"Dicono che bere assenzio col tempo fa brillare la tua ombra. È un problema se devi giocare a nascondino."
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Un temporale scuote il cielo, Sonata al chiaro di luna di Bethoveen scivola tra le pareti di casa, in una giornata cristallizzata come una...
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"Non cercare più il mio cuore, le belve l'hanno divorato."
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Avevo sempre odiato quei cazzo di faretti a led. Sembravano essere stati inventati solo per spaccarti le retine, con quella luce infernale che riusciva ad illuminare anche una stanza dalle pareti nere come quella in cui ero legato, mentre il ronzino ti si ficcava nelle orecchie e veniva assorbito da ogni centimetro di pelle esposta.
Le catene mi stringevano i polsi in una morsa gelata, e la scelta di quello spessore mi faceva quasi ridere.
Durante gli anni passati a studiare e allenarmi sulla disciplina del Krav Maga, più volte avevo compreso che si può apprendere molto solo dalle scelte che le persone compiono in risposta ad un impulso, rispecchiando in pieno l'idea che hanno di te e, soprattutto, le paure riflesse.
E in un anfratto nascosto e mitigato dalla follia della sua mente, quel figlio di puttana aveva paura.
Una paura dalle stesse sembianze di quelle catene, gelida e stretta non contro i polsi, ma serrata attorno alla gola e alle viscere.
Una paura tenuta a bada da quelle catene che, per ironia della sorte, tenevano a bada me. E che, con molta probabilità, si sarebbe ritrovato presto a spaccargli la trachea.
Perché la promessa di morte nel mio sguardo se la teneva infilzata in gola come un punteruolo, e raschiava silenziosa in attesa delle mie mani.
Comunque, non mi aspettavo nulla di diverso. Era il tempo, ciò che mi serviva, legato o meno non avrebbe fatto alcuna differenza per me. Non avrei potuto dire lo stesso dell'uomo che aveva contribuito alla mia esistenza, invece, che sarebbe morto affogato dalla sua stessa lingua tre secondi netti dopo aver incrociato i miei occhi in quel vicolo fatiscente, se non mi avessero bloccato repentini i suoi uomini.
Ronzio, dannato ronzio. Maledetta luce.
Questi due fastidiosissimi elementi erano sicuramente una buona parte di ciò che, in quel momento, contribuiva a farmi scorrere indemoniato il sangue nelle vene, farsi spazio ad un ritmo incessante fino alle tempie, per lanciarmi fitte alla testa che erano più fastidiose solo di quei dannati faretti, ma neanche lontanamente corroboranti quanto quella faccia di merda di Heron, di fronte a me.