26. FLACCO

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Nono giorno prima delle Calende di marzo (21 febbraio)

«Come sarebbe che non vuoi venire?»

Ferenzia continuò a spolverare il pavimento del loro cenaculum, mentre Flacco le camminava intorno per non intralciarla e al contempo eliminava le ragnatele dagli angoli del soffitto.

«Credimi, la mia presenza non sarebbe accettata con benevolenza» rispose la madre, dando energici colpo di scopa al pavimento in legno.

«Ma hai detto di conoscere il nonno della kyria...»

«Ebbene? Tutte le conoscenze sono buone conoscenze, a parer tuo? Io e il vecchio Romilio abbiamo dei trascorsi di cui non ho intenzione di metterti al corrente. Ti basti sapere che non conservo dei bei ricordi dell'ultima volta che ci siamo incontrati.»

Flacco abbassò le braccia che reggevano la seconda scopa, scrutandola preoccupato. «Cos'è successo?»

Ferenzia ammucchiò la polvere in un angolino e poggiò la scopa al muro. «Nulla che abbia importanza, ora.» Recuperò il suo solito sorriso, solido e fiducioso, e gli prese il volto tra le mani. «Tu vai e cerca di comportarti con dignità e gentilezza. Ricorda: se tuo padre fosse stato un po' più coraggioso, avresti ogni diritto di stare in mezzo ai Romili. Sei il cognato del loro figlio scomparso. Sei di famiglia.»

«Non sarò mai di famiglia» borbottò Flacco, tirandosi indietro.

«Sei riuscito a conquistare quella cara ragazza di Vistilia. Sono certa che riuscirai a conquistare anche i Romili. Claudia è una donna gentile e Romilia è una fanciulla deliziosa. Ti tratteranno bene.»

«E degli uomini che mi dici?»

Ferenzia aprì l'unica arca presente nella stanzina ed estrasse una synthesis bianca con inserti color mattone lungo i bordi inferiori. Era l'abito più elegante che Flacco possedeva, un dono di suo padre.

«Li temi?»

«Dovrei?»

«Non temerli solo perché sono uomini. Ci sono donne molto più potenti e pericolose. Credi che Augusto gestisca il suo immenso impero da solo e non si avvalga mai dei consigli di sua moglie?»

«Questo non puoi saperlo.»

«Livia Drusilla è una donna forte. Come me e come Settimia.»

Flacco strinse le labbra solo a sentire nominare quella donna orribile. Non l'aveva più incontrata da quel fatidico pomeriggio e ne era felice. Non riusciva a capire come sua madre riuscisse a parlare della sua rivale in quel modo distaccato. Forse, non avendola mai incontrata, era più facile immaginarsela più come un'idea, che come una persona reale. Una persona da detestare.

«È dalle donne forti che devi guardarti, tesoro. Un uomo ti affronterà sempre a viso scoperto, ma le donne usano arti subdole e infide per raggiungere i loro scopi.»

«Anche tu?»

Ferenzia sorrise, gettandogli addosso la synthesis perché la indossasse. «Io per prima.»


Flacco si presentò dinanzi alle fauces dei Romili all'inizio della prima vigilia. Sua madre gli aveva spiegato per filo e per segno come raggiungere la dimora sul Palatino, ma una volta arrivato in cima al colle Flacco non aveva faticato molto a indovinare dove fosse collocata. Era una casa magnificente ed enorme e svettava contro il cielo nero col biancore luccicante dei suoi marmi. Le fauces erano illuminate da grosse colonne con la cima mozza, sulla quale erano stati installati dei grandi bracieri.

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