Capitolo 22

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Casa del nonno di Nina era tornata ad essere ciò che era stata anche per la sua adolescenza, un luogo sicuro in cui rifugiarsi, un ritrovo per stare tutti insieme. Ci aveva passato anni, prima di lasciare Latina. E loro, anche senza Andrea, avevano continuato a vedersi lì, di tanto in tanto, come aveva saputo da Marco. Da quando lo stilista era tornato a Roma, quella era già la seconda festa che la ragazza organizzava nel giro di una settimana scarsa. Questa volta, però, senza intrusi, senza inviti esterni, senza Jun, Zelia e qualche altro conoscente. Erano soltanto loro e Veronica. E Pietro. Il fottuto Pietro, pensò Andrea squadrandolo.

Daniele si era presentato con lui, senza dirlo a nessuno. Anche Nina era apparsa sorpresa, vedendo Pietro che, tuttavia, aveva salutato calorosamente e col quale si era appartata un po', sghignazzando a bassa voce.

«Non pensavo si potessero portare sconosciuti» biascicò Andrea nell'orecchio di Nina, senza perdere d'occhio Daniele e quello che lui definiva amico. Ma un amico non lo porti a una serata tra amici di una vita, no?

«Chi sarebbero gli sconosciuti?» ridacchiò Nina.

«L'amico di Daniele» rispose Andrea, secco e schifato. «Non ti dà fastidio che porti gente che manco conosci a casa tua senza dirtelo?»

A quel punto Nina partì con una risata sonora e sguaiata, che quasi la fece lacrimare. Andrea la guardò torvo e aspettò che si ricomponesse prima di chiedere spiegazioni.

«Ma quale sconosciuto? Pietro è un mio amico da anni, te ne avevo anche parlato. Ci siamo conosciuti in università» e ad Andrea si aprì un mondo. Ricordò vagamente i racconti della ragazza su questo fantomatico nuovo amico. Racconti a cui non aveva mai dato troppa corda, perché non gli piaceva sentire la sua migliore amica elogiare un tipo che stava prendendo il suo posto. Nina era la sua amica, la sua confidente, che voleva questo Pietro? E ora, dopo Nina, voleva portargli via anche Daniele?

«Ah... li hai presentati tu?»

«Sì, anni fa in realtà»

Andrea alzò le spalle e la lasciò lì, da sola, senza aggiungere altro. Sarebbe stato antipatico, e non voleva rischiare di rovinare la serata a tutti. Raggiunse la panchina in giardino e prese una sigaretta dal taschino, accendendola e giocandoci un po' con le labbra.

L'aria era fredda ma piacevole. Dentro cominciava a soffocare, vista la puzza di vecchio di una casa spesso chiusa e l'odore di fumo sparso nel salotto.

Voleva ancora scusarsi con Daniele ma, per l'ennesima volta, non gli sembrò il momento più adatto. Daniele e Pietro potevano davvero essere solo amici, eppure tra loro c'era una complicità che ad Andrea dava fastidio. Si portavano da bere a vicenda, Pietro aveva più volte sistemato il colletto aperto della camicia di Daniele, lui gli aveva spesso scompigliato i capelli con gesti meccanici e spontanei. Non erano amici, c'era attrazione ed era evidente. Così evidente che gli faceva male.

«Deja-vù»

La voce di Daniele lo colpì. Non pensava sarebbe uscito, non quella sera, non dopo l'ultima volta. Non era nemmeno brillo, non aveva ancora fumato. Era lucido.

«Vorresti?» lo provocò Andrea, mordendosi un po' il labbro. Si tirò subito indietro, comunque, provando a scusarsi con lo sguardo per quella battuta infelice. Daniele sarebbe crollato anche quella volta, e non poteva farglielo ancora.

«Che fai?» chiese, ignorando la domanda. Si sedette accanto a lui e cominciò a girare una canna.

«Sempre fornito, eh» scherzò Andrea. Anche Daniele ridacchiò.

«Ho deciso che appena facciamo uscire il disco, smetto»

«Serio?»

«Serissimo! A trent'anni basta con le canne, o divento davvero stupido»

«Non credo ci sia pericolo» ammise Andrea. Daniele lo guardò di sbieco, con la sola coda dell'occhio.

«Perché lo sono già, dici?» rise appena.

«Perché non lo sei mai stato» concluse l'altro, con una serietà che fece voltare del tutto il cantante che, seppur non volendolo ammettere, voleva sentire altro da Andrea. «Ti ricordi quando studiavamo insieme? Io ti spiegavo cose che in realtà già sapevi, che capivi con una letta. Hai sempre avuto una mente geniale, aperta... anche quando hai saputo di me, non hai avuto paura, non ti sei tirato indietro, non mi hai mai allontanato»

«Eppure sei scappato per una mia esitazione» disse confuso.

«Non potevo permettermi di tornare nell'ombra, a viverci solo in una stanza...»

«Sarebbe stato un momento... eravamo già usciti da quella stanza, in fretta»

Andrea abbassò il capo colpevole, ma non si scusò. Quelle due semplici parole non riuscirono a uscire dalla sua bocca tremolante, nonostante quella mezza ammissione fosse comunque un preludio di scuse.

«E nel frattempo sei diventato il migliore amico di mio fratello» cambiò discorso.

«Sei geloso?»

«Un po'...»

«Perché?»

«Perché mi sento messo da parte» ammise. Daniele sbuffò un sorrisetto amaro che non aveva nulla di divertito. Si alzò in piedi, piazzandosi davanti all'altro che faticava a reggere quello sguardo attento e penetrante.

«Ti ci sei messo da solo»

«Lo dice anche Carola... e sì, è vero, mi ci sono messo da solo, ma mi dà comunque fastidio. Perché ora mio fratello mi dà colpe che non ho, sta dalla tua parte in modo palese, è snervante»

«Non sta dalla parte di nessuno...»

«Questo forse lo dice a te quando ne parlate»

«Non ne parliamo, in realtà. Non parliamo di te, tranne rare eccezioni, perché non voglio metterlo nella posizione di schierarsi. Dovresti provarci»

«È lui a parlarmi di te»

Daniele alzò le spalle. «Non so che dirti. Ognuno ha le proprie percezioni. Marco evidentemente pensa che tu abbia più colpe di me, e non solo nella nostra storia»

«Che vuoi dire?»

«Niente, lascia stare» borbottò, avviandosi verso la porta d'ingresso. Andrea si alzò di scatto, fermandolo per un braccio.

«Che vuoi dire?» ripeté, occhi negli occhi, senza mollare la presa. Daniele fissò quella mano, quasi beandosi dell'ennesimo contatto in pochi giorni. Lo assorbì tutto, come un tossico in astinenza davanti a una dose. Poi sospirò, si mosse appena e gli fece allentare la presa.

«Che hai preso delle decisioni. Decisioni che, inevitabilmente, hanno pesato su tutti i tuoi rapporti. Non puoi tornare dopo dieci anni e pretendere di ritrovare tutto esattamente com'era. Ma pensi che non ti abbia visto? Mentre Nina ti raccontava che Pietro era un suo amico, avevi la tipica faccia del bambino a cui tolgono il gioco. Anche le nostre vite sono andate avanti, Andre'. Alcune più di altre... non puoi pretendere nulla, perché in dieci anni non hai fatto nulla per mantenere questi rapporti. E se ci siamo ancora, nonostante tutto, è perché ti amiamo»

«Mi amate?»

«Ti vogliamo bene, mettila come te pare»

«Anche tu?»

«Forse troppo» e, spegnendo la canna nell'enorme posacenere all'ingresso, rientrò in casa e lo lasciò solo. 

Pezzi imperfetti // PrismaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora