41. In another life, little brother

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"Non dimenticare che non posso vedere me stesso, il mio ruolo è quello di colui che guarda nello specchio"

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"Non dimenticare
che non posso vedere me stesso,
il mio ruolo è quello di colui
che guarda nello specchio"

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«Eris, ma insomma! Quei tasti non sono giocattoli. Li devi toccare piano.»

«Ma così suonano meglio!»

«No, Eris. È la delicatezza che fa la differenza e sprigiona il suono.»

«Sei antipatico! E severo!»

«Mi hai chiesto tu di insegnarti!»

«Si, beh..»

«La musica è impegno, è dedizione.»

«E cosa vuol dire?»

«Vuol dire che se te ne prendi cura, lei si prenderà cura di te.»

«Va bene.. delicatezza, allora..»

«Si, Eris. Delicatezza.»

Ci sono presentimenti che si inerpicano sotto la propria pelle, come edera rampicante avvolgono i tessuti e sembrano vibrare al tuo interno per dirti che c'è qualcosa, nell'aria, che incombe e di cui ignori la natura.

Con occhi da serpenti a sonagli ti guardano dall'alto, nel folto di una foresta mentale e buia si prendono beffa di te, che inconsapevole percorri il tuo cammino ignara dei pericoli che si nascondono invisibili a pochi passi dalla tua schiena.

Era quello che provavo insistentemente da quel pomeriggio a casa di Velma, da quando quella porta di legno si era chiusa di fronte a me e Noah e oltre la quale, Blake, era rimasto per quella che doveva essere stata almeno un'ora.

Quando era tornato, quella sera, i capelli neri risplendevano contro quegli zigomi scolpiti, brillanti di pioggia e nebbia.

Le gocce percorrevano lente e scivolavano lungo il suo viso, accarezzandone le linee scolpite e segnando sentieri traslucidi e opalescenti, che brillavano alle luce calda del salone.

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