«Siamo rimasti solo noi» sussurrò Andrea, raggiungendo Daniele in giardino. Gli porse una birra, che l'altro accettò di buon grado e, come qualche ora prima, gli si sedette accanto, sulla panchina. Il freddo notturno di marzo non era piacevole, ma nessuno dei due voleva interrompere quel momento.
«Come al solito» ridacchiò Daniele, ripensando a tutte le serate sfascio fatte negli anni. Da quando Andrea si era trasferito a Milano, Daniele aveva perso non solo il suo grande amore, ma anche il supporto quando tutti gli amici collassavano per il troppo alcol.
«Ce l'hai una canna?» chiese Andrea, forse per smorzare l'imbarazzo, forse perché l'alcol stava parlando per lui, forse per allungare quell'istante condiviso. Daniele lo guardò sorpreso.
«Si sono invertiti i ruoli?»
«Ah io non te la pago, eh... con tutte quelle che mi hai fregato» mise subito le mani avanti Andrea, mentre Daniele aveva già cominciato a rollarla.
«Ma che fregato, oh! Ti ricordo che avevo speso duecento euro per andare a trovare a Torino una tizia che, in realtà, abitava a due chilometri da casa mia... altro che una canna mi dovevi» ridacchiò.
«Mi sembra di averti abbondantemente risarcito» ammiccò Andrea. Daniele gli sorrise a mezza bocca, un po' ammiccando anche lui, un po' provando a nascondere l'imbarazzo. Andrea non lo perse di vista un attimo, ammirando ogni movimento. Le mani che giocavano abili con la cartina, il filtro tra le labbra e poi perfettamente posizionato, la lingua che sembrò metterci un'eternità a leccare quei pochi centimetri di colla. Lo stilista stava andando a fuoco. Eppure era all'aperto, senza uno straccio di cappotto.
«Hai freddo?» chiese Daniele mentre accendeva l'opera finita. Andrea negò ma lui, senza aspettare la risposta, si era già tolto il felpone e glielo aveva messo sulle spalle. Sentirsi di nuovo addosso il profumo di Daniele lo fece sussultare e perdere in quell'odore così familiare, che tanto gli era mancato. «E col pianoforte? Hai smesso?» aggiunse Daniele, passandogli la canna.
«Diciamo che mi diletto ancora» rise appena. «Non ho molto tempo, comunque, quindi non sono tanto più bravo di come ricordi tu» spiegò, facendolo sorridere. Notò, in quelle labbra curve, una nota di nostalgia che gli strinse un po' lo stomaco.
«Ho imparato anche io, sai... Ilo pensava fosse necessario e Vitto, ovviamente, manco c'ha provato, quindi m'è toccato a me» spiegò divertito. Andrea gli ripassò la canna che, nel frattempo, fece altri due giri prima di arrivare all'ultimo tiro. Daniele la spense e il silenzio calò, confortante e coinvolgente. Nessuno dei due era in imbarazzo, nonostante il tempo. Nessuno dei due voleva scappare.
«Vieni» sussurrò dopo un po' Andrea e, senza nemmeno pensarci, gli prese la mano, trascinandolo verso la mansarda. Erano tutti giù, buttati chi per terra chi sui divani. Daniele lo seguì senza fargli, o farsi, domande. Lo avrebbe seguito ovunque, e in quel momento ne ebbe la triste e terrificante consapevolezza.
Entrando in mansarda, Andrea indicò un vecchio pianoforte all'angolo della stanza. Non sapeva nemmeno se ancora funzionasse, ma si sedette e invitò Daniele a fare lo stesso, facendogli un po' di posto sul minuscolo sgabello. Erano spalla contro spalla, il silenzio li avvolgeva e i respiri, un po' pesanti, si intersecavano intorno a loro.
«Che vuoi suonare?» chiese Daniele, quasi timoroso. Andrea gli sorrise. C'era solo una canzone perfetta per quel momento. Una canzone che Andrea aveva suonato così tanto, negli anni, da saperla a memoria.
Daniele la riconobbe alla prima nota. Un colpo al cuore. La loro canzone, da dove tutto era cominciato.
Lo seguì, in un intreccio di mani che nessuno voleva fermare. Avevano fatto l'amore in tanti modi, negli anni. Prima a parole, quando nessuno dei due riusciva a staccarsi da una stupida chat. Non c'erano mai stati messaggi hot, eppure quelle conversazioni erano state il primo vero momento di intimità tra i due. Poi con gli sguardi, da lontano, quando Daniele si vergognava e Andrea non poteva certo dire a Marco che stava uscendo col suo peggior nemico. Anche durante quella loro prima partitella a basket, in realtà, avevano fatto l'amore. E poi ancora, quando Andrea aveva spiegato a Daniele il mondo queer, quando lo aveva aiutato a racimolare i soldi per la penale, trasportando droga in una macchina che poi gli era stata rubata.
E poi tra le lenzuola, quasi ogni giorno, per due anni e mezzo. Avevano fatto l'amore con ogni bacio, ogni carezza, ogni ti amo sussurrato. E ora, lo stavano facendo suonando un pianoforte sgangherato a casa del nonno fascista morto di Nina.
Quando, a metà canzone, gli sguardi si incrociarono, Andrea vide negli occhi azzurro ghiaccio di Daniele un desiderio che non vedeva da tempo. Che in Lorenzo non aveva mai visto. Un desiderio quasi animalesco, pieno di avida passione e di struggente malinconia. Daniele aveva gli occhi lucidi e continuava a deglutire a vuoto, privo sicuramente di salivazione.
Andrea tolse le mani dal pianoforte e ruotò completamente il busto. Lo guardò per qualche altro secondo e poi si fiondò sulle labbra carnose dell'ex.
Daniele lo accolse subito, senza alcuna esitazione. Gli prese il collo tra le mani, mentre la lingua cercava quella dell'altro con fare famelico. Si alzarono, buttando giù il piccolo sgabello che, nel tonfo, fece un rumore assordante. Risero, senza preoccuparsi di svegliare qualcuno.
Le mani di entrambi viaggiavano sul corpo dell'altro. Erano affamati di quel momento, di quel contatto, di quelle labbra che non si toccavano da tanto, troppo tempo.
Andrea lo fermò, provando a respirare.
«Non ti va?» chiese Daniele, confuso e terrorizzato. Andrea sorrise, accarezzandolo dolcemente e tornando sulle sue labbra.
«Sì che mi va. Ma piano... non abbiamo fretta» sussurrò e, nel bacio, lo trascinò verso il letto. Lo fece stendere sulla schiena e cominciò lentamente a togliersi la camicia. Daniele era eccitato, Andrea riusciva a vederlo sotto i jeans. Anche lui cominciò a spogliarsi, con più foga di Andrea che, invece, rimase ancorato a quel movimento lento, così estenuante che, mezzo nudo, Daniele passò a spogliare lui.
«Mi era mancato questo corpo» sussurrò, in un ammissione che forse, da sobrio, non avrebbe fatto. Ne ammirò ogni porzione, ogni muscolo evidente, ogni centimetro di pelle. «Dio!» esclamò, cominciando a baciargli gli addominali, mentre apriva i pantaloni, facendoli cadere a terra, insieme all'intimo.
Andrea si lasciò andare, buttando indietro la testa e beandosi di quel contatto. Si consegnò nelle mani esperte di Daniele, che ancora sapevano come toccarlo. Dieci anni dopo, Daniele Tramet sapeva esattamente cosa fare per farlo godere.
«Aspetta» lo fermò di nuovo Andrea. Daniele apparve esasperato, tanto da farlo sorridere un po'. «Non voglio venire subito» spiegò, raggiungendo il letto e stringendo a sé il ragazzo. Riprese a baciarlo, ritrovando nella bocca di Daniele anche un po' del suo sapore. Passò poi al collo, al petto, alla pancia, fino giù, mentre Daniele lo lasciava fare, beato e in estasi.
Quell'eccitazione, gonfiò l'ego di Andrea in modo smisurato. Dopo dieci anni, non pensava di fargli ancora quell'effetto. L'effetto della prima volta, l'effetto di sempre. Era terrorizzato all'idea di rivedere Daniele. Pensava l'avrebbe trovato arrabbiato, rancoroso, risentito. Ma Daniele non era mai stato un portatore di rancore. Rabbioso sì, di tanto in tanto, ma la sua rabbia era sempre finita in un lampo. Anche il giorno che Andrea lo aveva fermato sotto casa per picchiarlo, era stato Daniele il primo a calmarsi.
E quella sera, quando si erano guardati per la prima volta, negli occhi di Daniele non c'era rabbia. Malinconia, sì; rammarico, tantissimo; nostalgia, a secchiate; dispiacere, forse. E amore, si compiaceva Andrea, forse illudendosi. Un amore magari finito, nel senso più stretto del termine; ma l'affetto che li aveva uniti non era scomparso, Andrea ne era certo.
«Non ce la faccio più» sussurrò Daniele. E Andrea si preparò per lui, nel modo in cui a entrambi piaceva. Gli portò le gambe intorno al bacino e lo lasciò entrare.
Dopo dieci anni, stavano di nuovo facendo l'amore, e non era cambiato nulla. Continuavano ad essere l'uno la metà perfetta dell'altro. Continuavano a completarsi, come un puzzle. Due pezzi perfetti dello stesso puzzle.
Andrea guardò Daniele negli occhi, mentre sentiva l'orgasmo esplodere. Intercettò qualche lacrima che, prontamente, raccolse con le labbra, dando poi vita a un bacio totalmente nuovo, un bacio che non si erano mai dati prima. Un bacio bagnato perché entrambi, Andrea se ne accorse solo dopo, stavano piangendo.
Raggiunsero l'orgasmo insieme e si accasciarono stretti sul letto, ancora nudi, con la voglia di restare così per sempre, travolti da un sentimento che non sapevano definire, e da copiose lacrime di pura soddisfazione.
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Pezzi imperfetti // Prisma
FanficSono passati più di dieci anni dalla notte nella roulotte. Le vite di tutti sono andate avanti. Alcune hanno preso strade diametralmente opposte. C'è chi ha lottato insieme, vincendo. Chi quella stessa lotta l'ha persa. Chi è scappato e chi è rimast...