Testa di coccio

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Su una cosa non avevo mentito a Dante: non ero una che si ammalava facilmente. Da questo punto di vista, prima che il mio mondo crollasse e quella strana febbre psicosomatica iniziasse a presentarsi di tanto in tanto, ero stata molto fortunata. Le uniche eccezioni si erano verificate quando da bambina mi ero beccata l'influenza e tre mesi prima della scomparsa di Betsy, quando, a scuola di cucina, i sintomi di un'appendicite in corso erano scoppiati tutti insieme, al punto da provocarmi un dolore così acuto da farmi svenire sul colpo e portarmi d'urgenza in ospedale, dov'ero stata operata in fretta e furia.

Perciò, non ero granché abituata ad avere qualcuno che mi assisteva mentre ero in fase di convalescenza, specialmente qualcuno che non fosse papà, e quel qualcuno, adesso, purtroppo per me, non era un semplice infermiere, era proprio Dante, lo stesso ragazzo con cui faticavo ancora a rapportarmi, per quanto il disagio che provavo in sua presenza fosse drasticamente diminuito rispetto ai nostri primi incontri.

Ed era terribilmente imperioso per quanto riguardava situazioni simili. Mi costrinse a chiamare il medico così che venisse a visitarmi a casa, solo per assicurarsi che la febbre fosse davvero dovuta allo stress, e quando il dottore, giunto lì un'ora dopo, confermò tale cosa, in quanto non presentavo alcun tipo di problema o sintomo che rivelasse una causa diversa, quasi ebbi voglia di buttarmi sul serio dalla finestra per la vergogna di essere in modo ufficioso considerata così messa male da beccarmi la febbre per un motivo del genere.

La febbre scese ben sotto i 38 gradi, con sollievo di entrambi, specialmente il mio, che continuavo a sperare lui se ne andasse di casa, ora che si era assicurato che ero viva e più o meno vegeta, ma sempre purtroppo per me così non fu.

Mi costrinse a bere per reidratarmi il più possibile, di mandar giù qualche boccone di pasta in bianco, come specificato dal dottore, e solo una volta che smisi di essere pallida come un cadavere mi permise di andare a fare la doccia.

Il che era ancora più imbarazzante, perché nemmeno così se ne andò. Non voleva correre il rischio che perdessi i sensi mentre mi lavavo, e per quanto detestassi ammetterlo, il suo era un timore più che comprensibile.

Fare la doccia, consapevole della presenza di quel ragazzo nel mio appartamento, era un altro tremendo pugno allo stomaco. Non mi era mai capitato prima d'ora, l'unico uomo con cui avevo mai convissuto in qualche modo era proprio papà e alle gite scolastiche avevo sempre condiviso la stanza con Betsy o comunque altre ragazze. Il pensiero di essere nuda in presenza di un uomo, separata da lui solo dalle pareti del bagno e quelle delle vetrate della doccia, mi induceva a sperare in un'apocalisse improvvisa.

Quando entrai in bagno, neanche osai guardarmi allo specchio, non avevo il coraggio di guardare le condizioni pietose in cui mi trovavo, specie dopo essermi ricordata di indossare ancora il pigiama. Un'altra cosa che mai mi era mai successa: esser vista in pigiama da un uomo. Le sole eccezioni erano state, in tali casi, sempre papà e al massimo Lucas, quando rimanevo a dormire da Betsy, che però erano appunto due figure mature e ben diverse da Dante, non certo mie coetanee.

Sotto la doccia, mi lavai ossessivamente i capelli, strofinai con forza sulla pelle su cui si era asciugato il sudore, scartavetrandone la patina addensata, e quando ne uscii, in una nuvola di vapore, mi resi conto dell'imbarazzo in cui mi sarei ritrovata davanti a Dante, una volta fuori dal bagno.

Feci di tutto per asciugarmi il più lentamente possibile, così da rimandare il rincontro con lui ancora nel mio appartamento, la mia chioma gigante e riccia fu un'ottima scusa per non farlo insospettire. Poco se ne poteva intendere di capelli, ma si capiva ad occhio nudo che i miei erano davvero tantissimi e soprattutto impegnativi sia da pettinare che da asciugare.

Finito il compito, mi vestii, indossai la felpa più larga che avevo trovato per nascondere ancora di più il mio corpo, rossa e dentro cui navigavo, e un paio di pantaloni neri.

Ignobili affettiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora