La lettera D (2/2)

392 30 121
                                    

Minnie mi raccontò quel pomeriggio in che modo si era sviluppato il piano malefico che lei e Dante in particolar modo avevano orchestrato ai danni di quei due pseudo giornalisti.

Quand'era venuta a trovarci, il giorno del Ringraziamento, lei e Max avevano parcheggiato la loro macchina allo stesso spiazzale in cui avevo lasciato la mia. Minnie aveva allora notato una strana coppia che gironzolava attorno alla mia Ford, scattandole foto senza cercare di farsi vedere, ma erano così "incapaci" - stando a quanto dichiarava lei - che li aveva beccati subito.

Da lì, una volta uscita da casa di Dante, si era guardata bene attorno con Max, avevano fatto finta di fare una passeggiata nella zona come una coppietta qualsiasi e così avevano trovato quel duo criminale che continuava ad appostarsi vicino al condominio in attesa che io uscissi.

Avuta la conferma massima che era proprio me che stavano pedinando, Minnie subito non aveva atteso un secondo per decidere di "fotterli in un modo che non piacerà mai a nessuno, nemmeno a quel deviato de Christian Grey".

Aveva così indagato-pedinato fino a scoprire le loro identità e l'appartamento che avevano preso in affitto per quei giorni. Per non attirare sospetti, ne avevano preso uno piuttosto semplice e comune, che non attirasse attenzioni in quel quartiere così povero, e proprio per questo motivo era stato ancor più facile per lei, Dante e Max - i veri criminali della storia, a questo punto - tenerli sott'occhio.

Agire subito, però, disse Minnie, non gli sarebbe convenuto, sia perché pestarli a sangue all'istante non avrebbe garantito che avrebbero rinunciato ai loro intenti sia perché avevano bisogno di materiale con cui assicurarsi al mille per mille che tornassero sui loro passi con la coda tra le gambe.

E così avevano dato vita al loro malefico piano, da Minnie rinominato: La legge del contrappasso degli stalker.

Si erano alternati per poterli controllare e nel mentre mantenere i loro turni di lavoro, fino a poter definire con chiarezza non solo quello che stavano facendo quei due ma anche un orario sicuro in cui avrebbero lasciato vuoto il loro appartamento così che potessero profanarlo o, come diceva Minnie, studiarlo.

Dante si era occupato dello scassinamento o, come diceva Minnie, dell'Alohomora.

Max aveva fatto da vedetta o, come diceva Minnie, da Guardiacaccia.

Minnie aveva messo le telecamere dentro, comprate da una sua collega che le spacciava o, come diceva sempre lei, "Una stronza assoluta quanto me che sa bene come possono essere utili quegli affari."

E nascosta dentro un paio di calzini bianchi arrotolati nel cassetto dell'armadio avevano trovato la famosa chiavetta USB.

"Incapaci" aveva di nuovo dichiarato Minnie. "Manco a nascondere le robe erano bravi".

Avevano però deciso comunque di attendere per vedere fino a che punto si sarebbero potuti spingere quei due, così da raccattare ancor più materiale con cui ricattarli, il problema, però, era sopraggiunto proprio quel mattino, perché non avevano pensato che avrebbero agito così in fretta nei miei confronti, dato che, a conti fatti, su di me non avevano nulla se non ciò che già si sapeva, cioè che andavo a trovare papà. Informazione nota da prima ancora che mi trasferissi.

Avevano sbagliato a considerarli in qualsiasi forma dei giornalisti, aveva detto Minnie, così non si erano aspettati che si sarebbero presentati alla mia porta senza alcun tipo di materiale vero e proprio, solo per farmi ammattire ed ottenere gossip con cui indignare la popolazione mondiale.

A salvare la situazione, però, era stata proprio una delle mie vicine di casa, la signora che abitava alla fine del corridoio del terzo piano in cui si trovava il mio monolocale, da me mai incontrata fino ad allora, ma da Dante sì.

Ignobili affettiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora