"Dicono che bere assenzio col tempo fa brillare la tua ombra. È un problema se devi giocare a nascondino."
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Un temporale scuote il cielo, Sonata al chiaro di luna di Bethoveen scivola tra le pareti di casa, in una giornata cristallizzata come una...
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"Dal melograno sui tuoi capelli cadono gocce rosse, tu sei la donna con gli occhi di nebbia."
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La psicologia.
La scienza che si occupa dei processi emotivi, cognitivi, comportamentali.
Una scelta di vita, una vocazione che nasce dallo stomaco e ti spinge all'ascolto di ciò che non si può sentire solo con le orecchie, che non si può guardare solo con gli occhi.
È una guida e una compagna, che ti prende per mano lungo un cammino disseminato di angosce tenute nascoste e batticuori in gola, di timori urlati in silenzio e nascosti per paura di non esser compresi, di fragilità e tremori immotivati che immotivati, poi, non sono mai.
Una voce che nutre la forza intimidita, una carezza che rassicura un'ansia e una freccia che non ti indica la strada giusta, ma la sensazione sana.
La medicina dell'anima.
Una delle prime nozioni rimaste impresse nel mio cuore, mi erano state spiegate un Lunedì di due anni prima, in una fredda mattina di Dicembre.
Mi ricordavo perfettamente di quel momento, perché posai lo sguardo oltre l'immensa vetrata che componeva l'aula moderna della Gold&Emory di New York.
Le luci di Natale si intravedono in lontananza brillare tra i rami dei giardini, intrecciate tra le ringhiere dei balconi e ai vetri delle finestre. Il cielo era di un bianco che presagiva neve, e mentre la Professoressa Allen spiegava le fasi del lutto e del dolore, io guardai quel cielo pensando a mia madre.
Dicono che è il legame più forte, quello intensamente vincolante e intrinseco, che si crea e si intreccia alla tua anima così in profondità che la sua memoria riuscirebbe a spezzare catene e sovrastare qualsiasi difficoltà.
Un legame così viscerale e profondo da sfidare gli anni, la cattiva sorte e i buchi neri della vita.
Ma la verità è che io non ricordavo davvero nulla, di mia madre.
Guardavo le foto, le accarezzavo il viso e i capelli passando i polpastrelli contro la carta lucida di quelle instantanee, cercando un ricordo o un'impronta nascosta.