lo ero ma se adesso non fosse più così? Se le cose fossero cambiate e io potessi proteggerla?

Uno squillo prolungato mi fa tornare alla realtà, allungo la mano verso il tavolino vicino al divano per recuperarlo e quando leggo "numero sconosciuto" il mio cuore perde un battito. Può essere una sola persona che mi chiama in questo modo.

«Pronto?» rispondo mettendo il vivavoce.

«Kegan, Kegan, tesoro, Kegan» dice la voce di mia madre, non sembra per niente tranquilla e questo mi fa allarmare. Mi metto seduto sul divano.

«Mamma, va tutto bene?» chiedo, affondando la mano in uno dei cuscini, stringendo il tessuto tra le dita. Un singhiozzo dall'altro capo del telefono.

«Kegan, lui, lui, non è più qui. Lui... Kegan brucerà ogni cosa.»

La sua voce è carica di tormento e posso percepire fin da qui la paura che sta provando.

Cerco di mettere ordine nelle parole che ha detto, ma sono le ultime tre parole a farmi comprendere davvero di chi sta parlando.

«Costa stai dicendo, mamma? Dove sei? C'è qualcuno con te?»

Non è la prima volta che mia madre mi chiama in preda a deliri allucinogeni, ho imparato a gestire negli anni anche questa parte di lei, anche se non è mai facile. Soprattutto perché so il motivo per cui si sente in questo modo e non posso nemmeno darle torto.

Sento un po' di trambusto dall'altro capo del telefono. «Per favore, calmati Martha, va tutto bene, vuoi darmi il telefono?» A parlare deve essere una delle sue infermiere, ma mia madre urla: «No! No! Lo deve sapere! Kegan... Kegan, lui è scappato!»

La voce di mia madre arriva lontana, a malapena un sussurro, ma il mio cervello la percepisce forte e chiara e il panico si impossessa del mio corpo. Mi alzo in piedi e inizio a camminare.

No, non è una cosa possibile, devo ricordarmi che mia madre non sta bene, per questo è convinta di fatti che non esistono. Ma devo avere una conferma da una voce autorevole.

L'altro capo del telefono viene occupato da un'altra voce. «Signor Rivera, ci perdoni questo trambusto, sua madre non è in buono stato oggi e continuava a ripetere che aveva bisogno di sentirla. Sa bene che evitiamo le visite di solito, ma credo che sia necessario che lei venga qui a tranquillizzarla. Dobbiamo discutere di una questione importante».

Una questione importante. L'angoscia mi attanaglia la gola, se mi chiamano per andare al centro significa che c'è qualcosa di importante che mi vogliono comunicare e nonostante i suoi deliri non ho mai sentito mia madre così spaventata in questi ultimi dieci anni.

Abbandonando la mia stradaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora