20.Sofia

49 5 8
                                    

Anche se avevo parlato con Gabriel, quella ragazzina riusciva ancora a farmi ribollire il sangue. Ogni volta che ci pensavo, il mio respiro si faceva corto e il battito accelerava. Ma chi si credeva di essere? Come si permetteva di mettersi in mezzo tra noi, come se avesse qualche diritto su Gabriel?
Cercai di riprendermi, respirando profondamente mentre tornavamo a sederci per il dolce. La cena sembrava procedere tranquillamente, ma la mia calma veniva costantemente minata da quella voce irritante e stridula che continuava a riempire la stanza. Madison sembrava non riuscire a stare zitta per più di dieci secondi, e ogni parola che usciva dalla sua bocca mi dava sui nervi.
Continuava a parlare con la cugina di Gabriel e ogni tanto lanciava occhiate nella mia direzione, come se stesse misurando la mia reazione. Alzai gli occhi al cielo, ma alla fine mi trovai a fissarla apertamente. Stava ridendo, con quella risatina falsa e forzata, e ogni volta che muoveva le labbra avrei voluto prenderla per quelle ciocche perfettamente acconciate e farle capire quanto fosse irritante la sua presenza.
La osservai attentamente: capelli castani perfettamente lisci, occhi azzurri che brillavano di una falsa dolcezza. Si atteggiava come se fosse la regina della stanza, e il modo in cui si sporgeva verso Gabriel mi fece stringere il coltello tra le dita. Che cosa sperava di ottenere? Pensava davvero che bastasse lanciare qualche sorrisetto e qualche commento velenoso per farmi vacillare?

Appena finimmo di mangiare, ci spostammo tutti nel salone, mentre gli adulti rimasero in cucina a prendersi un caffè. Cercai di mantenere la calma, ma l'idea di avere Madison tra i piedi ancora a lungo mi faceva stringere i denti. Sapevo che era lì solo per provocarmi e non vedeva l'ora di mettersi in mostra davanti a Gabriel.
Appena entrammo, lei non perse tempo a scegliere il posto: si piazzò accanto a Gabriel, spostandosi con una rapidità che mi fece aggrottare le sopracciglia. La guardai, sperando che si limitasse a star seduta lì e basta. Ma, ovviamente, era troppo da sperare.
Quando allungò la mano e gli sfiorò il bicipite con fare volutamente casuale, sentii una vampata di rabbia esplodere dentro di me. Quell'atto semplice e apparentemente innocente mi fece scattare come una molla. Era il suo modo subdolo di marcare il territorio, di insinuarsi tra noi come se avesse qualche diritto su di lui. Ma chi credeva di essere?
Non ci vidi più dalla rabbia. La vista mi si annebbiò e, senza pensarci, attraversai la stanza in pochi passi, piantandomi davanti a lei. "Che ne dici di levare questa mano?" sbottai, il tono più acido e freddo di quanto avessi mai usato in vita mia.

Madison mi guardò, sorpresa, ma non ritrasse la mano. Anzi, il suo sorriso si allargò, sfidandomi apertamente. "Perché dovrei ?" disse, con un tono melenso che mi fece venire voglia di strapparle quel sorrisetto dalla faccia. "Stavo solo parlando con Gabriel. O non posso nemmeno fare quello?"
"Parlare?" ripetei con voce tagliente, incrociando le braccia al petto. "Se vuoi parlare, puoi usare la bocca, non le mani." Puntai lo sguardo sul suo dito, ancora appoggiato al braccio di Gabriel. "Spostati"
Madison mi guardò dritta negli occhi, senza battere ciglio. Con una lentezza esasperante, ritirò la mano, ma non perse occasione per gettare un'altra frecciatina. " Come sei gelosa mamma mia."
"Senti toporagno che non sei altro." La presi dal braccio per farla alzare. " Forse non ti è chiaro tu non lo devi proprio pensare, non ci devi parlare, non lo devi sfiorare. Perché si lui è MIO." Dissi scandendo l'ultima parola.

A quel punto, Gabriel intervenne, posandomi una mano sul braccio. "Sofia, basta." disse con voce calma, ma decisa. "Non fare il suo gioco."

Mi voltai a guardarlo, cercando di trattenere l'irritazione. "Non capisci?" sibilai, indicandola con un gesto brusco. "Questa stronza sta cercando di provocarmi. Sta cercando di farsi notare e tu non fai nulla!"
Lui sospirò, passandosi una mano tra i capelli. "Non vale la pena, davvero. Lei non può fare nulla per mettersi tra di noi."

Quelle parole avrebbero dovuto calmarmi, ma la presenza di Madison lì, con quel sorriso trionfante, mi faceva venire voglia di urlare. Mi voltai verso di lei, decisa a non lasciarle l'ultima parola.
"Sai qual è la differenza tra noi, Madison?" le chiesi, fissandola con occhi ardenti di rabbia. "Io non devo sforzarmi di attirare la sua attenzione. Lui mi guarda perché lo vuole, non perché gli faccio compassione. Tu, invece, devi ricorrere a questi giochetti patetici solo per sentirti notata."

Endless 2 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora