2.Gabriel

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Dopo lunghissimi anni, rividi finalmente i suoi occhi verdi, quegli occhi che avevo amato con una passione intensa e incrollabile. Ogni dettaglio del suo volto era rimasto scolpito nella mia memoria, dalle lentiggini sparse sulla sua pelle chiara, che avevano il potere di farmi impazzire. Ricordavo come queste piccole macchie di bellezza sembrassero avere un effetto ipnotico su di me, un effetto che nessun altro aveva mai avuto. Immaginavo costantemente come sarebbe stato rincontrarla dopo tutto quel tempo, ma non avrei mai potuto prevedere che il nostro incontro si sarebbe svolto in un contesto così distante e formale da quello che avevamo condiviso.

Dopo aver conseguito la laurea in legge, ero diventato avvocato e avevo iniziato a lavorare nell'azienda del padre di Amanda. Il mio nuovo lavoro mi aveva portato a un ambiente completamente diverso, e non potevo certo rifiutare un'opportunità di carriera così importante. Nonostante i cambiamenti, Amanda era rimasta una costante nella mia vita professionale, e il destino ci aveva riportati a incrociare i nostri percorsi in un modo che sembrava quasi surreale.

Per quanto riguarda Samantha, l'intera faccenda era stata una menzogna. Non conoscevo nessuno con quel nome, e la sua menzione sembrava essere stata una strategia confusa e maldestra per tenerla lontana da me. Il dolore che le avevo inflitto con la questione della scommessa era stato profondo, e il rimorso per il danno che avevo causato mi tormentava. La mia coscienza era afflitta dal pensiero che, in qualche modo, avrei dovuto rimediare.

Per cercare di dimenticarla, mi ero immerso in una serie di relazioni superficiali e incontri occasionali con ragazze che conoscevo in locali notturni. Speravo che queste esperienze mi distrassero e mi aiutassero a superare il passato, ma, nonostante i miei sforzi, in nessuna di queste donne riuscivo a trovare ciò che avevo vissuto con lei. Ogni incontro mi ricordava la sua mancanza, e nessuna era in grado di evocare le stesse sensazioni che avevo provato con lei. Il mio cuore batteva solo per lei, e ogni altra esperienza sembrava solo un pallido surrogato.

Ignorare quel senso di nostalgia era diventato sempre più difficile. Avevo tentato di concentrarmi sulla mia vita attuale e di andare avanti, ma i ricordi e il desiderio per lei continuavano a farmi da ombra. La realtà era dura, ma dovevo affrontarla e accettare che la nostra storia era finita.

"Bene, ora devo andare," dissi all'agente con una voce che cercava di nascondere la mia turbolenza interiore. Uscendo dalla stanza, tornai al mio appartamento a New York. Il mio appartamento, semplice e ben arredato con toni grigi, rifletteva la mia vita ordinata e controllata, ma non riusciva a nascondere il caos emotivo che mi affliggeva. Mi sedetti sul divano, con il computer portatile sulle ginocchia, e iniziai a controllare le e-mail in arrivo.

Un messaggio attirò subito la mia attenzione: "La ragazza è innocente; l'abbiamo rilasciata. Abbiamo visto le videocamere ma non si capisce chi è stato." Un respiro di sollievo mi liberò di un peso che avevo portato per tutto il giorno. La preoccupazione che avevo nutrito si dissolse, e sentii il bisogno di verificare personalmente come stesse.

Mi diressi verso l'università, attraversando i corridoi familiari, e mentre mi avvicinavo alle camerate, la vidi in aula, appoggiata alla finestra, persa nei suoi pensieri. Decisi di entrare e, con un gesto deciso, chiusi la porta a chiave, per garantire che nessuno potesse interromperci. Avevo bisogno di parlare con lei senza interruzioni, di chiarire le cose tra noi e affrontare finalmente il nostro passato.

"Hey, ho saputo di quello che ti hanno fatto." Le parole uscirono dalle mie labbra con cautela, mentre osservavo il suo corpo rimanere immobile, quasi rigido, contro la finestra. La luce che filtrava dall'esterno le illuminava i contorni, rendendo ancora più evidente la sua tensione. Mi avvicinai lentamente a lei, avvertendo il peso del momento.

"Già," rispose con un tono distante, quasi freddo, che mi colpì come una lama affilata. Non riuscivo a decifrare se fosse rabbia, delusione o semplice rassegnazione, ma sapevo che qualcosa in lei era cambiato.
"Stai bene?" Le chiesi, posando delicatamente le mani sulle sue spalle. Iniziai a massaggiarle piano, cercando di trasmetterle un po' di calore e conforto attraverso quel contatto. Il suo corpo, però, rimase rigido sotto le mie dita.
"Sì, sto bene," rispose, ma la sua voce tradiva una mancanza di convinzione che non potevo ignorare.
"Sai, non ti credo," dissi con dolce fermezza, mentre la giravo lentamente verso di me, desideroso di guardarla negli occhi, di cercare in quegli occhi verdi le risposte che le sue parole non mi davano. Le pupille, dilatate dalla tensione, sembravano cercare di nascondere qualcosa, un dolore che non riusciva o non voleva esprimere.
"Sofia, mi manchi," ammisi infine, lasciando che la verità scivolasse fuori con un tono carico di emozione. La mia mano si mosse lentamente verso il suo viso, sfiorando con delicatezza la sua guancia. Sentii il calore della sua pelle sotto le dita, ma prima che potessi avvicinarmi di più, lei si scostò, allontanandosi dal mio tocco. Si voltò di nuovo verso la finestra, come se volesse nascondersi da me, o forse da se stessa.
"Perdonami, ti prego. Senza di te, non è la stessa cosa," continuai, la mia voce spezzata dall'angoscia che sentivo crescere dentro di me. Ogni parola era un tentativo disperato di recuperare ciò che avevamo perso, di ricucire una ferita che sapevo di aver causato.
"Non è semplice," rispose lei, e il suo tono era carico di una tristezza profonda, quasi irrimediabile. "Io non credo più alle tue parole, non riesco a fidarmi più di te. Non ci riesco." Quelle parole furono come un pugno nello stomaco. Ogni sillaba trasudava dolore e delusione, una delusione che aveva radici profonde, alimentata da tutte le promesse infrante e le speranze tradite.
Mi resi conto in quel momento di quanto fosse difficile per lei concedermi una seconda possibilità. La fiducia, una volta persa, era una cosa fragile e delicata, difficile da ricostruire. E io avevo distrutto la sua fiducia in me con un gesto avventato, un errore che continuava a perseguitarmi. Il silenzio tra di noi divenne pesante, carico di tutte le parole non dette e di tutti i sentimenti irrisolti.
"Devi andare adesso!" La guardai, non capendo."Non torneremo insieme, Gabriel." Continuò. La guardai accigliato.
"È davvero questo che vuoi?" dissi con una freddezza che non riuscivo a nascondere, mentre il mio cuore si stringeva in una morsa di dolore e rassegnazione. Ogni parola era un colpo secco, un segnale del mio distacco definitivo. "Bene. Addio, Sofia." Pronunciai il suo nome con un tono che tradiva tutta la mia disillusione.
Dopo essermi rivestito, con gesti meccanici e privi di emozione, mi avvicinai alla porta. Aprii il battente con una forza che rispecchiava la mia determinazione di non cedere più. Uscendo dalla stanza, la sbattei con violenza contro il telaio, il rumore secco del legno che colpiva il metallo risuonava come un eco doloroso nella mia mente. Quella porta sembrava chiudere anche un capitolo della mia vita, un capitolo che avevo cercato di dimenticare.

Non avrei dovuto riavvicinarmi a lei, eppure, in quel momento, non potevo fare a meno di sentirmi un coglione. Ero riuscito a prendere le distanze, a dimenticarla, a rifarmi una vita. Stavo ricostruendo la mia serenità e la mia indipendenza. Ma rivederla aveva riacceso in me una fiamma che avevo tentato di estinguere, un desiderio che, nonostante i miei sforzi, era emerso più potente che mai.

Mi imponevo di non cedere a quel tumulto di emozioni e impulsi, di non lasciarmi travolgere di nuovo da una voglia che avevo già soffocato. Avrei rispettato le sue decisioni, anche se mi feriva accettare che tutto fosse finito. Non mi sarei più intromesso nella sua vita, non avrei più cercato di forzare un futuro che non era più mio. Era finita, e accettare questa realtà era l'unico modo per trovare finalmente la pace interiore. Solo accettando che non c'era più un noi, avrei potuto finalmente spezzare il legame invisibile che mi teneva ancorato al passato e ritrovare la mia strada verso una vita nuova, libera dalle ombre di una passione ormai spezzata.

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