Daniele aveva sentito parlare spesso di blocco dello scrittore. Aveva conosciuto artisti che, come gli avevano raccontato, non erano riusciti a scrivere per mesi. Alcuni addirittura per anni. Davanti a quei racconti, si era sempre sentito in difetto. Perché a lui non era mai capitato. Perché i testi delle canzoni gli erano sempre venuti fuori quasi in automatico. Come se l'esigenza di mettere quelle parole nero su bianco lo guidasse.
Daniele aveva sempre scritto tanto. Tantissimo. Soprattutto da quando nella sua vita era comparso Andrea.
Prima dell'arrivo di Andrea, le sue canzoni erano più che altro testi rabbiosi contro una vita che non voleva e che lo schiacciava. Un adolescente furioso a cui non era mai stato regalato nulla. Prima di Andrea, cantava di un ragazzino di periferia, un po' ignorante e con sogni troppo grandi che forse da quella periferia non sarebbero mai usciti.
Il problema, e lo capì anni dopo, erano proprio quei sogni. Cantava di ricchezza, di belle donne e belle macchine, di una rivalsa da ottenere con arroganza. Ma Daniele non era mai stato quello, e col Klan lo avevano capito in tempo. Ilo aveva lasciato il gruppo, per rimanere dietro le quinte, e Daniele e Vittorio avevano realizzato di non voler essere i soliti trapper cattivi e maleducati che tanto piacevano ai ragazzini. Erano diversi, loro.
Andrea era stato fondamentale, in quel cambiamento. Daniele aveva cominciato a scrivere di lui, nelle canzoni, e le sue poesie arrabbiate si erano trasformate in dolci canti d'amore prima, e di dolore lancinante dopo. Erano più di dieci anni che Daniele scriveva di Andrea e per Andrea.
Nemmeno l'abbandono di Andrea e il suo lungo silenzio avevano frenato il processo creativo.
Eppure da qualche settimana, tutto ciò che gli era sempre sembrato automatico e spontaneo, stava diventando impossibile. Non riusciva a scrivere. Apriva il quaderno e lo riempiva solo di parole sconclusionate e scarabocchi.
Tirò giù dall'angolo più alto del suo armadio, una scatola ben chiusa. La posò sul letto e, prima di aprirla, respirò profondamente. C'erano tutti i suoi ricordi, scritti accuratamente su taccuini tutti uguali che aveva cominciato a riempire da quando si era messo con Andrea.
Prima di Andrea, quasi scimmiottava chi scriveva diari. Con l'arrivo di Andrea, raccontare minuziosamente le sue giornate e i suoi sentimenti era diventato quasi necessario. E non aveva mai smesso. Aveva scritto decine di diari negli anni, e ancora adesso lo faceva, per far quadrare le emozioni.
Aprendo la scatola, qualche lacrima sfuggì. C'era la sua vita, lì dentro, e sperava di trovarci un po' di ispirazione. Cominciò a sfogliarli, mentre immagini nitide si facevano spazio nella sua mente, riportandolo a quei momenti, a quelle sensazioni e ad ogni sentimento provato.
Non era solito rileggerli. Quegli scritti erano un flusso di coscienza, un modo per elaborare i fatti sul momento, non per rimuginarci. Aprirli lo turbò. E forse era proprio quel turbamento ad essere essenziale nel processo creativo.
Sul fondo della scatola vide qualcosa che non si aspettava. Era un quaderno a quadretti, un po' logoro e pieno di nozioni. Il suo primo quaderno, quando era tornato a scuola per prendere il diploma. Il quaderno su cui studiava con Andrea che, di tanto in tanto, gli scriveva ti amo sugli angoli superiori delle pagine piene di matematica e letteratura. Ce ne erano altri, da qualche parte, ma quello era il primo.
«Ti ho fatto saltare scuola anche oggi» borbottò Daniele, accoccolandosi meglio sul petto nudo di Andrea che, subito, lo accolse.
«Non ho compiti o interrogazioni, posso saltare due giorni» disse sicuro Risorio. Daniele sbuffò appena, sentendosi in colpa. Stava portando Andrea sulla cattiva strada? Gli stava rovinando la vita? «Ehi, che hai?»
«Non voglio che diventi un fallito per stare con me... non voglio incasinarti la vita» ammise.
«Incasinarmi la vita? Per due giorni di scuola saltati?» ridacchiò.
«Da quando mi conosci hai rischiato la galera, tuo fratello è quasi morto, ti ho costretto a spacciare, a...»
«Ehi, Dani» lo fermò dolcemente. «Già spacciavo, non mi hai costretto a fare nulla. E non sei un fallito»
«Sì, invece... un ignorante senza né arte né parte. Non ho una casa, ho un lavoro di merda, non ho un diploma»
Andrea lo costrinse a spostarsi leggermente per alzarsi un po' con la schiena. Le mani sempre intrecciate, come se perdere quel contatto avrebbe ucciso entrambi. Si voltò, perdendosi negli occhi di Daniele, profondi come il più profondo degli oceani. Amava così tanto quegli occhi.
«La tua vita è stata una merda. Non hai potuto studiare, non sei un fallito per questo. Hai deciso di fare un lavoro dignitoso, e questo la dice lunga su di te. Quanta gente si perde dietro pessime compagnie?»
«Io sono una pessima compagnia»
«Tu?» ridacchiò Andrea, prima di farsi serio e continuare. «Prima di conoscere te, spacciavo per fuggire da Latina. Ora ho smesso di spacciare e non voglio più scappare da nulla. Mi stai facendo accettare me stesso. Ti sembra poco?»
A Daniele sfuggì una lacrima, che era un insieme di emozioni che nemmeno sapeva spiegare. Era felice di avere Andrea nella sua vita. Lo amava così tanto, che nemmeno pensava si potesse essere tanto appagati. Ma era terrorizzato, perché Andrea era tanto. Era bello, intelligente, sagace, spigliato, sarcastico. Andrea presto sarebbe diventato una farfalla. Cosa poteva dargli lui, che era meno di uno scarafaggio? Lo avrebbe intrappolato in una vita misera?
«Ho paura di limitarti»
«Limitarmi? E come potresti?»
«Con l'amore... tu hai milioni di possibilità. Che posso darti io?»
«L'amore» disse sicuro, lasciandogli un lungo bacio sulle labbra. Poi si alzò, ancora nudo dalla notte appena trascorsa, e aprì il suo zaino, cercando qualcosa che trovò in fretta. Era un quaderno.
«Tieni» sussurrò Andrea, porgendoglielo. Daniele lo guardò confuso. «Io non penso tu sia un fallito, e non penso che un diploma definisca una persona. Ma non è la prima volta che ne parli, e credo tu voglia concludere gli studi. Quindi ecco un quaderno nuovo, non c'è scritto ancora niente sopra»
«Che dovrei farci?»
«Iscriverti alle serali e usarlo per gli appunti» disse ovvio Andrea. «Ti aiuterò io a studiare» aggiunse.
«Lo faresti?»
«Aiutarti a studiare per vederti felice? Certo. Farei tutto con te» disse sicuro.
Daniele si aprì in un sorriso splendente. Era impaurito, un po', ma la sicurezza che riusciva a trasmettergli Andrea lo calmava. Forse non ce l'avrebbe fatta. Magari avrebbe mollato dopo i primi mesi, ma sapere di avere Andrea dalla sua parte, sapere che Andrea credeva in lui, lo rendeva euforico e sicuro di sé.
Sorrise rivedendo quel quaderno. Era stato il primo di tanti. Andrea aveva mantenuto quella promessa e lo aveva aiutato a studiare. Avevano passato notti in bianco per studiare matematica, economia, letteratura, inglese. Daniele si era diplomato in ragioneria, con l'aiuto e il supporto del suo grande amore.
Il giorno del diploma aveva festeggiato prima con gli amici, tutti fieri di lui, e poi solo con Andrea, per tutta la notte, a fare l'amore e a dirsi ti amo.
Il cantante richiuse tutti i diari nella scatola e tenne il quaderno con sé. Voleva portarlo in studio, voleva farlo rivedere ad Andrea. Pensava che quello potesse essere un modo per riavvicinarsi, dopo gli ultimi giorni di gelo. Un piccolo ramoscello d'ulivo verso quella promessa di amicizia tanto agognata ma che non riuscivano a mantenere.
Forse amici non lo sarebbero mai stati, ma dovevano convivere pacificamente, per il loro bene e per quello degli altri.
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Pezzi imperfetti // Prisma
FanficSono passati più di dieci anni dalla notte nella roulotte. Le vite di tutti sono andate avanti. Alcune hanno preso strade diametralmente opposte. C'è chi ha lottato insieme, vincendo. Chi quella stessa lotta l'ha persa. Chi è scappato e chi è rimast...