Calende di marzo (1 marzo)
Stava ciondolando senza meta lungo i corridoi quando udì l'urlo.
Erano stati giorni strani, quelli successivi al ritorno di Decio Emilio dall'Egitto. Rabirio si era sentito un esploratore in terra straniera, che osserva i nativi e prova a imitarne i comportamenti per diventare uno di loro, ma senza convinzione, solo perché costretto dalla regina locale; e al contempo deve evitare con tutte le forze di comparire dinanzi allo sguardo del re.
Dormiva ancora nel cubiculum di sua zia. L'iniziale timore che Decio Emilio li scoprisse era stato allontanato con un gesto dell'aggraziata mano di Claudilla.
"E se anche ci vedesse? Penserebbe quello che pensa già: che ti ho comprato per il mio spasso, come ho fatto con altri schiavi in passato."
Da servo a paelex, dunque. La sua condizione - per quanto temporanea - si faceva sempre più umiliante.
La mattina Claudilla si alzava molto presto e, dopo essersi fatta truccare, pettinare e vestire dalle ancelle, usciva dalla domus. Non gli diceva mai dove fosse diretta. Lui sonnecchiava ancora un po', poi sospirando si rassegnava a un'altra giornata da finto schiavo.
Il problema era che, a differenza di tutto il resto della familia, a lui nessuno dava ordini. Sua zia era sempre assente, e Rabirio cercava di tenersi alla larga dallo zio. Ogni tanto intravedeva il giovane tribuno, che però lo evitava con espressioni di sdegno. E dagli altri servi non avrebbe certo ricevuto incarichi. Continuavano a essere muti e indifferenti a ogni cosa e Rabirio non ci teneva particolarmente a intavolare con loro una qualunque conversazione.
Così passava le giornate camminando per i corridoi, osservando i volumina della biblioteca, seduto sulla terrazza che dava sul mare. Non usciva, perché non sapeva se uno schiavo potesse prendersi una simile libertà. I servi potevano abbandonare la domus solo per recarsi al mercato o per svolgere importanti commissioni per i padroni. Bighellonare sul lungomare non era una mansione contemplata.
Perciò, non stava facendo assolutamente nulla nel momento in cui l'urlo gli fece rizzare i peli sulla nuca.
Si trovava in prossimità delle terme, quando vide la porta spalancarsi e una schiava precipitarsi fuori, bianca in volto e con gli occhi fuori dalle orbite.
«Il padrone!» gridò. A lui, perché era l'unico altro essere umano presente. Poi stese un braccio tremante in direzione delle terme. Provò ad articolare una spiegazione, ma gli occhi le si rovesciarono all'indietro e la ragazza cadde con un tonfo a terra, priva di sensi.
Pervaso dall'inquietudine e con il cuore che gli martellava nel petto per lo spavento, Rabirio si affrettò nei balnea. Aprì la porta, fece qualche passo sulle piastrelle umide... e raggelò.
Suo zio era in acqua, ma non stava chiaramente facendo il bagno. Era a faccia in giù e galleggiava in una vasca tinta di carminio, le braccia e le gambe allargate.
D'istinto, Rabirio si gettò nella vasca e annaspando lo raggiunse, lo afferrò per i capelli e gli tirò su la testa. L'espressione dello zio era talmente deformata e grottesca, con quel volto bianco come gesso - notevolmente diverso da quello volgarmente abbronzato che aveva visto fino al giorno prima - e le labbra bluastre, che lo lasciò ricadere in acqua con uno spruzzo e caracollò fuori dalla vasca.
Nel frattempo, lo scompiglio provocato dalla schiava - che aveva dimostrato in modo inequivocabile che quella familia non era, infine, muta - aveva attirato un gruppetto di servi sulla soglia dei balnea. Mormoravano come mosconi intorno a una carcassa, fissavano il padrone ed esitavano a farsi avanti.

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Gentes
Historical Fiction16 gennaio 27 a.C. Nello stesso giorno in cui Ottaviano viene acclamato dal senato imperatore di Roma e assume il titolo di Augusto, due giovani convolano a nozze. Lei è Vistilia, primogenita della gens Vitellia, arricchitasi grazie alle guerre civ...