Erano passati due giorni e il silenzio continuava a farmi impazzire. Non sapevo dove fosse Sofia né cosa stesse passando, e il solo pensiero mi devastava. L'ansia mi divorava dall'interno, rendendo ogni minuto eterno.
"Gabriel... mi hai sentito?" La voce di Amanda mi riportò bruscamente alla realtà, interrompendo il vortice di pensieri che mi tormentava.
"Cosa? Cosa hai detto?" chiesi, cercando di concentrarmi.
"I poliziotti hanno intercettato il numero. Possiamo risalire a lui dalla voce e finalmente prenderlo. Così potremo liberare Sofia." Il suo tono era risoluto, come se cercasse di infondermi la forza che stavo perdendo.
"Dici che ci riusciremo davvero?" chiesi, fissandola con speranza mista a scetticismo. Amanda mi diede un colpetto sulla spalla, facendo affiorare un sorriso accennato sul mio volto.
"Ahia!" esclamai, massaggiandomi la spalla. "Ma che fai?"
"Stupido, è per farti svegliare," rispose sorridendo. "Certo che ci riusciremo! La libereremo, e presto."
Sentii una fiammella di speranza accendersi dentro di me. Mi ripetei le sue parole, come un mantra: la libereremo.Dopo ore interminabili di preparativi, finalmente la polizia arrivò a casa mia. Ci sistemammo tutti in cucina, dove montarono in fretta una sorta di centrale operativa sul tavolo: computer, monitor, microfoni e altri strumenti di cui ignoravo persino l'esistenza.
"Adesso io farò la chiamata. Lei non deve parlare, è chiaro?" mi disse l'agente principale con un tono fermo.
Annuii, incapace di pronunciare una sola parola, mentre sentivo il cuore battere all'impazzata. Ogni fibra del mio essere urlava per Sofia, e l'attesa sembrava dilatare ogni secondo.
Il telefono, messo in vivavoce, iniziò a squillare. Mi trattenni dal gridare il suo nome, stringendo i pugni con tutta la forza che avevo per cercare di restare lucido.
Dopo alcuni squilli, una voce familiare e fredda rispose dall'altro lato: "Pensavo non avessi abbastanza coraggio per richiamare."
Il gelo che percepii era totale. Ogni parola che quella voce pronunciava faceva salire in me una rabbia che a stento riuscivo a controllare.
L'agente accanto a me fece un cenno, mantenendo il sangue freddo."Vogliamo negoziare," disse, usando un tono professionale e pacato. "Ma dobbiamo sapere che Sofia sta bene. Abbiamo bisogno di sentire la sua voce."
Dall'altro lato ci fu un attimo di silenzio, seguito da un risolino sarcastico. "Pensate davvero che io sia così stupido? Non avrete nessuna prova di vita finché non avrò la certezza che i miei termini saranno accettati."
Sentii un'ondata di frustrazione invadermi, e dovetti fare uno sforzo immenso per non intervenire. Volevo gridargli di lasciarla andare, di farmi sentire. Ma l'agente posò una mano sulla mia spalla, un avvertimento silenzioso."Quali sono esattamente i tuoi termini?" chiese l'agente con calma. "Siamo qui per ascoltare."
Ci fu un altro attimo di silenzio. La voce di Alex tornò a risuonare, bassa e velenosa. "Voglio tutto ciò che le spetta. L'eredità dei Garcia e il riconoscimento come unica erede. E voglio i soldi, tutti. Solo allora Sofia sarà libera."
L'agente lo ascoltò in silenzio, ogni parola annotata mentalmente. Poi, con un tono deciso, disse: "Possiamo trovare un accordo, ma devi dimostrarci che Sofia è ancora viva. Non possiamo fare un passo senza una prova."
Il silenzio che seguì fu agghiacciante. Poi, con un ringhio irritato, Alex cedette. "Va bene. Avrete la vostra prova. Ma vi avverto, non giocate sporco. Ogni mossa sbagliata e di Sofia non resterà nulla."
La linea cadde bruscamente, lasciando un silenzio pesante nella stanza.
Il silenzio nella stanza era teso come una corda pronta a spezzarsi. Ogni agente era concentrato, valutando il prossimo passo. Amanda mi sfiorò il braccio, sussurrandomi: "Gabriel, andrà tutto bene. Troveranno Sofia, te lo prometto."Respirai profondamente, cercando di calmarmi. Non volevo pensare al peggio, ma la paura mi divorava. La consapevolezza che Sofia fosse in pericolo e io non potessi fare nulla per salvarla mi faceva impazzire.
Uno degli agenti si avvicinò e disse: "Abbiamo una possibile posizione grazie al tracciamento della chiamata. È in un'area abbandonata fuori città. Stiamo preparando la squadra per intervenire, ma dobbiamo essere cauti. Lui potrebbe avere delle guardie."
Annuii, tentando di mantenere un'apparenza di calma. Mi sembrava assurdo dovermi limitare a osservare e aspettare che fossero gli altri ad agire. Ma sapevo che quella era l'unica opzione."Gabriel," disse l'agente, guardandomi con serietà. "Non puoi venire con noi. È troppo rischioso. Potresti compromettere l'operazione."
"Non me ne frega niente," risposi. "Io vengo. Sofia è là dentro, e non mi tirerò indietro."
Amanda tentò di calmarmi, ma sapeva che non ci sarei mai riuscito. Gli agenti, dopo un lungo sguardo di intesa, si arresero e mi concessero di seguire l'operazione, a patto che restassi dietro la linea.
Salimmo sui veicoli della polizia e partimmo verso quella posizione. Il viaggio sembrava eterno; ogni secondo che passava mi faceva immaginare scenari sempre più terribili.
Quando arrivammo sul posto, gli agenti si muovevano con professionalità e silenzio, preparandosi per l'irruzione. Il capo squadra mi fece un cenno per ricordarmi di restare indietro, ma i miei occhi erano solo fissi su quella porta.Arrivammo tutti sul posto, e appena scesi dall'auto mi guardai intorno con l'angoscia che mi divorava. La polizia aveva delimitato l'area con il nastro giallo, e c'era un silenzio teso, rotto solo dal brusio degli agenti e dal suono dei passi sulle foglie secche. Avevo il cuore in gola, e ogni istante che passava mi sembrava un'eternità. Sofia era qui, o almeno lo era stata.
"Gabriel." disse il comandante, avvicinandosi a me con uno sguardo serio. "Abbiamo setacciato l'intero edificio, ma... non ci sono tracce di lei."
Quelle parole mi lasciarono senza respiro. "Come sarebbe a dire che non ci sono tracce?" chiesi, la mia voce più dura di quanto avessi voluto.
"Abbiamo trovato segni di attività recente," spiegò l'agente, "ma sembra che siano riusciti a spostarsi prima che arrivassimo. L'uomo con cui è stata vista ha coperto bene le sue tracce."Mi sentii impotente, come se stessi affondando in un abisso. Sofia era stata qui, così vicina... e adesso era sparita di nuovo. Mi passai una mano sul viso, cercando di calmare il vortice di emozioni che mi travolgeva. E se non fossi riuscito a salvarla?
Poi mi venne un lampo di genio. La collana. La collana che indossava sempre, quella che le avevo regalato qualche mese fa. Aveva un GPS nascosto all'interno — un'idea che mi era venuta quando avevamo scoperto chi poteva volerle fare del male. All'epoca, lei mi aveva preso in giro per quell'eccesso di precauzione, ma io non avevo voluto rischiare. Adesso quella scelta poteva fare la differenza.
Senza dire una parola, afferrai il telefono e aprii l'applicazione che avevo sincronizzato con il dispositivo. Le mani mi tremavano mentre aspettavo che il segnale si collegasse. Dopo qualche secondo, finalmente un punto rosso lampeggiante apparve sulla mappa.
"Ce l'ho!" esclamai, attirando l'attenzione di tutti. "Sofia ha addosso un GPS nella collana. Posso vedere dove la stanno portando."
Il comandante mi fece segno di andare avanti, e senza perdere altro tempo iniziammo a tracciare la posizione, sperando di arrivare in tempo.Seguimmo il punto rosso sulla mappa, che si spostava a una velocità costante verso una zona isolata fuori città. Ogni minuto sembrava durare un'eternità mentre attraversavamo strade e incroci, cercando di guadagnare terreno su di lui. Sentivo il cuore battere furioso, l'ansia e la paura mescolarsi a una rabbia feroce. Non mi sarei fermato finché non l'avessi riportata a casa.
"Gabriel, tieniti pronto. Non sappiamo cosa potremo trovare," mi avvertì uno degli agenti, osservandomi con uno sguardo serio.
Annuii, senza distogliere lo sguardo dallo schermo. Mancava poco, un paio di chilometri appena. Finalmente, il segnale si fermò davanti a una costruzione abbandonata. Era un vecchio capannone, circondato solo da sterpaglie e alberi spogli.
Scendemmo dalle auto in silenzio, gli agenti prepararono le armi, mentre io sentivo l'adrenalina aumentare. Le mani mi tremavano, ma cercai di nasconderlo, sapendo che ora più che mai dovevo restare lucido.Il comandante mi fece cenno di aspettare, ma io non riuscivo a starmene fermo. Con un respiro profondo, mi feci coraggio e avanzai verso la porta laterale, socchiusa. Aprii lentamente, trattenendo il fiato, sperando di trovarla dentro, viva e incolume.
Entrammo, con il cuore che batteva all'unisono con il suono dei nostri passi sul pavimento di cemento. Poi, in fondo alla stanza, la vidi: legata a una sedia, con la testa china. "Sofia!" la chiamai sottovoce, sperando di non allertare nessuno.
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Endless 2
RomanceDa quando Gabriel era uscito dalla sua vita, il vuoto era stato riempito da un'angoscia crescente. Non era solo il suo amore a tormentarla, ma una presenza oscura che sembrava seguirla ovunque. Qualcuno voleva farle del male, e ogni giorno il perico...