Carne

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Nota autrice:

Sto capitolo mi ha fatta vergognare così tanto che mi sono dovuta auto stuprare all'incirca 8928403834483 per impedirmi di darmi alla versione moderna e femminile di Edipo con un bello strappo degli occhi a mani nude o lanciarmi dal tetto di casa mia.

Perciò, visto tutto l'impegno che ci ho messo a NON suicidarmi, PRETENDO che alla fine del capitolo, che vi faccia cagare o meno quanto fa cagare me, voi mi lasciate il commento:

CHE GRANDE, SIMO! CHE DONNA, SIMO! UNA VERA DONNA!

Poi potete pure dire e spiegare quanto vi ha fatto schifo, non vi preoccupate, sapete che non mi offendo.

Anche perché fa schifo pure a me.

SCIAU!

Io e Betsy, a scuola, eravamo note per rappresentare appieno il detto "Le apparenze ingannano" e non solo per i nostri aspetti così contrastanti rispetto ai caratteri che possedevamo, personalità in netta opposizione alle nostre fisionomie, tali d...

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Io e Betsy, a scuola, eravamo note per rappresentare appieno il detto "Le apparenze ingannano" e non solo per i nostri aspetti così contrastanti rispetto ai caratteri che possedevamo, personalità in netta opposizione alle nostre fisionomie, tali da portare a credere che ci fosse stato uno scambio d'anime alle nostre nascite: lei piccolina eppure una furia, io gigantessa eppure timida.

A ricalcare tale detto erano anche le nostre passioni e il modo in cui le affrontavamo. Betsy, strano a credersi – considerata la parlantina che possedeva e la faccia tosta con cui affrontava ogni ostacolo –, era un tipo che adorava le storie d'amore raffinate sia nella realtà che nella fantasia. Ogni volta si leggeva libri e guardava film che analizzavano tali rapporti attraverso filtri estremamente sdolcinati, con lodi idilliache e romantiche che elogiavano le passioni carnali tramutandole in versi poetici e meraviglie incantevoli.

Io, invece – a mia volta incuriosita da quel mondo che mi era ignoto ed ero certa lo sarebbe rimasto fino alla fine dei miei giorni – sfogavo il mio desiderio spregiudicato di poter avere un contatto fisico intimo leggendo i peggiori dark romance mai concepiti dal genere umano, in cui della poesia non vi era alcuna traccia, non ne rimaneva neppure una parvenza, erano anzi parolacce e tocchi violenti a saturare le pagine bianche dei libri, così audaci, alle volte, da temer quasi che la carta prendesse fuoco da sola, tant'erano grezzi e primitivi i termini usati dai protagonisti, in particolar modo quelli maschili, e le azioni che compivano durante atti simili.

Lei, come al solito, mi prendeva sempre in giro per questo, per via dei miei gusti di merda. Aveva il terrore che finissi per impelagarmi in un rapporto tossico e malato come quello che c'era tra i due protagonisti, nell'eventualità che mi ritrovassi un tipo identico a quello maschile, e così provava a propormi letture più soft.

«Guarda che appassionarsi a queste storie non equivale a volerle vivere in prima persona» le avevo detto un giorno, a diciassette anni, mentre stavamo tornando a casa entrambe da scuola, dopo essere scese dal nostro autobus tre fermate prima per fare merenda da Starbucks. Percorrevamo il marciapiede del quartiere a passo lento, entrambe con gli zaini pesanti a pendere dalle nostre schiene, quello di Betsy oscillava a destra e a sinistra, sbattendo contro il fianco, perché lo reggeva soltanto con una spalla. «A te piace Lolita, hai una bella faccia tosta a rimproverarmi perché mi piacciono i dark romance.»

Ignobili affettiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora