Capitolo 26 - Jenny

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Devo essermi addormentata, perché quando riapro gli occhi sono distesa sul letto d'ospedale e un'infermiera sta prendendo i miei parametri. I ricordi del discorso che ho fatto con Kegan mi tornano in mente, spalanco gli occhi e mi guardo attorno.

Era solo un sogno?

No, non è possibile. Lui mi ha chiesto scusa, ha discusso con Eleonor, era qui accanto a me, mi ha baciato. Il panico si impossessa di me mentre squadro ogni centimetro della stanza d'ospedale, ma lui non c'è.

Allungo la mano e afferro il braccio dell'infermiera. «Scusi, ha per caso visto un ragazzo, che prima era qui?»

Lei aggrotta la fronte. «Il ragazzo con i capelli neri?»

Mi affloscio. «No... ecco, è biondo.»

Le mie speranze si affievoliscono e la tristezza prende il sopravvento.

«Lasci perdere» concludo e la lascio fare il suo lavoro, prendo un respiro profondo per ricacciare indietro le lacrime.

«Quando potrò uscire?»

La donna controlla qualcosa sulla cartella e poi guarda l'orologio. «Tra un paio d'ore.»

Detto questo va verso la porta, rimango con lo sguardo fisso verso la finestra cercando di respirare profondamente.

«Ti ho portato un hamburger, ho pensato che potessi avere fame, insomma il cibo dell'ospedale fa schifo.»

Mi giro verso quella voce e i miei occhi si illuminano. Spalle larghe contornate dalla maglietta a maniche corte, tatuaggi su entrambe le braccia, capelli biondo cenere spettinati e occhi verdi che fissano nella mia direzione.

«Non era un sogno.»

Lo dico a voce alta, anche se volevo soltanto pensarlo. Kegan corruga la fronte mentre si avvicina.

«Ma di che stai parlando?»

Mi mette sulla coperta il contenitore con il panino e prende posto sulla poltrona di fianco a me.

«Io... tu non c'eri quando mi sono svegliata, così ho pensato che, insomma, potesse essere stato un sogno.»

Adesso mi sento molto imbarazzata per averlo pensato, anche se sono felice.

Kegan si mette a ridere. «Sono onorato di essere costantemente nella tua testa, quando dormi, quando sei sveglia.»

Afferro il cuscino e lo colpisco in faccia. «Egocentrico.»

Mi toglie il cuscino dalle mani e lo sistema di nuovo al suo posto. «Lo sono, per la maggior parte del tempo. Ma le parole che ho detto prima non erano un sogno, era reale, proprio come i tuoi dieci punti sulla coscia e il tuo rischio di commozione celebrale.»

Alzo un sopracciglio. «Hai chiesto ai medici?»

Fa spallucce. «Un uomo deve pur essere preparato, no?»

Sospiro e mi abbandono di nuovo contro il cuscino, chiudendo gli occhi per un istante. Voglio godermi per un po' questo attimo di felicità, senza pensare al nostro passato e ai drammi che ci aspettano fuori di qui.

«Per caso sai dov'è Eleonor? Quelle fitte che aveva? Hunter ha detto qualcosa?» domando preoccupata, Kegan scarta l'involucro suo panino, io faccio lo stesso con il mio. Dà un morso e solo dopo prende la parola.

«Che ne dici di mangiare il panino, prima?»

La fame mi passa immediatamente. «Cosa non mi stai dicendo?»

Kegan sospira. «Sei a digiuno da ore, parlerò mentre mangi, se ti interrompi mi interrompo.»

Faccio come dice, mordo l'hamburger, anche se mi sembra di mangiare segatura. Se Eleonor ha qualche problema, il mio ultimo pensiero è di mangiare.

Abbandonando la mia stradaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora