Miserabile vita

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Nota autrice pt. 1

Ve ricordo quanto detto su IG:

Ve suggerisco se ve va di ascoltare queste due canzoni, le stesse che me so sentita io per scrivere (e soffrire meglio) sto capitolo:

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Ve suggerisco se ve va di ascoltare queste due canzoni, le stesse che me so sentita io per scrivere (e soffrire meglio) sto capitolo:

I hate myself dei Citizien Soldier per la prima metà

L'urlo di Munch di Emanuele Aloia per la seconda metà e parte finale (di cui so ormai diventata fan accanita e che ho messo nei file multimediali)

Mi fu difficile comprendere cosa stesse accadendo, e non solo per la rapidità delle vicende, il modo in cui Dante si muoveva, scattante e veloce, ma anche perché una membrana di confusione era andata a ricoprirmi la mente e non ero capace di scorg...

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Mi fu difficile comprendere cosa stesse accadendo, e non solo per la rapidità delle vicende, il modo in cui Dante si muoveva, scattante e veloce, ma anche perché una membrana di confusione era andata a ricoprirmi la mente e non ero capace di scorgere ciò che si stava realizzando proprio davanti ai miei occhi.

So solo che quando riuscii a ricreare una sorta di lucidità o comunque una parvenza di essa, mi ritrovai Rebecca accasciata a terra, inginocchiata proprio, la schiena contro il muro, i capelli prima perfettamente pettinati adesso un nido grigio distrutto, sangue a cadere copioso dal naso rotto e scartavetrato, le labbra a tremarle con furia, incapaci di proferir parola, la borsa elegante e firmata, bianca, che portava in mano era stata smembrata e squarciata, i suoi contenuti erano stati rovesciati a terra e distrutti, calpestati fino a renderli polvere insieme al suo registratore.

E a torreggiare su di lei proprio Dante, dal volto così adirato che faticavo a riconoscerlo, non tanto perché deturpato, quanto perché mai mi era capitato di vederlo così calmo e sereno, una pacatezza innaturale che lasciava filtrare invece tutta la collera, l'inferno funesto che vomitava addosso a Rebecca col semplice sguardo.

Dietro di loro, accanto alla porta chiusa, si trovava il collega di Rebecca, il cui corpo era ancora disteso a terra a pancia in giù, tremante, le mani sul volto nel tentativo di sopperire al naso distrutto che continuava a perdere fiotti di sangue.

Nel monolocale si udivano soltanto i suoi lamenti e il respiro sconnesso di Rebecca, i suoi tremiti mentre cercava di formulare qualche frase di senso compiuto senza riuscirci, terrorizzata da Dante che imperava su di lei sia col suo fisico alto e immenso che con la freddezza spietata degli occhi ambrati.

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