"Dicono che bere assenzio col tempo fa brillare la tua ombra. È un problema se devi giocare a nascondino."
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Un temporale scuote il cielo, Sonata al chiaro di luna di Bethoveen scivola tra le pareti di casa, in una giornata cristallizzata come una...
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"Dimmi, conosci l'irremissibile? Conosci il rimorso dai dardi avvelenati cui il nostro cuore serve da bersaglio? Adorabile strega, ami tu i dannati?"
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«Ti fanno male? A me puoi dirlo, lo sai.»
«Un pò. Ma domani andrà meglio.»
«Perchè non glielo dici? Non voglio più mantenere questo segreto. Non mi piace!»
«Devi.»
«No! E neanche tu.»
«Per favore.. puoi.. puoi solo suonare?»
«Ogni volta che vuoi.»
Eris.
Il suo fottutissimo nome che, quando pronunciato, portava le labbra e i denti a creare un piccolissimo spiraglio tra loro, il cui sibilo ti si conficcava come una lama nel cervello, per non uscirne più. Un sussurro serpentino che, bastardo, addolciva la lingua solo a sentirlo, come lo zucchero che sciolto con il fuoco nell'assenzio ti fotte la testa.
Il nome della Dea della discordia, del conflitto, del caos. Lo stesso che continuava a seminare in me sfidandomi, spezzandomi le costole e il respiro con quegli occhi da medusa e quelle gambe che avrei lambito con la lingua fino a farle crollare, cedere sotto la mia insaziabile e cruda pressione.
La odiavo. Dio, se la odiavo.
Era a questo che pensavo: a spezzarla. Ed era questo, che me lo stava facendo venire incredibilmente duro in un momento decisamente inopportuno, in cui avrei dovuto avere tutti i sensi all'erta e non incastrati a confluire diretti al cazzo.
Premetti più forte il piede sull'acceleratore e sentii quel gioiellino ruggire sotto di me, prendendo velocità in tre secondi netti. Presi il pacchetto di sigarette dalla tasca e me ne portai una alle labbra, l'accesi e inspirai quel fumo come se ne dipendesse la mia stessa vita, o probabilmente la mia già instabile sanità mentale, e forse era proprio così.