1. The emerald heart has fallen

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"Ma quel sogno fu silenzio e cadde fragileed il cuore di smeraldo si fermò"

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"Ma quel sogno fu silenzio
e cadde fragile
ed il cuore di smeraldo si fermò"

"Ma quel sogno fu silenzio e cadde fragileed il cuore di smeraldo si fermò"

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Il lago era calmo, profondo, silenzioso.

Lo osservavo dalla riva a piedi nudi, la viscosità della melma mi rendeva instabile sulle mie stesse gambe, ma non importava.

L'umidità della notte mi si appiccicava addosso come una seconda pelle, incollandomi al corpo il sottile velo che era la bianca camicia da notte che indossavo, ma anche questo non importava.

Mi incantavo ad osservare i rami degli alberi che sussurravano, e giocavano, e danzavano, e tremavano come animati sotto l'impercettibile luce di una luna al suo ultimo quarto.

Finché non abbassai la testa ad osservare le mie mani improvvisamente gelide, talmente pallide che sembravano riflettere sotto l'epidermide quei rami che tanto mi piaceva guardare, e avrei voluto tanto dire che non mi importava, ma improvvisamente le vidi allungarsi distopiche e aliene come latte versato diretto all'acqua, come pelle che muta in cera e un impercettibile ronzio metallico non incominciò a diffondersi tutt'intorno - o forse era solo nella mia testa? - e migliaia di ali di libellula non caddero dal cielo come dardi cangianti, scuotendo il lago e colpendomi, finendo spezzati a sedimentarsi nel terreno umido.

Piccoli tagli a forma di mezzaluna sbocciavano generando perle rosse lungo le mie braccia, provai ad urlare ma il grido restò muto, le mie corde vocali erano come frantumate, polvere che soffocava nella mia gola.

Un'ombra mi fissava dall'altra parte del lago, immobile.

Una libellula dall'ala mozzata si librò in un volo inquietante, venne verso di me con velocità, infiammandosi come un cerino nell'aria.

Bruciando tutto.

...

Mi svegliai di soprassalto nel cuore della notte.
Guardai l'ora sul piccolo orologio sopra al comodino, segnava le tre e diciotto.

Perfetto, un'altra volta.

Mi rigirai sotto le coperte, voltandomi nervosa verso la finestra che dava sull'immenso giardino avvolto dal buio. Il vento ululava insistente scuotendo l'edera che incorniciava le vetrate e la pioggia cadeva ad un ritmo incessante.
Come se la propria missione, quella notte, fosse abbeverare ogni più piccolo grumo di terra esistente. E nel pieno fuoco incrociato di quel temporale, quasi mi sembrò di vedere la stessa ombra al di là del lago osservarmi da lontano.
Ma bastò un impercettibile battito di ciglia, e l'ombra svanì così come era apparsa.
Repentina e illusoria.

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