"Dicono che bere assenzio col tempo fa brillare la tua ombra. È un problema se devi giocare a nascondino."
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Un vecchio patto.
Una veglia silenziosa, durata anni.
Un sogno ricorrente.
Ombre con un compito preciso.
L'impercettibile battito d'ali d...
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"Non dirmi che la luna splende, ma mostrami il riflesso della sua luce nei vetri infranti"
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Ci sono sentimenti e sensazioni davanti alle quali ti ritrovi completamente disarmata.
Il tuo corpo non reagisce, si pietrifica al centro di una stanza e riflette quell'immagine perfettamente immobile di una delle innumerevoli e silenziose sculture poste in cimiteri di sublime bellezza, ma pur sempre intrappolate e stanziate in luoghi di eterna inquietudine.
Come quel marmo levigato si contrae, tende la pelle a voler contenere tutti i pensieri del mondo, tutte quelle nubi di insidiose insicurezze che sbocciano sotto l'epidermide tesa, boccioli mitigati da tutta la neve degli inverni passati che sembra cadere e cristallizzarsi attorno a te, rinchiuderti in una gabbia di ghiaccio destinata a conservare te e tutti i tuoi timori.
Perché l'ha fatto? Lo sai perché, lo sai perché.
Perché non mi ha detto niente? Sai anche questo.
Ma io tutte queste consapevolezze non le voglio avere, voglio lasciarmi divorare dalle domande per credere poi che non esistano realmente delle risposte, per credere che tutto ciò che sento non sia reale e che questa tua assenza non mi faccia così dannatamente male.
E maledico questo dannato lenzuolo che porta il tuo profumo, questa stanza che sa di te e ogni parte della mia mente in questo momento in affanno, perché quando ci sei ti sento ovunque e quando non sei con me ti sento il doppio.
Ci sono momenti in cui dolori sottili ti penetrano nel cuore come spilli, sembrano scavare alla ricerca del tuo punto più sensibile dilaniando tutto ciò che trovano attorno, divorando i tessuti mentre tu stai lì, immobile ad aspettare un minuscolo filo d'aria che ti ricordi che sei ancora soggetta alla realtà, che il vento ti accarezza comunque e che sei reale anche al centro di un vortice di panico in cui non trovi uno spiraglio d'uscita.
Una di queste sensazioni era la voragine allo stomaco, l'artiglio affilato di una paura che avida ti afferrava i polmoni, le costole.. ti graffiava la gola e ovattava l'udito, mentre davanti agli occhi la realtà perdeva i suoi confini, perché di confini la paura non ne aveva mai avuti.