44 a.C.
Era sola. Era sempre sola.
La differenza con i precedenti parti non avrebbe potuto essere più abissale. Quando era nato Rabirio tutti l'avevano lodata, Romilio l'aveva riempita di doni, la suocera aveva sorriso tra le lacrime, la cognata si era subito impadronita del bimbo per coccolarlo e il Vecchio le aveva detto che era stata bravissima. Quando era nata Romilia, il suo grazioso visino aveva conquistato i cuori di tutti, malgrado fosse una femmina. Romilio l'aveva baciata sulle labbra davanti ai genitori, la suocera le aveva carezzato il capo mentre osservava la nipotina tra le braccia di Valeria, che la cullava e chiocciava versi inaudibili.
Ma questa volta nessuno l'aveva lodata, nessuno le aveva regalato monili d'oro, nessuno aveva preso tra le braccia il frutto delle sue fatiche. Quando era nato era calato il silenzio nella stanza. La levatrice le aveva lanciato un'occhiata, prima di prendere il bambino così com'era, sporco e nudo, e di portarlo fuori dalla stanza, mentre Claudia urlava: «Che cos'è? È sano?»
Le schiave tenevano le teste basse e le mani giunte, nessuna osava risponderle. Cercavano di assisterla, di pulirla e asciugarla, ma Claudia scacciava le loro mani e pretendeva di vedere il figlio.
Non l'aveva mai visto.
Nessuno era venuto a visitarla, a vedere come stava.
Nessun dono, nessuna carezza, nessuna lode.
Qualche giorno dopo, mentre Claudia lottava contro la spossatezza e il dolore, era arrivata Valeria, le aveva preso una mano e le aveva sussurrato all'orecchio: «Nessuno vuole dirti la verità. Romilio voleva dirti che era morto, che non era vissuto più di un'ora. Ma non è così. Lo ha dato a una schiava e lei l'ha portato via. Non credo tornerà più. Mi dispiace così tanto, Claudia.»
Claudia non capiva, continuava a chiedere chiarimenti. Quando finalmente uscì dal suo cubiculum, soffocante e odoroso di essenze, notò che tutti distoglievano lo sguardo da lei, schiavi e padroni. Si imbatté nella suocera, che deviò gli occhi, si alzò dalla vasca dell'impluvium sulla quale stava riposando e scappò via. Si imbatté in Romilio che usciva dal tablinum e, quando anche lui cercò di evitarla, lo afferrò per il braccio.
«Cos'hai fatto? Dov'è nostro figlio?»
Ma lui non le rispose, non la guardò nemmeno. Scappò come sua madre.
Claudia rimase impietrita a lungo e poi si rivolse all'unica persona che, sapeva, non avrebbe avuto alcun riguardo nei suoi confronti e le avrebbe detto la verità.
Cercò il Vecchio per tutta la domus, trovandolo poi alle terme che si faceva togliere la sabbia dalla schiena con uno strigile da uno schiavo. Si accasciò al suo fianco, una mano sulla pancia svuotata e flaccida, e si limitò a fissarlo.
Il Vecchio lasciò trascorrere alcuni istanti in silenzio, poi lo schiavo finì il suo lavoro, lo rivestì di una tunica e fu congedato. Solo allora il suocero le disse: «Era deforme. La testa troppo grande per il resto del corpo, gli arti rattrappiti. Non sarebbe sopravvissuto comunque.»
Claudia si sentì seccare la gola, mentre le lacrime la ingrossavano. «Cosa ne avete fatto?»
«L'ho affidato a una schiava perché lo gettasse nel Tevere.»
Così semplice. Un vecchio insensibile, una schiava leale e un fagotto di poche ore dato in pasto ai pesci.
Claudia rimase zitta così a lungo che il Vecchio pensò avesse finito con le domande. Così si alzò e fece per uscire dalle terme, ma la donna sussurrò: «Era mio figlio.»
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Gentes
Historical Fiction16 gennaio 27 a.C. Nello stesso giorno in cui Ottaviano viene acclamato dal senato imperatore di Roma e assume il titolo di Augusto, due giovani convolano a nozze. Lei è Vistilia, primogenita della gens Vitellia, arricchitasi grazie alle guerre civ...