2. SETTIMIA

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47 a.C.

Lei non era bella, affatto. Aveva un viso comune e un corpo magro e minuto, le spalle curve come se portasse il peso del mondo su di sé, come il titano Atlante. Sembrava una ragazzina. Ma in fondo lo era. Aveva solo diciassette anni.

Poteva essere anche quello, il motivo? Tre anni, alla sua età, potevano fare molta differenza. Settimia era troppo vecchia per lui?

No, sapeva benissimo qual era il motivo. Eccolo, il motivo.

Fissò il vecchio, il più alto del gruppo: svettava sulla folla di parenti e amici che avevano scortato la felice coppia alla domus dello sposo. Era un uomo rigido e austero, grigio in tutto, severo e composto, dal portamento militare che denunciava i suoi successi passati e presenti. Il suo nome era rispettato ovunque, in Italia e all'estero. Certamente doveva essere rispettato ancor più in seno alla sua stessa famiglia. Ecco perché la sposa non era lei, ma quella ragazzina dai capelli color topo e l'espressione spaventata.

Settimia osservò il corteo entrare nella domus, la sposa in testa, lo sposo a seguire. Osservò il suo volto festante e rosso di vino e lo odiò come mai prima. Poi fissò il vecchio e odiò lui ancora di più.

Certamente Romilio si era rimangiato la promessa a causa del padre. Si erano divertiti, mentre il vecchio era impegnato in una delle sue missioni a salvaguardia dell'impero. Poi era tornato, e Romilio era cambiato. Aveva iniziato a ignorarla, a evitarla, a farla attendere invano nel luogo dei loro appuntamenti.

Poi, un giorno, al posto di Romilio si era presentato suo padre. Aveva parlato solo lui, lei non era riuscita a replicare. Quando se ne era andato, il mondo di Settimia era andato in frantumi.

Era stato quasi gentile. Avrebbe potuto infierire, avrebbe potuto ridicolizzarla, prenderla in giro, schiaffeggiarla. Avrebbe potuto riderle in faccia, dirle: "Ma davvero credevi che ti avrebbe sposata? Il primogenito della gens più potente d'Italia coniugato con una plebea?".

Ma non lo aveva fatto. Aveva parlato con fermezza e senza lasciarle la possibilità di ribattere, se anche lei avesse avuto abbastanza voce per farlo. Poi se ne era andato e lei era rimasta lì, di sasso, per ore, il cervello paralizzato, il cuore svuotato di ogni emozione. Poi, pian piano, un sentimento era tornato.

Rabbia.

La stessa rabbia che l'aveva sostenuta per mesi, mentre si appostava nelle vicinanze della domus di Romilio e lo aspettava, aspettava di trovarlo solo, senza difese, senza il vecchio.

Non era più riuscita a parlargli. La loro relazione era stata terminata da un uomo che lei nemmeno conosceva, mentre il ragazzo sul quale aveva riposto tutte le sue speranze era troppo codardo per affrontarla faccia a faccia.

Settimia si era chiesta spesso se il vecchio gli avesse espressamente vietato di avere altri contatti con lei o se fosse stato Romilio a decidere di non averla più davanti agli occhi. Temeva di cedere e tornare sui propri passi? Temeva di commettere una sciocchezza? Settimia sapeva che le sarebbero bastati pochi istanti per convincerlo a fare pazzie per lei. Era già accaduto. Romilio le aveva promesso il mondo. E poi era arrivato il vecchio e le promesse erano volate via come piume nel vento.

Settimia continuò a osservare la folla festante, ormai ridotta a pochi elementi, che entrava nella domus. L'ultimo della fila era proprio il vecchio.

Settimia strinse il pugno e uscì allo scoperto, raggiungendolo a lunghi passi. Lui la vide e si fermò. Settimia allungò le falcate e sollevò il braccio che stringeva il coltello. Il vecchio non fece nulla per evitarla. Si limitò ad attenderla, tranquillo.

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