Capitolo 30 - Jenny

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Passano sette giorni prima che io possa effettivamente muovermi senza sentire un dolore spropositato.

Tre giorni in cui Camille mi fa da infermiera e mi costringe ad alzarmi solo per fare la pipì, continua a dire che non posso muovermi perché se no i punti guariscono più lentamente e che lei lo sa, perché vede sempre i padroni tornare con i cani che se li sono strappati.

Vorrei dire che sono un essere umano, il che mi rende leggermente diversa da un cane e che io non mi strapperei mai con i denti i punti, ma preferisco tacere e godermi, per una volta nella mia vita, quelle attenzioni.

Non è l'unica, Eleonor è venuta a trovarmi due volte, dopo essere uscita dall'ospedale, e Kegan continua a mandarmi messaggi a cui rispondo in maniera spicciola, sta provando a dimostrarmi che posso fidarmi, ma continuo ancora a titubare di lui e delle sue buone intenzioni.

D'altronde ho provato ad odiarlo per dieci anni, quel sentimento non sparisce da un giorno all'altro.

«Sei pronta?»

Camille appare nella soglia della mia camera, avvolta in un tubino e seguita da una nuvola di profumo, se non fosse strano mi metterei a sniffarlo per quanto è buono.

«Sei consapevole che stiamo andando in ospedale per farmi togliere i punti e non in un ristorante stellato, vero?»

Alzo un sopracciglio osservandola guardinga, le sue gote diventano di un colore rosso acceso.

«Dopo ho un appuntamento» ammette tenendo lo sguardo basso. Sgrano gli occhi e mi alzo dal letto, la raggiungo zoppicante e le afferro entrambe le mani. «E non mi hai detto nulla?!»

Non che sia strano, Camille e io usciamo con un sacco di persone di continuo, ma non usiamo mai il termine appuntamento, significa che è qualcuno di importante.

«Mi ha invitata oggi, non ero sicura quindi ho preferito tacere e poi... non so come andrà questa cosa e noi siamo in ritardo. In macchina!»

Sgattaiola via, mi metto a ridere, adoro Camille in difficoltà, straparla e se la dà a gambe. Mi infilo la giacca e seguo la mia amica fuori di casa.

Il tempo di sbattermi la porta alle spalle e mi ritrovo sotto il naso qualcosa che mi fa starnutire. Arriccio il naso, i miei occhi si spostano verso il basso individuando il mazzo di fiori.

«Che diavolo...» non ho nemmeno il tempo di finire, perché un paio di occhi verdi entrano nel mio campo visivo.

«Non volevo procurarti l'allergia, pensavo fosse un gesto carino comprarti dei fiori di pronta guarigione.»

Kegan è palesemente in imbarazzo, faccio un sorrisetto.

«La prossima volta potresti porgermeli invece di spiaccicarmeli contro la faccia, magari.»

Sorride e allontana il mazzo dal mio viso, lo abbassa e me lo porge. Lo afferro e inalo il profumo meraviglioso delle rose e dei girasoli.

«Sono nuovo ai gesti romantici, dovrò leggere qualche manuale» borbotta, sorrido come una scema per diversi secondi, prima di ricordarmi che ce l'ho ancora con lui.

«Sono nuovo ai gesti romantici, dovrò leggere qualche manuale» borbotta, sorrido come una scema per diversi secondi, prima di ricordarmi che ce l'ho ancora con lui

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