Capitolo 12

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Erano passate ventiquattro ore appena dal litigio tra Andrea e Daniele nel giardino di casa di Nina. Ventiquattro ore di estenuante silenzio, che entrambi avevano adottato tra loro e con gli amici. Una domenica a riprendersi dalla sbronza e dai drammi, una notte insonne e un lunedì mattina trascorso in sordina, mentre Veronica finiva di preparare al meglio lo stanzone fornito dai musicisti, sotto lo sguardo attento e critico dello stilista.

Daniele li aveva visti arrivare, la mattina presto, e sistemarsi in quella porzione di casale che gli aveva offerto senza troppe storie. E senza nemmeno troppa voce in capitolo. Non era stata sua, quella decisione, ma non si era comunque opposto. Non avrebbe potuto.

Quella giornata di marzo era fredda e buia, esattamente come l'umore tetro del cantante, dopo due giorni euforici e travolgenti. Daniele stava smaltendo tutte le emozioni delle ultime quarantotto ore: la paura, il disagio, la nostalgia, la rabbia, la gioia, l'amore, la spensieratezza, la delusione, lo sconforto. Una persona può sopportare tutto ciò, tutto insieme? Daniele faticava a riprendersi eppure, nascosto dietro il vetro disegnato dalla pioggia battente, non riusciva a distogliere lo sguardo da Andrea, che poteva scorgere da lontano. Non riusciva, di nuovo, a staccarsi da lui.

Andrea era bello e maestoso, fasciato in un paio di jeans a campana, alti in vita e con qualche sbavatura qua e là, e un maglioncino color glicine che, Daniele ne era certo, solo lo stilista poteva indossare. Era un abbigliamento casual che su Risorio sembrava da red carpet.

«Passerai così i prossimi due mesi? A guardarlo da lontano senza manco dirgli ciao?» quasi lo ammonì Vittorio, buttandosi sul divano in ecopelle al centro della stanza. Daniele lo guardò di sbieco e sbuffò, accendendosi l'ennesima sigaretta della mattina e prendendo il posacenere di vetro per poggiarlo sul davanzale, a pochi centimetri da lui. Non aveva la minima intenzione di abbandonare la sua postazione da vedetta, e quel gesto fu l'unica esauriente risposta che Vittorio ricevette. «Non risolverai niente, così» continuò l'amico.

Daniele alzò le spalle. «Non devo risolvere nulla, è stato piuttosto chiaro», si limitò a dire. «Che dovrei fare? Ha detto quello che voleva dire, a me non resta che rimanere qui ad ammirarlo e a piangere» ammise. Vittorio lo guardò sconfortato, incerto su come rispondere.

«Non è finita» aggiunse, provando a spronarlo. Daniele lo fissò amareggiato.

«Sì, Vitto. È finita da anni e forse mi servivano quelle parole per capirlo»

«Non sarebbe venuto a letto con te, se fosse finita» continuò Vittorio. Daniele sorrise amaro.

«Non hai visto i suoi occhi, ieri mattina. Le sue parole mi hanno devastato, ma quegli occhi... non ci avevo mai visto tanta cattiveria, tanto risentimento... forse non è più l'Andrea di cui ero innamorato... siamo cambiati entrambi»

«Eppure lo ami ancora» si intromise Ilo, che aveva ascoltato silenzioso l'intera conversazione. La sua non era una domanda. Tutti sapevano quanto Daniele amasse ancora Andrea, compreso Daniele. Aveva senso negarlo?

«Lui è andato avanti» sussurrò, con voce strozzata e tremolante, mentre gli occhi stanchi contornati da occhiaie evidenti cominciavano a lucidarsi. Gli sembrava di vivere a contatto costante con le lacrime, non ne poteva più eppure non riusciva a farne a meno. Erano diventate un suo tratto distintivo, ormai. Una presenza fissa e ingombrante che non riusciva a mandare via.

«Così non risolvi niente» continuò imperterrito Vittorio, fermo sulla sua posizione. Era convinto dell'amore tra i due, era convinto che tutto potesse andare per il meglio. Ilo sembrava dello stesso parere.

Daniele stava per ripetere, ancora, che non ci fosse nulla da risolvere quando Andrea e Veronica fecero irruzione in studio. Perso nella discussione con Ilo e Vitto, Tramet aveva perso il momento in cui i due stilisti avevano lasciato lo stanzone.

La prima a entrare fu Veronica, un po' impacciata ma comunque sicura di sé, come Daniele l'aveva vista dal primo momento. In mano stringeva un metro da sarto e Daniele ricordò l'appuntamento che avevano dimenticato. Mezz'ora prima avrebbero dovuto raggiungere gli stilisti per le misure per gli outfit che Andrea avrebbe cucito solo per loro per l'evento. Come aveva fatto a scordarlo?

«Vedo che, nonostante gli anni, ancora non riuscite a rispettare un orario» si lamentò Risorio e Vittorio e Ilo si portarono contemporaneamente una mano sulla fronte con fare drammatico. Andrea, però, guardava solo Daniele che, fingendo strafottenza, riuscì a non abbassare lo sguardo nemmeno di un millimetro. «Che c'era di tanto urgente?»

La tensione si tagliava col coltello. I due ex continuavano a mandarsi sguardi di fuoco, gli altri tre erano impegnati in un pingpong silenzioso tra l'uno e l'altro, incerti su cosa dire o fare. Il risentimento ingiustificato e quasi aggressivo di Andrea, indispettì Daniele che si accomodò meglio sul divano, incrociò le gambe e alzò un po' il mento, continuando a fumare come se niente fosse. «Allora? Queste misure?» continuò Andrea, che sembrava volesse scappare il più in fretta possibile da quel momento.

«Sei tu il sarto». Daniele si pentì subito di quella risposta che, ne era certo, Andrea avrebbe preso come detta per sminuire il suo lavoro, eppure non si corresse. Al contrario, rimase a fissarlo, con una nuova arroganza che non gli era mai appartenuta.

Andrea deglutì e, per la prima volta, fu lui ad abbassare lo sguardo davanti all'ex ragazzo. Non era mai successo prima, nemmeno quando, in quel pullman verso Ninfa, gli aveva svelato la verità.

Un miagolio stanco e annoiato attirò l'attenzione di tutti. Tocco si fece spazio tra le tante gambe e raggiunse Daniele, raggomitolandosi sul suo grembo. Veronica sorrise, vedendo quel gatto malandato, e provò ad avvicinarsi per accarezzarlo. Tocco la lasciò fare, troppo pigro per tirarsi indietro davanti a una mano sconosciuta.

«Lui è Tocco» intervenne Vittorio, accovacciandosi accanto alla ragazza. La fissò e Daniele scorse un lampo nello sguardo dell'amico. Come se Vittorio, finalmente, stesse vedendo la ragazza che, due sere prima aveva involontariamente ignorato.

«Tocco?» chiese lei, confusa. Ilo, Daniele e Andrea risero insieme, dimenticando per un momento gli istanti precedenti.

«Tocco de fumo» spiegò Vittorio ovvio, come se chiunque dovesse arrivare a quella conclusione. Veronica ridacchiò, mostrando una dentatura perfetta mentre il piercing al lato del labbro inferiore seguì il movimento naturale della bocca. Bocca che Vittorio si perse a guardare.

Muovendosi appena, Daniele pose il gatto tra le braccia della ragazza e la lasciò con Vittorio, andando verso Andrea. Allargò le braccia e lo invitò a fare ciò per cui era venuto.

«Dai, prendiamo queste benedette misure» borbottò. Andrea annuì deglutendo e chiese a Daniele di salire su un piccolo banchetto in legno per lavorare con più comodità. Daniele lo assecondò e lo lasciò fare. Si abbandonò al tocco dello stilista che, abilmente, fece scivolare il metro intorno al suo corpo, appuntando qualche numero.

A Daniele parve che Andrea indugiò più del dovuto sui suoi fianchi, alzando appena e immotivatamente la maglietta e sfiorandogli la pelle nuda. Mandò via dalla testa quel pensiero, perché non voleva illudersi ancora, eppure Andrea continuò a perdersi su di lui e su quel corpo che conosceva alla perfezione, mentre gli lanciava, di tanto in tanto, sguardi fugaci e pieni di... cosa? Risentimento? Passione? Nostalgia? Senso di colpa?

Daniele non lo sapeva, e smise di domandarselo. Non poteva continuare a vivere nella vana speranza di risolvere qualcosa che l'altro aveva ormai superato. E non poteva nemmeno continuare a vivere nella vana speranza che tutto sarebbe tornato come prima. Il prima era passato. Un passato bellissimo e pieno di lacrime. Un passato doloroso che forse era arrivato il momento di superare. Un passato che Daniele pensava di essersi lasciato alle spalle, ormai, e che invece era tornato prepotentemente, senza chiedere permesso, dopo anni di sofferti silenzi.

Un passato che Daniele aveva accolto subito, a braccia aperte, e che gli si era rivoltato contro come uno tsunami incapace di lasciare superstiti. Quando avevano fatto l'amore, Daniele si era sentito vivo, in pace con se stesso; la mattina dopo, era sprofondato in un dolore che pensava non avrebbe più provato. Andrea aveva ancora troppo potere su di lui, e questa consapevolezza lo terrorizzava. Erano passati dieci anni, era andato avanti a fatica. Sapeva che, questa volta, dietro quell'amore poteva sul serio morirci. 

Pezzi imperfetti // PrismaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora