𝒟𝒶𝓁 𝒹𝒾𝒶𝓇𝒾𝑜 𝒹𝒾 𝒜𝓂𝑒𝓁𝒾𝒶

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"Una notte di AgostoIn quell'estate eravamo quasi feliciEppure so adesso che le nostre disgrazie cominciarono quella notte"

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"Una notte di Agosto
In quell'estate eravamo quasi felici
Eppure so adesso
che le nostre disgrazie
cominciarono quella notte"

"Una notte di AgostoIn quell'estate eravamo quasi feliciEppure so adesso che le nostre disgrazie cominciarono quella notte"

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Un giorno qualunque,
Di un inverno qualunque

Sbircio dalla finestra le bambine, giocano con la neve e corrono sopra quel manto bianco come piccole volpi delle fiabe.

Il cielo è di un bianco limpido e quasi asettico, e spiccano contro di esso i rami neri e secchi degli alberi. Non hanno più una singola foglia, a ricordare la fioritura passata.

Se ne stanno lì esposti e coraggiosi, forti nella loro vulnerabilità così evidente eppure così temprata.

Sbircio dalla finestra le bambine, i loro sorrisi giocosi, gli occhi luminosi e i nasini arrossati dal freddo.

E mi manca il respiro.

Lo sento spezzarsi sotto le costole, evaporare tra le mie labbra secche per il freddo e per la neve.
Lo vedo scivolare via da me come una nuvola di fumo, fondersi con l'aria gelata e i fiocchi perfetti che scendono, deformandosi nell'aria per poi ricongiungersi all'acqua che impregna la terra.

Mi manca il respiro ed io so che è lui, che me lo sta lentamente prosciugando.

Lo sento insinuarsi in ogni mio pensiero, seminare e proiettare con gli occhi la sua ossessione sulla mia pelle, tra i miei capelli,
sopra le ciglia, dietro al collo.
Prendendosi tutto.

Ma non posso permetterglielo.
Per lui, che non se lo merita.
Per loro, che hanno bisogno di me.
Le mie bambine.

Ed è così lontana, nei miei ricordi, quella notte d'Agosto. Il vento caldo soffiava smuovendomi il vestito bianco in cotone. Sopra l'acqua le libellule svolazzavano veloci come stelle cadenti, mentre io immergevo i piedi in quell'acqua opaca, per studiarle meglio.

Lo sentii arrivare dal legno secco dei rami che scricchiolavano sotto le sue scarpe.
Io lo sentivo sempre, arrivare.

E tutto scemava davanti ai miei occhi.
C'era solo lui.

I suoi capelli morbidi.
Gli occhi profondi.
I più profondi che avessi mai visto.
Il suo timbro caldo.

Per un po' è stato tutto.
E le giornate passavano tra un bacio rubato e l'altro.

Ma ci sono amori che nascono sbagliati e crescono terrificanti. Si aggrappano a te come tralicci secchi, ospiti infettanti e soffocanti.

Sono gli amori che nascono puri, benedetti dall'incoscienza dell'età, dalle sere d'estate e dalle lucciole luminose che giocano tra le foglie verdi.
Si nutrono di sussurri alle orecchie e occhiate fugaci, di bigliettini nascosti e sorrisi impacciati.

E poi senti che restano incastrati in un tempo che è nato per morire, in un tempo tutto loro, destinato a divenire una parentesi che racconterai un giorno, con qualche lacrima impigliata tra le ciglia e un colpo al petto.

Ci sono amori il cui destino è quello di rimanere sospesi in una dimensione che non gli è mai appartenuta, condannati a vagare tra tutti i loro se e tutti i loro ma, che non vedranno mai la luce.

Semplicemente destinati a non esistere se non nella nostra mente e in un angolo occultato del cuore.

Perché in fondo l'avevo sempre saputo che la scadenza pendeva come un presagio sopra le nostre teste. Ma di presagi ne era pieno il cielo, invece, ed io non l'avevo capito.
Erano mascherati dalle nuvole a cui divertiti tentavamo di trovare forma come nelle favole.

Sono gli amori che nascono puri e poi non riescono a proseguire, e tu sei lì che invece corri svelta verso il tuo futuro, e dai uno strattone forte a quell'amore, che magari poi si scastra.

Ma non è così.
Ti tira indietro.
Ti afferra e non ti lascia più, diviene carceriere invisibile di gabbie sottili.

Finché non arriva lui.
Quell'amore che è invece una coperta tiepida e un respiro a pieni polmoni, ti guarda con quegli occhi limpidi e ti promette un futuro dal profumo di mela, cannella e petali di rosa secchi.

Ti insegna perché non era giusto l'altro, ti indica la meta perfetta dove indirizzare tutte le sensazioni a cui non riesci a dare un nome.

E ti sembra così tremendamente giusto da non poter mica rinunciare a quell'amore lì.
E allora ti abbandoni ad esso.

Ma le ombre non dimenticano e le ossessioni si alimentano dell'assenza e del dolore.
Si nutrono dell'abbandono.

E il ricordo di ciò che era prima non è bastato per salvarlo da sé stesso e dalla sua mania.
E sento che non basterà a salvare me, da lui.

Un giorno qualunque.
Di un inverno qualunque.

A me manca il respiro.

𖥸

Eccoci qui!

Vi lascio una pagina del diario di Amelia.

Chissà quali segreti ha portato con sé, alimentati dal suo silenzio e forse dalla paura..

Ci vediamo con il solito box domande post capitolo su
IG: Liab.noir

Grazie, come sempre,
di seguirmi in questo viaggio. 

Siete preziosi. 🧚🏻

A presto,
Lia 𓆦

SYMPETRUMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora