21. Stars who don't want to know about us

279 27 51
                                    

"Che si può essere felici solo in due,e i nostri cuori rispondono a stelle che non voglion saperne di noi"

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

"Che si può essere felici solo in due,
e i nostri cuori rispondono a stelle
che non voglion saperne di noi"

Si racconta che, spesso, le confessioni più intime e disarmate, in cui il cuore si espone vulnerabile all'altro, sono quelle tenute in rigoroso silenzio

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.


Si racconta che, spesso, le confessioni più intime e disarmate, in cui il cuore si espone vulnerabile all'altro, sono quelle tenute in rigoroso silenzio. 
Perché a volte le parole non bastano, e divengono così gusci secchi e vuoti, fragili crisalidi incapaci di contenere dei sentimenti pesanti come macigni che, senza pietà, comprimono e fratturano il petto e il respiro.

Sono quelle confessioni che hanno origine negli occhi e si nascondono alle orecchie di chi non è in grado di ascoltare realmente, di chi non sa leggere se non con gli occhi e non riesce a sentire con la sola pelle.

Avrei tanto voluto dire che quello era uno di quei silenzi, carichi di parole nascoste agli altri.
Un linguaggio segreto, un sentiero percorso in punta dei piedi, battuto solo ed esclusivamente dalle orme dei nostri passi incerti e insicuri.
Ma la verità, dovetti ammettere, era che non avevo mai sentito un silenzio più assordante.

E quell'eco lontano di parole non dette fece più paura di un grido.

La tensione permeava l'aria come nebbia fitta, così reale e solida da poterla tagliare con un vecchio e arrugginito coltello.
Eravamo in macchina da circa venti minuti, ricordavo perfettamente il profumo di Ambra grigia, il suo profumo, di cui erano impregnati i sedili di quell'auto sportiva dal colore incredibilmente acceso.
Era esattamente lo stesso che avevo sentito la prima sera passata al Poison, poco prima di svenire e ritrovarmi tra le coperte di una camera di cui ancora, al tempo, non ne sentivo la familiarità.

Mi ero vestita velocemente, indossando un jeans e una felpa grigia che Cayden aveva portato per me. Avrei tanto voluto sapere di cosa fosse venuto a conoscenza, e cosa avesse pensato, l'attimo in cui avevo colto i suoi occhi posarsi sopra quella pioggia di cristalli abbandonati sul tappeto, sopra cui il vestito ormai strappato della sera prima se ne stava lì, testimone e prova di colpevolezza di quei fremiti e di quel desiderio, che avevano scosso le pareti e tutti gli angeli in esse dipinti.

SYMPETRUMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora