36. VISTILIA

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Quinto giorno prima delle None di marzo (3 marzo)

A causa dell'ora tarda e dell'approssimarsi del tramonto, Vistilia decise di camminare di buon passo, i capelli biondi fermati da spilloni preziosi nascosti dal cappuccio, lo sguardo basso per tenere d'occhio la strada e non incrociare lo sguardo di alcun malintenzionato.

Era l'ora in cui i commercianti chiudevano le tabernae, serrando le porte con tavole di legno inchiodate; l'ora in cui gli uomini rincasavano dopo una dura giornata di lavoro o incontravano gli amici nelle cauponae aperte fino all'alba; l'ora in cui le lupae si svegliavano e si preparavano a un'intensa nottata.

L'ora in cui gli amanti si agghindavano per il loro amore.

Vistilia aveva concepito quel piano non appena Claudia le aveva annunciato la sua decisione di incontrare Flacco. Una parte di lei era ansiosa e preoccupata per Romilia e si chiedeva chi avesse raccontato la verità alla matrona. Non poteva essere stata la fanciulla... oppure sì? Era talmente dolce e ingenua e ancora bambina... Forse si era sentita oppressa dal peso che lei stessa si era caricata sulle spalle e aveva cercato il conforto della mamma. Ma doveva sapere che Claudia non avrebbe potuto appoggiarla in alcun modo e che stava mettendo a rischio la vita di Flacco!

No, non poteva essere stata lei. Forse qualche servo aveva intercettato le poesie di suo fratello e lo aveva riferito alla padrona.

Eppure, anche mentre era immersa in queste elucubrazioni, una parte di lei vedeva delinearsi la grande possibilità che le si offriva. Perciò aveva detto a Claudia che l'avrebbe accompagnata dal fratello, solo per lasciarla lì e inoltrarsi nei vicoli della Suburra.

Eufemia era stata una complicazione. Senza di lei avrebbe potuto dirigersi subito verso il Campo Marzio, dove sorgeva la scuola gladiatoria, senza passare per casa della nonna. Ma pazienza, avrebbe allungato un po' il suo percorso, ma il risultato sarebbe stato lo stesso.

Eufemia la seguiva in silenzio, ansimando e cercando di evitare le pozzanghere di fango. Quando arrivarono al Circo Massimo, era sfinita, sudata e tremava per la fatica. Vistilia invece si sentiva più viva che mai.

Eufemia bussò alla porta e Neferite, la schiava egiziana mezza cieca della nonna, le fece entrare. La nonna era stesa su un triclinio e sorseggiava del mulsum caldo.

«Ne vuoi?» fu la prima cosa che le chiese, facendo un gesto verso la piccola anfora.

Vistilia annuì e Neferite le riempì un calice.

«Qual buon vento ti porta di nuovo qui, cara nipote?»

Vistilia si sedette sul triclinio libero. I suoi occhi evitavano quelli di Drusa. Non era mai stata capace di mentire in faccia alle persone. «La premura verso una nonna che vedo troppo poco.»

Ma non c'era alcun bisogno di mentire, con Drusa. Aveva già capito tutto, Vistilia lo intuiva dal suo sorrisino. Lo spettacolino era per Eufemia, che non poteva assolutamente conoscere le intenzioni della sua padrona.

«Vuoi fermarti anche questa notte?»

«Così avremo più tempo da trascorrere insieme.»

Drusa accennò a Eufemia. «Immagino che in tal caso tu non sia più necessaria.»

Quella, che pareva sul punto di addormentarsi, si risvegliò all'improvviso, sentendo di essere stata tirata in causa. «La domina Settimia...»

«Mia figlia sa che Vistilia è in buone mani, qui. Va' a casa.»

Vistilia aggiunse: «Avvisa la kyria Claudia che mi fermerò a dormire dalla nonna, poi torna a casa. Dì alla famiglia che tornerò domattina per pranzo.»

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