Herbie

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Mandar giù il ramen fu un'altra impresa impossibile, dato che ad ogni boccone mi sembrava di star masticando aria. Ancor più difficile fu cercare di non crollare e fingere di essere una ragazza come tante, seduta a quel tavolo dell'appartamento, con altra gente ad affiancarmi, come se nulla fosse e quello fosse un giorno quotidiano come altri, quando ogni mio pasto nel corso degli ultimi quattro anni l'avevo consumato in totale solitudine, in casa mia, nel silenzio della vergogna e dei sensi di colpa.

La sola nota positiva di tutta quella faccenda fu che i gemelli adorarono il ramen, erano così entusiasti che non fecero altro che canticchiare felici ad ogni boccone. Vederli sorridenti, estasiati da quella pietanza che gli era sempre stata sconosciuta fino ad allora, compensò il disagio che stavo provando fino a quel momento.

Anche Rosemary apprezzò molto, riempiendomi insieme ai due nanerottoli pestiferi di complimenti e nel sentirli la mia timidezza naturale aumentò a dismisura, irrigidendomi sulla sedia dove mi trovavo e inducendomi a chinare lo sguardo sul mio piatto.

Dante non disse nulla, e quella fu un'altra cosa per cui fui grata. Che mi avesse complimentata a sua volta o al contrario mi avesse criticata, il risultato sarebbe stato comunque lo stesso: mi sarei sentita ancor più male e la mia voglia di scappar via avrebbe raggiunto le stelle.

Tuttavia, scorgere gli occhi illuminati di Dory e Dorian, le loro guance arrossate dalla felicità mentre mandavano giù gli spaghetti, sciolse un po' il nodo che mi aveva attorcigliato lo stomaco.

Finito il pranzo, una stanchezza disumana mi cadde addosso con così tanta furia che ebbi l'impressione di esser sul punto di addormentarmi sulla sedia. Sapevo che quell'improvviso senso di sonno era dovuto per lo più alle notti intere passate a rotolarmi  sul materasso per l'ansia di quel pranzo, incapace di addormentarmi, ma fu comunque umiliante.

«Giovanotta.»

Sussultai quando udii la voce di Rosemary accanto a me, mentre mi risollevavo in piedi dalla sedia, pronta ad aiutare i gemelli e Dante a sparecchiare il tavolo. Mi voltai a guardarla, addosso aveva un sorriso gentile che da troppo tempo non mi veniva rivolto. «Perché non ti siedi un attimo sul divano?» mi suggerì con voce calma, ed io serrai la mascella. «Hai cucinato per un sacco di ore, sarai stanca, un po' di riposo non può che farti bene.»

Mi morsi l'interno delle guance, imbarazzata dal fatto che la mia spossatezza risultasse così evidente ad occhio nudo, e mi chiesi cosa fare. La scelta più saggia sarebbe stata andarmene via di lì, ma era anche vero che, se mi fossi messa in macchina in quel momento, era molto probabile che mi sarei addormentata mentre guidavo. Avrei rischiato di far male a qualcuno o ucciderlo proprio se avessi sbandato a causa del sonno.

O forse... forse era meglio andare comunque in macchina e riposare lì per un po', sul sedile? In questo modo, non avrei dato fastidio a Dante. Tuttavia... c'era il rischio che qualcuno mi vedesse da fuori attraverso il finestrino e mi riconoscesse. E purtroppo non ero capace di dormire con la mascherina addosso, così da nascondere la mia identità.

«Thaty!» Dorian mi si avvicinò in fretta, mentre la sua gemella, oltre la penisola, stava lavando le stoviglie con Dante nel lavandino. «Che voi una coperta? Così te stai al caldo.»

Ogni mio nervo si irrigidì, avrei davvero solo voluto scomparire nel nulla, tutto pur di fuggire da quella famiglia che mi donava così tanto calore quando non me lo meritavo, ma davanti allo sguardo innocente di quel bambino, non trovai la forza di ribellarmi.

«N-No» balbettai. «Starò bene senza... Riposo solo... Solo qualche minuto.»

Lanciai un'occhiata di sottecchi a Dante. Mi dava le spalle, mentre lavava con Dory i piatti, ma ero certa avesse sentito tutto. Sicuro era alterato per la mia decisione di approfittare così del loro appartamento per farmi una pennichella, ma forse non voleva indispettire ancor più i gemelli, per questo non si era opposto.

Ignobili affettiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora