5. VITELLIO

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30 a

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30 a.C.

Era l'anno in cui l'Egitto fu dichiarato provincia romana. L'anno in cui morirono Antonio e Cleopatra, l'uno per ferro, l'altra per veleno. L'anno in cui terminò la guerra civile.

Roma aveva sanguinato abbastanza. Silla e Mario. Cesare e Pompeo. Ottaviano e Antonio. Il tributo di anime agli dèi era stato pagato. Ora bisognava ricostruire sulle ceneri.

Quell'anno difficile volgeva ormai al termine. I cinque uomini nel calidarium delle terme all'interno della domus di Ottaviano parlavano proprio di quello. Il conquistatore dell'Egitto aveva riunito tutti i consoli che lo avevano assistito quell'anno: Marco Licinio Crasso, Marco Tullio Cicerone, Gneo Romilio Rabirio e Aulo Vitellio Vistilio. Due consoli e tre consuli suffecti per mantenere saldo il timone di una nave sballottata dalle onde di un mare in tempesta.

Uno schiavo portò loro un vassoio di olive snocciolate, che posò sul bordo della piscina fumante. Crasso e Cicerone allungarono subito le mani per approfittarne, elogiando contemporaneamente il gusto intenso del Falerno che Ottaviano aveva messo loro a disposizione. Romilio e Vitellio si contennero, scrutandosi di nascosto per scoprire chi dei due tradisse più bramosia. Non volevano mostrare alcun difetto di cui poi Ottaviano potesse risentirsi. Qualsiasi offerta provenisse dal primo uomo di Roma per loro era una prova, un potenziale inganno. Il comando supremo che avevano esercitato sull'Urbe stava terminando. Con l'anno nuovo ci sarebbero stati altri consoli: uno sarebbe stato Ottaviano, l'altro sarebbe stato quello tra i senatori che più ardentemente gli avesse baciato i calzari.

Come avevano fatto loro, d'altronde.

Ottaviano sollevò il suo calice, e tutti gli altri lo imitarono.

«Ci tenevo a ringraziarvi per l'aiuto che mi avete dato, non solo quest'anno ma per tutta la durata della guerra. Senza il vostro sostegno non sarei arrivato dove sono ora. Non avrei conquistato l'Egitto, punito una regina ambiziosa e salvato Roma dalle mire di un infido traditore. Sono in debito con voi.»

I consoli si schermirono, ma ognuno gongolò dentro di sé. Ottaviano in debito con loro! Avrebbero potuto chiedere qualunque cosa e lui non avrebbe potuto tirarsi indietro, se non voleva rischiare la reputazione. Ma quello non era il momento né il luogo per avanzare richieste.

Dopo il bagno, Ottaviano li congedò. Gli schiavi corsero ad aiutarli a indossare le toghe e i mantelli, quindi i quattro ospiti uscirono dalla domus, salutandosi con sorrisi di circostanza.

Solo Vitellio e Romilio indugiarono. Non si erano rivolti la parola per tutta la serata, ma il non detto galleggiava tra di loro.

Era stato un anno proficuo. L'uomo su cui avevano scommesso tutte le loro fortune aveva trionfato. Tutti i loro avversari erano stati spazzati via dalla sconfitta di Antonio. Non c'era famiglia più potente delle loro, al momento. E la cosa poteva essere pericolosa. Poteva anche sfociare in una nuova guerra civile. Ma nessuno dei due lo desiderava. Era arrivato per entrambi il momento della pace. E del compromesso.

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