Quando mi svegliai erano circa le 7:00 di mattina, o almeno così diceva l'orologio sul mio comodino. Mi stiracchiai leggermente e mi stropicciai gli occhi.
"Dai Michael, oggi è un giorno nuovo... E poi vuol dire che sei un giorno più vicino a sapere se sarai ammesso o meno nel corpo di ballo della Royal. Quindi fatti forza e alzati" mi dissi.
Cercai di mettermi seduto al centro del letto, ma con risultati a dir poco pietosi. Non potevo credere di avere troppo sonno anche solo per mettermi a sedere. Stavo male sul serio, i muscoli erano come di burro sotto la pelle... mi sentivo... debole. Infatti mi domandai se non fosse il caso di prendere un'aspirina.
Già, avrei dovuto prendere un'aspirina e magari anche un bel bicchiere di latte caldo. Si, avrei fatto così.
Con un enorme sforzo di volontà, riuscii ad alzarmi dal letto. Infilai le pantofole e mi alzai in piedi.
Mi stiracchiai ancora per sciogliere i muscoli.
Mossi un passo verso il corridoio. Poi un altro... finché non arrivai alle scale.
Prima di scendere in cucina, però, non potei fare a meno di guardare il ritratto di mia nonna. Volevo così tanto che fosse fiera di me... Anche se, tecnicamente, lei non era più qui fisicamente, sapevo che mi avrebbe guardato da lassù. Lo aveva sempre fatto. Mi aveva sempre protetto.
Scesi le scale, assorto nei miei pensieri. Arrivai in cucina, trovando mia mamma che, come al solito, era già in piedi.
Stava lavorando ai fornelli, evidentemente aveva iniziato a preparare il pranzo, come faceva quando era di fretta.
Mamma: "Ciao, Michael, dormito bene, tesoro? " Chiese quando entrai.
Io annuii distrattamente. Avevo talmente tanto sonno che mi sarei addormentato in piedi, lì, nella cucina, di fronte a mia mamma... ma una causa di forza maggiore me lo impediva. Cos'era? Una parola: scuola.
Andai verso il frigo e lo aprii. Presi una bottiglia di latte e versi un po' del liquido bianco in un bricchetto. Lo poggiai sul fuoco e aspettai che si riscaldasse.
Michael: "Mamma? Dove sono i biscotti?" Chiesi mentre aprivo a casaccio tutte le porte e i cassetti del mobile.
Mamma: "Ultima porta a destra quelli al cioccolato, seconda in basso quelli alla cannella" rispose.
Mmm... adesso ero davanti a una grande scelta: volevo mangiare dei biscotti al cioccolato? O preferivo quelli alla cannella? Dilemma.
Alla fine decisi di mangiarne uno al cioccolato e due alla cannella. Li presi dai rispettivi scaffali e chiusi di nuovo le porte. Appoggiati i biscotti in un piatto, andai a prendere il latte, che nel frattempo si era riscaldato.
Lo versai in un bicchiere e presi una cannuccia rossa. Le infilai dentro il bicchiere e me la portai alle labbra.
Iniziai a sorseggiare il liquido caldo, che mi donò immediatamente una piacevole sensazione di tepore.
Sorrisi.
Mamma: "Michael? Sai, quando sorridi... mi ricordi tanto..." iniziò.
Michael: "...un bambino, si lo so" dissi, sorridendo ancora.
Mamma: "Tuo padre" completò "quando lo conobbi... Ecco lui sorrideva sempre... e... tu gli assomigli tanto, Michael" disse.
Le ricordavo mio padre? Quando sorridevo? Ma che stiamo scherzando? Mi risultava difficile immaginare mio padre... sorridere... ma anche solo figurarmelo con un'espressione felice sul volto... Cioè, lui era così... austero, ecco.
Mi concentrai sul bicchiere che avevo in mano, continuando a bere dalla cannuccia... e mi accorsi di star ingoiando aria. Il latte era finito.
Posai il bicchiere nella vasca e presi il piatto coi biscotti. Iniziai a sgranocchiare quello al cioccolato, per poi passare a quelli alla cannella. Oddio, quanto amavo quei biscotti!
Mamma: "Michael? Senti, oggi verranno a pranzo degli amici di tuo padre... e, se non è un problema per te, ti vorrei chiedere di rimanere a mangiare fuori, che ne dici?" Chiese.
Era la prima volta che mi rivolgeva la parola dopo il discorso su mio padre. Era una nota dolente, per me, quando parlavo del mio genitore. Il punto, era che, tra me e mio padre, si era creata una forte tensione quando gli avevo detto di essere omosessuale. E, anche se poi lo aveva accettato, i nostri rapporti non erano più tornati come prima. E, anche se potrebbe sembrare strano, io... ecco, volevo bene a mio padre, anche se, all'inizio, mi aveva trattato come se non fossi più figlio suo. Ma parliamo di nove anni fa, potevo considerare questa storia acqua passata, sperando vivamente che anche mio padre facesse la stessa cosa.
Michael: "Okay, mamma, resterò a pranzo fuori... ora vado a farmi una doccia, tra un'oretta devo essere a scuola" dissi accennando un sorriso.
Lei sorrise a sua volta, poi annuì.
Posai il piatto nella lavastoviglie e feci per andare di sopra... ma la voce di mia mamma mi trattenne.
Mamma: "Michael? Non essere troppo duro con tuo padre... Lui... è rimasto solo un po'... stranito quando tu gli dicesti di essere omosessuale... ma lui ti vuole bene, credimi" disse.
Io annuii senza troppa convinzione, poi imboccai le scale e salii in fretta. Volevo evitare di toccare di nuovo l'argomento "lo so che papà vorrebbe un figlio etero, ma deve accettarmi come sono".
Tornai in camera mia e presi dei boxer, un jeans nero, una maglia bianca con un teschietto nero e una felpa rossa.
Andai in bagno, chiusi la porta e mi infilai nella doccia.
Quasi senza accorgermene, iniziai a canticchiare sotto l'acqua.
Michael: "Don't stop me now I'm having such a good time I'm having a ball don't stop me now If you wanna have a good time just give me a call Don't stop me now ('cause I'm having a good time) Don't stop me now (yes I'm having a good time) I don't want to stop at all" intonai.
Era "Don't stop me now" dei Queen, il mio gruppo musicale prederito. Era un'altra mia passione, la musica.
Mi piaceva ascoltarla, ma anche cantare mi riusciva più o meno bene, anche se il mio vero talento era la danza.
Uscii da sotto la doccia di mala voglia, mi infilai l'accappatoio e mi asciugai per bene.
Infilai boxer e pantaloni, poi iniziai ad asciugarmi i capelli. Dato che avevo usato il diffusore, i capelli mi ricadevano in morbidi riccioli fino a metà collo. Mi piaceva avere sempre i capelli lavati di fresco.
Posai l'asciugacapelli e mi infilai la maglietta, sopra la quale indossai la felpa, che lasciai aperta per metà.
Uscii dal bagno e tornai in camera, dove misi i calzini e le converse.
Scesi nuovamente al pino di sotto portando con me lo zaino, salutai mia madre, che mi diede venti sterline per il pranzo, e uscii.
L'aria di Londra, quella mattina, era più fredda del solito, infatti valutai l'idea di prendere anche un cappotto.
Decisi di non perdere tempo e mi avviai alla metro, erano le 8:01, dovevo fare presto.
Percorsi il solito noioso itinerario, poi, arrivato a Kensington, mi avviai verso la scuola.
Mentre attraversavo il cortile della scuola, girai la testa e destra e sinistra, guardingo.
Avevo paura che Dominik volesse fare come il giorno prima, se non peggio, ma non lo vedevo da nessuna parte.
"Strano, perché oggi Dominik non viene a infastidirmi?" Pensai.
Poi feci spallucce, era meglio così.
Andai a mettermi vicino al pino, posando lo zainetto dietro di me, in modo che nessuno potesse toccarlo.
Mi appoggiai al tronco e aspettai che la campanella suonasse.
Non avevo molta voglia di entrare, ma mi ero ripromesso che quell'anno avrei preso il diploma, rendendo i miei genitori fieri di me. Perché sapevo che, per quanto dicessero di essere fieri di ma anche se avevo successo solo nella danza, sapevo che una parte di loro avrebbe desiderato che finissi il liceo senza farmi bocciare per la quarta volta.
Poi la campanella suonò, distogliendomi dai miei pensieri.
Aspettai che la maggior parte degli studenti sciamasse dentro la scuola, poi entrai a mia volta.
Salii le due rampe di scale che portavano al primo piano.
Alla prima ora avevo lezione di musica, poi matematica, lettere, ceramica e disegno.
L'aula di musica era le 12° sulla sinistra. Entrai assieme ad altri studenti, andai a sedermi al mio banco e aspettai l'arrivo di Mr Newman.
Quando il professore arrivò, notai che aveva un'aria stranamente allegra. Non che Mr Newman non fosse un tipo allegro, ma in genere manteneva sempre una calma esagerata, spezzata qua e là da qualche sorriso.
Mr Newman: "Salve ragazzi" ci salutò con un sorriso.
Classe: "Salve Mr Newman" dicemmo in coro.
Mr Newman: "Bene ragazzi, dato che tra poco meno di un mese prenderete le vacanze di Natale, ho deciso che venerdì prossimo faremo il test di musica, precisamente sulla musica Classica" disse.
Un coro di disapprovazione si levò da tutti gli studenti. Mi correggo, da quasi tutti gli studenti. Io rimasi zitto. Non mi interessava più di tanto imprecare, tanto il test lo avrei dovuto fare lo stesso.
Mr Newman: "Ragazzi silenzio! Ordine!" Disse il professore.
Tutti tacquero. Nell'aula regnava il silenzio più totale, adesso, tanto che se fosse caduto uno spillo se ne sarebbe sentita l'eco.
Quando tutto si fu placato, Mr Newman riprese a parlare.
Mr Newman: "Prendete i libri, faremo un breve ripasso" disse sedendosi dietro la cattedra.
Mr Newman: "Allora, chi di voi sa dirmi perchè il periodo alla fine del 1700 si chiama Classicismo?" Chiese il professore incrociando le braccia.
Alzai timidamente la mano.
Mr Newman: "Sì, Michael?"
Michael: "Il periodo alla fine del 1700 prende il nome di classicismo perchè c'è una riscoperta delle opere e degli artisti classici" dissi.
Mr Newman: "Bravo. Esatto" disse accennando un sorriso.
Io ricambiai con un sorriso timido, toccandomi i capelli, chiaramente in imbarazzo.
Mr Newman annuì nuovamente, poi prese a fare altre domande.
Quando la campanella suonò mi alzai di mala voglia. Le lezioni di musica erano, assieme a quelle di disegno e ceramica, quelle che mi prendevano di più, perchè la maggior parte delle volte non usavano libri o prendevamo appunti. E per me era una liberazione.
Adesso avevo lezione di matematica. Mr Parker non era un tipo paziente, doveva fare presto, altrimenti sarebbe stato capace di mettermi l'ennesima nota. Si, Mr Parker aveva sempre una buona ragione per far fioccare note e tutta forza. E, guarda caso, io ero uno dei suoi obbiettivi preferiti.
Basti pensare che una volta mi aveva messo un accompagnamento perchè avevo sbadigliato.
Arrivai in classe con un minuto di anticipo, così Mr Parker si limitò a rivolgermi un'occhiata di superiorità e mi lasciò andare a posto senza commentare.
Mi sedetti e aspettai che arrivassero i miei compagni di corso.
Quando fummo tutti presenti, Mr Parker parlò del compito.
Mr Parker: "Allora, oggi ripeteremo le equazioni frazionarie. Seguite con attenzione" disse osservandoci uno a uno.
Quando il suo sguardo si posò su di me, cercai di sostenerlo.
Purtroppo non ci riuscii. Abbassai gli occhi e mi concentrai sull'abbigliamento del professore: cardigan rosso e pantaloni neri.
Il professore annuì, poi andò verso la lavagna e iniziò a scrivere delle equazioni.
Quando ebbe finito mi chiamò.
Mr Parker: "Penniman? Per favore, vieni un attimo fuori con me" disse.
Mi si gelò il sangue nelle vene quando sentii il mio nome.
Mi alzai. Avevo i muscoli tesissimi, tanto da sembrare un automa mentre mi avviavo verso la porta. I miei compagni mi guardavano con occhi fuori dalle orbite. Poi capii. Avevano paura per quello che sarebbe potuto succedere, dato che in genere Mr Parker si limitava a mettere un richiamo scritto. Non portava mai nessuno fuori dall'aula, a meno che non fosse successo qualcosa di molto grave.
Anche se ignoravo il motivo della rabbia di Mr Parker ero comunque preoccupato. Sapevo di cosa era capace quell'uomo.
Basti pensare a quella volta quando, in terzo liceo, Franklin Jonas aveva fatto cadere una penna durante il compito in classe. Mr Parker credeva che volesse passare un bigliettino, così lo sospese per un mese intero. E da quel giorno tutti cominciammo ad avere paura di lui.
Uscii dalla porta, cercando di non dare a vedere quanto ero nervoso per quel repentino cambiamento d'umore.
Mr Parker mi seguì, chiudendo la porta alle nostre spalle.
Mr Parker: "Allora Michael. Arriverò subito ad dunque, tranquillo" iniziò.
"Come cazzo faccio a stare tranquillo se mi guardi con quegli occhi del tipo *adessotisucchiolanima*?" Pensai tra me.
Poi annuii.
Mr Parker: "Michael, sappiamo entrambi che tu hai... dei problemi ecco" disse "Ed io so anche che non vuoi essere bocciato di nuovo, vero?" Chiese.
Io annuii di nuovo.
Mr Parker: "Bene. Allora ascoltami con attenzione, giovanotto" iniziò "Se vuoi passare l'anno devi studiare. Molto. Sappi che ho intenzione di promuoverti perchè vedo che ti stai impegnando. Non mi deludere, o passerai un altro anno qui dentro. Sono stati chiaro?" Disse.
Io annuii.
Mr Parker mi guardò un altro secondo, ma tanto bastò per farmi saltate dieci battiti.
Poi aprì la porta e mi fece cenno di entrare. Io seguii il suo ordine.
Andai a sedermi al mio posto, cercando di ignorare gli sguardi dei miei compagni. Mi sentivo a disagio. E molto.
Una volta seduto, cercai di non pensare alle parole di Mr Parker, ma con scarso successo.
La sua voce imperiosa continuava a rimbombarmi nella testa. "Impegnati e forse ti promuoverò... altrimenti resterai qui dentro un altro anno".
Poi la campanella suonò, distogliendomi dai miei pensieri.
Mi alzai e raccolsi le mie cose in tutta fretta.
Stavo per uscire dalla classe, ma la voce di Mr Parker mi trattenne.
Mr Parker: "Michael? Ricordati quello che ti ho detto" disse calmo.
Io annuii, poi mi allontanai in tutta fretta, sentendo il suo sguardo freddo addosso.
Entrai nell'aula di lettere. Mrs Jonahasson ci stava aspettando. Era una donna alta e snella. Aveva dei lunghi capelli rosso tiziano che le ricadevano sulle spalle. Indossava un jeans nero e una camicia bianca attillata.
Era una bella donna, infatti ero più che sicuro che molti dei miei compagni avessero fatto pensieri sconci su di lei. Io non lo avevo mai fatto, ma era ovvio, dato che ero gay.
Michael: "Giorno, Mrs Jonahasson" dissi appena entrato.
Mrs Jonahasson: "Ciao a te, Michael" ripose con un sorriso.
Mi andai a sedere e, pochi secondi dopo, la lezione iniziò... e finì prima che me ne rendessi conto.
Quando la campanella mi sorprese a pensare, mi sembrava che fossero passati solo pochi minuti.
Mi alzai e presi lo zainetto. Feci per andare, ma Mrs Jonahasson mi chiamò.
Mrs Jonahasson: "Michael?"
Michael: "Sì, professoressa?" Chiesi bloccandomi sulla porta.
Mrs Jonahasson: "Oggi hai avuto uno sguardo preoccupato per tutta la durata della lezione... che succede?" Chiese.
Michael: "Err... nulla, stia tranquilla professoressa, sto... sto bene" mentii.
Mrs Jonahasson: "Michael... Con me puoi parlare, lo sai, vero?" -Chiese.
Io annuii.
Michael: "In effetti una cosa c'è..." Iniziai.
Lei annuì, spronandomi ad andare avanti.
Michael: "Ecco... stamattina Mr Parker... mi ha... come dire... messo all'erta... su... un paio di cose riguardo la promozione" balbettai.
Mrs Jonahasson: "E...?" Chiese.
Allora vuotai completamente il sacco, raccontandole per filo e per segno tutto quello che era successo tra me e Mr Parker quella mattina.
Quando ebbi finito, la professoressa annuì.
Mrs Jonahasson: "Parlerò io con Paul, Michael. Anche io voglio farti passare l'anno. So quanto ci tieni. E poi, nella mia materia, stai migliorando" disse con un sorriso.
Io ricambiai.
Michael: "Ehm... Grazie di tutto, dico sul serio" balbettai.
Mrs Jonahasson: "Grazie a te di avermi detto la verità. Sei stato coraggioso" disse.
Io sorrisi, poi la salutai con un cenno del capo e mi diressi all'aula di ceramica.
La professoressa di ceramica, Mrs Harris, era una donna sulla cinquantina, che aveva sempre un sorriso gioviale. Sembrava molto più giovane perché era abbastanza magra e vestiva sempre con una certa classe. Ad esempio, quel giorno indossava un maglione blu notte con dei pantaloni bianchi sotto.
E poi era molto simpatica. Era una di quelle professoresse che aiutano gli studenti in difficoltà, senza mai spazientirsi. La ammirava molto, per questo.
Michael: "Buon giorno, professoressa" la salutai.
Mrs Harris: "Ciao, Michael" disse "ho guardato i vasi che avete realizzato la settimana scorsa. Il tuo è venuto bene, complimenti. Oggi lo dipingerai, ti va?" Chiese.
Michael: "Sì, sono felice che le sia piaciuto, Mrs Harris" dissi.
Lei annuì e io andai alla mia postazione.
Si, postazione. Nell'aula di ceramica, come in quella di chimica, ognuno di noi aveva una piccola postazione con tutti gli attrezzi necessari.
Arrivato al mio posto, vidi il vaso che avevo modellato tempo prima. Era uno di quelli a collo lungo, con due manici sottili.
In un solo istante, mi vennero in mente più di dieci fantasie con cui dipingerlo. Andava bene rame e oro? O era meglio blu e nero? O forse, ancora, panna e arancione?
Stavo impazzendo solo per decidere quale colore usare, come avrei fatto a dipingerlo, di questo passo?
Alle fine, optai per dipingerlo di un azzurro polvere chiarissimo, sopra il quale avrei disegnato qualcosa, non sapevo ancora bene cosa, in una tinta blu notte.
Mi misi subito al lavoro, cercando un colore che mi soddisfacesse. Alla fine trovai un unico barattolo di azzurro, ma era troppo scuro, quindi dovetti diluirlo con del bianco, per ottenere il colore desiderato.
Quando finalmente il colore diventò della gradazione che mi serviva, iniziai a dipingere.
Per prima cosa, passai uno strato di fondo non troppo preciso. Poi, lentamente, iniziai a ripassare tutta la superficie col pennello, avendo cura di non lasciare strisciante.
Quando finii, guardai il lavoro. Si, stava venendo bene.
Anche se avrei dovuto aspettare la prossima lezione per finire, mi sembrava che, come inizio, promettesse bene.
Guardai l'orologio digitale che avevo al polso. Erano le 12:27. Tra circa tre minuti sarei dovuto andare al lezione di disegno.
Aspettai, controllando che la prima mano di vernice che avevo steso sul vaso fosse perfetta. Bhe, perfetta è una parola grossa, anche perché la perfezione non esiste, e perché, se anche esistesse, sarebbe una cosa puramente soggettiva.
La campanella suonò.
Mi avviai verso l'uscita, salutando Mrs Harris, che ricambiò con un sorriso dolce.
Entrai nell'aula di disegno. Mr Anderson ci stava aspettando sulla porta.
Quando fummo tutti presenti, Mr Anderson diede un annuncio.
Mr Anderson: "Allora, cari ragazzi" iniziò "ho intenzione di indire un concorso di disegno. Dovrete disegnare qualunque cosa riteniate opportuna e consegnarla a me entro due settimane a partire da ora. Chi non rispetterà i termini sarà squalificato. La partecipazione non è obbligatoria, ma mi farebbe molto piacere se almeno cinque di voi si iscrivessero... allora, volontari?" Chiese.
Michael: "Io voglio partecipare" dissi timidamente.
Mr Anderson: "Okay, Michael Penniman è il primo partecipante. Qualcun altro?" Chiese.
Un paio di ragazze, tra cui Lyn, alzarono le mani. Mr Anderson segnò i loro nomi su un foglio assieme al mio.
Mr Anderson: "Nessun altro?" Chiese.
Vedendo che nessuno accennava a rispondere, Mr Anderson parlò di nuovo
Mr Anderson: "D'accordo, allora voi tre uscite e andate a scegliere che tema avrà ognuno di voi tra quelli scritti su questo foglio" disse.
Io, Lyn e Welly, si chiama così l'altra ragazza, uscimmo dalla classe prendendo il foglio che Mr Anderson ci porgeva.
Una volta in corridoio, iniziammo a parlare.
Lyn: "Allora, i temi sono: a) natura morta in stile caravaggesco; b) quadro in stile impressionista, con soggetto a scelta e rivisitazione dei colori. Non si accettando riproduzioni di quadri; c) dipinto astratto in stile giapponese" lesse.
Michael: "Okay... voi quale volete?" Chiesi.
Welly: "Io... se per voi non è un problema... vorrei la natura morta" disse arrossendo un po'.
Io e Lyn annuimmo.
Lyn: "Michael... posso prendere il quadro astratto?" Chiese.
Michael: "Sì, certo" risposi.
Lyn: "Welly? Puoi lasciarci un attimo soli,per favore?" Chiese all'amica.
Lei annuì e se andò con la chioma bionda che ondeggiava a ogni passo.
Io e Lyn restammo da soli.
Michael: "Che volevi dirmi, Lyn?" Chiesi alla mora.
Lyn: "Michael... ecco... ti volevo dire che... mi dispiace se a volte faccio la stronza... e tu sei così gentile con me... scusami tanto... non voglio che mi perdoni, mi sono comportata una merda con te in questi quattro anni... ma volevo dirti che... che... mi dispiace... tanto... e che... proverò a migliorare il mio modo di fare..." disse.
Poi scoppiò a piangere.
Io le misi una mano sulla spalla.
Michael: "Lyn... ti perdono, tranquilla. Però non piangere..." dissi.
Lei si passò una mano sugli occhi.
Lyn: "Mi dispiace... ecco... io ieri... ho saputo delle cose su di te... che prima ignoravo... Cioè, sapevo che fossi dislessico, ma... Credevo che il fatto della danza e dell'omosessualità fossero dicerie di corridoio..." disse di nuovo.
Michael: "No, è tutto vero" disse sorridendo.
Lyn mi abbracciò e mi diede un bacio su una guancia.
Lyn: "Se... hai bisogno di qualcosa... contattami su Facebook. È il minimo che possa fare dopo come ti ho trattato" disse.
Io annuii, la abbracciai e poi tornammo in classe.
Quando entrammo Mr Anderson annuì all'indirizzo di Lyn. E allora capii.
Mr Anderson le aveva raccontato dei miei problemi. E Lyn... aveva capito un po' di cose su di me. Ora era tutto più chiaro. Il concorso era solo una una montatura che Mr Anderson aveva usato per fare in modo che quelli che mi prendevano in giro si scusassero.
Sorrisi al professore, per fargli capire che avevo capito cosa aveva fatto.
Lui ricambiò, poi andai a sedermi a posto e iniziammo la lezione.
Pensai a quello che mi aveva detto Lyn in corridoio... Era stata... tenera quando mi aveva dato quel bacio sulla guancia. Ed era stata gentile a scusarsi. Certo, la aveva fatto dopo quattro anni, ma lo aveva fatto. E questo mi bastava.
Quando la campanella suonò e tutti gli studenti uscirono fuori... eccetto me e Lyn. Mr Anderson ci trattenne con sé, aspettando che gli altri se ne andassero.
Mr Anderson: "Avete fatto pace?" Chiese quando fummo rimasti soli.
Noi annuimmo.
Mr Anderson: "Perfetto. Ora andate, buona giornata ragazzi. In bocca al lupo per il concorso" disse.
Noi lo salutammo e poi uscimmo.
Lyn: "Io devo andare in aula di chimica. Tu vai pure. Ci vediamo domani" disse prima di avviarsi verso la classe di chimica.
Io andai verso le scale e scesi le due rampe.
Uscii nel cortile e lo attraversai. Era vuoto, tutti gli studenti se ne erano già andati.
Stavo per arrivare alla metro quando qualcuno mi afferrò, trascindandomi in un vicolo laterale. Io non feci in tempo a reagire e mi ritrovai con la faccia attaccata a un muro.
???: "Hey, Penniman, da quanto" disse una voce.
E allora capii cosa stava per succedere...
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Coming In A Dark World||Mikandy
FanfictionMichael è un ballerino alla "Royal Opera House". Ha 22 anni ed uno spiacevole passato, dal quale fugge attraverso la danza. Si allena strenuamente, dopo la scuola. Ma un giorno, mentre si esercita con gli altri, uno strano tipo si presenta nella s...