Il medico che mi aveva visitata mi aveva detto di restare in casa a riposare per almeno tre giorni. Il che era un'ottima scusa per mettere un po' le distanze tra me e la famiglia di Dante, inclusa Rosemary.
Non sarei potuta andare a trovare mio padre, questo era certo, e sapevo anche che lui, nell'attimo in cui avrebbe saputo di non aver nessuno in visita a trovarlo, il martedì, mi avrebbe contattata sfruttando il telefono a pagamento del carcere che concedevano ai detenuti per quindici minuti di chiamata, una volta a settimana. Il perché di ciò, anche se non me l'aveva voluto dire, era evidente. Aveva preso quell'abitudine da quando non ero potuta andarlo a trovare a causa del pestaggio che avevo subìto due anni prima, quello per cui ero finita in prognosi riservata, e lui aveva saputo la notizia solo molto più tardi, informato dalla polizia.
In verità, papà era stato colui che più di tutti mi aveva detto di non andarlo a trovare, sin dai nostri primi incontri. Era stato piuttosto determinato su questo, più e più volte aveva rimarcato il fatto che andare lì da lui non mi avrebbe fatto bene, men che meno avrebbe migliorato l'opinione che la popolazione mondiale aveva di me, aveva usato ogni mezzo per convincermi ad abbandonarlo del tutto. Mi aveva spronata a condannarlo soltanto, come tutti quanti, usando qualsiasi carta per ribadire la sua mostruosità e devianza mentale.
Mi diceva sempre di andarmene lontano, se possibile anche all'estero, dove la notizia si era sì diffusa, ma non con la stessa ossessione con cui si era diffusa in America e soprattutto in Arkansas, sarebbe stato molto più difficile per la gente riconoscermi, là. Aveva chiamato il suo avvocato, assieme a lui aveva sfruttato ogni cavillo, anche il più minuscolo, per cedermi praticamente tutte le sue proprietà e tre quarti dei suoi soldi, pur di darmi una base economica stabile con cui ripartire. Si era assicurato in ogni modo che nessuno venisse a sapere della cosa, perché se così fosse stato, le condanne che ricevevo dal mondo sarebbero solo aumentate.
Sospettavo persino avesse stretto qualche accordo con la polizia federale per riuscirci, visto che, poco dopo, nuove informazioni erano state rilasciate al pubblico in merito ad altri suoi crimini.
Era così che ero finita per diventare ricca come Dorian tanto declamava, ereditando praticamente quasi l'intero patrimonio della famiglia Reid.
I suoi comportamenti così costantemente contraddittori mi consumavano sempre più nei dubbi. Faticavo davvero a capirlo, e adesso comprendevo che lui stesso faticava a capirsi. In certe occasioni, mi domandavo se anche la sua volontà di convincermi a recidere il nostro rapporto fosse stata un'altra recitazione, l'ennesimo inganno per ottenere qualcosa che mi era ignoto, mascherato dalla finta preoccupazione di un padre che voleva solo prendersi cura della figlia.
La prima volta che lo ero andata a trovare era rimasto sconvolto. Mai l'avevo visto così sbigottito da che lo conoscevo, sembrava quasi... adirato. Ma di nuovo, non avrei proprio saputo dire se stava fingendo o meno, se stesse "imitando" gli altri come tanto affermava era bravo a fare, su insegnamento della madre.
Vattene via da qua, Agatha, vattene via da me. Non merito neanche un secondo del tuo tempo, un secondo della tua vita, lo sai meglio di me.
Ma io non ci ero riuscita.
E così, alla fine, si era arreso, forse aveva compreso che non ero proprio in grado di tranciare quel legame, forse aveva compreso che non ero capace di lasciarlo andare, di gettarmi alle spalle tutto quanto e iniziare una vita nuova in un posto sconosciuto, totalmente in solitudine, senza più alcuna figura a sostenermi.
Anche se quella figura era proprio lui.
Una parte di me era felice di avere una scusa buona per non andarlo a trovare, non me la sentivo ancora di riprendere il discorso che avevamo avuto la scorsa settimana, e quindici minuti di tempo, per chiamata, non sarebbero mai bastati per riproporlo; un'altra, invece, smaniava per fregarmene della mia salute come al solito, prendere la macchina e andare dritta in carcere, martedì mattina, solo per poterci capire di più, per poter risolvere quei mille misteri che circondavano lui, lei e la mia esistenza.
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Ignobili affetti
Chick-LitAgatha e Lawrence sono figlia e padre e il loro era un amore talmente profondo da non lasciarsi fermare nemmeno dal grande ostacolo che li separava: i loro rispettivi segreti. Insieme, infatti, avevano riscoperto l'incanto e la meraviglia dell'affet...