30. VISTILIA

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Quinto giorno prima delle Calende di marzo (26 febbraio)

Dovette attendere la sera successiva per adempiere al delicato compito che si era prefissa. Annunciò alla madre che sarebbe andata in visita dalla nonna e Settimia le accordò il permesso di non portarsi appresso quella piccola spiona di Eufemia. Le permetteva molta libertà, quando andava da Drusa.

Così Vistilia si fece portare dalla nonna e, non appena la porta si fu richiusa alle sue spalle, le disse con fare urgente che aveva bisogno del suo aiuto.

Drusa era una donna straordinaria. Nonostante la vecchiaia, era ancora lucida e intelligente e, soprattutto, non faceva domande. Vistilia non era mai ricorsa al suo aiuto prima ma ricordava ancora molto bene le parole che la nonna le aveva rivolto in occasione del suo tredicesimo compleanno.

"Sei una donna, ora. E in quanto donna le difficoltà per te aumenteranno. Ci saranno cose che non riuscirai a dire a tua madre. Ci sono cose che, forse, dovrai tenere nascoste a tua madre. Ma sappi che su di me potrai sempre contare. Non ti tradirò e preferisco che tu venga da me a chiedere aiuto, piuttosto che rivolgerti a un estraneo. Va bene, piccola?"

Drusa non era una donna gentile. Sapeva essere dura e crudele nella sua schiettezza. Ma era leale alle nipoti. E Vistilia aveva bisogno della sua lealtà in questo momento.

La nonna la fissò con i suoi vivaci occhietti neri. «Cosa ti serve?»

«Se la mamma dovesse chiederti qualcosa, io sono sempre stata qui con te.»

«Va bene.»

La rapidità della risposta lasciò Vistilia di stucco. Esitò qualche istante, poi chiese: «Non ti interessa sapere dove andrò?»

«No.» Drusa si sedette con cautela su un divanetto, scrutandola poi con aria divertita. «Ma tu vuoi dirmelo.»

«Andrò dal mio fratellastro, Flacco.»

«Ah sì, Vipsana mi ha accennato la cosa. Il bastardo di tuo padre.»

«È un bravo ragazzo, così buono...» lo difese subito Vistilia. «Ci vediamo di nascosto, la mamma non approverebbe.»

Drusa la fissava imperscrutabile, le dita sul mento grinzoso. «Lo sai che avete lo stesso sangue, vero?»

Le guance di Vistilia imporporarono. «Certo, avia! Te lo assicuro, non è come credi. Lui è mio fratello e gli voglio bene come tale.»

Drusa la scrutò con attenzione per qualche istante. Poi roteò le dita, in quel suo caratteristico gesto che significava "va bene, va bene, come dici tu". «Per quanto ti fermerai?»

«Solo stanotte.» Vistilia aveva già la mano sul pomello della porta, la palla che le copriva i capelli. L'acquazzone della sera prima si era trascinato per tutto il giorno e ora era ridotto a una debole pioggerella.

«Stai attenta.»

Vistilia le sorrise riconoscente. «Grazie, avia.» Corse a darle un bacio sulla guancia soffice, poi uscì dalla piccola abitazione. Aveva liquidato i suoi lecticarii ma si sarebbe servita di quelli della nonna. Le strade della Suburra erano pericolose e lei era una ricca patrizia che viaggiava sola. Doveva essere prudente.

Arrivò all'insula di Flacco e salì di corsa le scale fino a bussare alla porta del suo cenaculum. Sentì un certo trambusto all'interno, poi la porta si aprì.

Ferenzia le rivolse un sorriso tenero e sorpreso insieme. «Buona sera, splendore. Che ci fai in giro a quest'ora?»

«Devo parlare con Flacco.»

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