Capitolo 29

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Papà: "Io e tua madre dobbiamo parlarti" disse.
Sentii il sangue gelare nelle mie vene ed iniziai a torcermi le mani, nervoso.
Michael: "Cosa... cosa ho fatto stavolta?" Chiesi.
Papà: "Vieni di là e lo scoprirai" disse.
A quelle parole deglutii. Non ero psicologicamente pronto ad affrontare una discussione con i miei genitori. Non in quel momento.
Tuttavia, mi forzai ad annuire.
Papà: "Perfetto. Ti aspettiamo in salotto" disse "E... Michael? Abbiamo un ospite. Comportati bene e non farci urlare" terminò perentorio.
Michael: "Ci proverò" Promisi.
Il mio vecchio annuì, poi si voltò e tornò in salotto.
Quando l'eco delle sue scarpe sul parquet fu solo un indistinto ricordo, iniziai a sbottonare la giacca.
La misi sull'appendiabiti e, con passo incerto, mi diressi verso il salotto.
Prima di entrare nella stanza ebbi un attimo di esitazione.
Cosa sarebbe successo? E chi era l'ospite di cui aveva parlato mio padre?
Scacciai quei pensieri con un gesto spazientito della mano destra.
Presi un respiro profondo e varcai la soglia.
Appena entrato, gettai una rapida occhiata attorno a me... e quale non fu la mia sorpresa quando vidi il Dottor Swift seduto sul divano accanto a mia madre.
Indossava un completo grigio scuro sopra ad una camicia bianca e portava i capelli grigi legati in una corta coda.
I suoi occhi verdi brillavano da dietro gli spessi occhiali neri dalla forma squadrata dandogli, assieme alle spalle larghe ed il viso pulito, un'aria professionale e molto, molto intimidatoria.
Michael: "B-buonasera" balbettai.
Dottor Swift: "Ciao Michael. Da quanto non ci vediamo" disse lo psicologo.
Mamma: "Ciao tesoro. Vieni, siediti accanto a me" disse indicando un punto sul divano con la punta del dito indice.
Feci come diceva, senza però smettere di osservare il Dottor Swift, il quale ricambiava il mio sguardo con fierezza.
Mi sedetti sul divano e accavallai le gambe, a disagio.
Dottor Swift: "Di sicuro di starai chiedendo perché sono qui" disse l'uomo.
Io annuii.
Dottor Swift: "Signori Penniman, potreste uscire?" Chiese in tono neutro.
I miei genitori annuirono, alzandosi dal divano.
Uscirono dal salotto e chiusero la porta, lasciandomi da solo con quell'uomo.
Dottor Swift: "Perfetto. Ora che siamo soli, possiamo parlare" disse incrociando la braccia.
Michael: "Va bene. Sono pronto" dissi.
"Non è per niente vero" Pensai "Ma non posso mostrarmi titubante" mi corressi.
Dottor Swift: "Sarò breve, Michael. Sono qui perché i tuoi genitori hanno avuto premura di chiamarmi per avvisarmi delle tue condizioni, in quanto mio paziente" disse "Hanno chiesto se fosse fattibile incontrarti qui, a casa vostra, per un'altra seduta di psicoterapia. Appena mi è stato possibile, ovvero questa sera, sono venuto di corsa" terminò.
Io annuii distrattamente.
Perché i miei genitori avevano contattato Mr Swift? Avevano forse temuto che avrei ripreso a tagliarmi o che non sarei stato abbastanza cauto nella mia relazione con Andreas? Oppure era semplice voglia di avere un parere da parte di un esperto?
Mille domande mi affollavano la mente.
Mille domande a cui non avevo risposte.
Mille domande che tagliavano come coltelli conficcati nel mio cuore e nella mia mente.
Mille, semplici, terribili, domande.
Sospirai.
Dottor Swift: "Michael, mi stai ascoltando?" Chiese.
Michael: "Oh... ehm... si" balbettai arrossendo.
Dottor Swift: "Molto bene. Se vuoi possiamo iniziare" disse.
Michael: "Va... va bene..." sussurrai.
Io dottore annuì, pensieroso.
Poi allungò la mano oltre il bracciolo del divano, prendendo una valigetta verde pistacchio.
Se la posò in grembo e, dopo averla aperta, ne estrasse una pila di fogli ed una penna.
Ripose la valigetta e, alzandosi dal divano, mi fece cenno di stendermi.
Obbedii.
Nel frattempo, lo psicologo si sedette su una delle poltrone, accavallando le gambe.
Io incrociai le mani all'altezza dello stomaco e chiusi gli occhi per un attimo.
Dottor Swift: "Iniziamo" sentenziò.
Michael: "Come vuole, dottor Swift" dissi io.
Dottor Swift: "Partiamo dal principio. I tuoi genitori mi hanno raccontato che ultimamente sei stato ricoverato in ospedale. Puoi raccontarmi qualcosa in più?" Chiese.
Michael: "Ovviamente. Era una mattina di circa tre settimane fa. Sulla strada per andare alla mia scuola sboccano vari vicoletti. Ad un tratto, da uno di essi, è uscito un ragazzo. Mi ha schiacchiato contro il muro e ha iniziato a riempirmi di calci e pugni, fino a farmi mancare il respiro. Mi ha offeso in modi che neanche può immaginare, sfiorando anche l'argomento della mia sessualità. Poi, dopo aver finito la sua opera, mi ha lasciato sa solo, in mezzo alla neve. Ricordo di essere svenuto e, successivamente, di essermi svegliato in una camera d'ospedale, per poi scoprire che ad avermici condotto era stato un ragazzo che ben conosco" raccontai.
Dottor Swift: "Posso sapere qualcosa di questo ragazzo?" Domandò.
Michael: "Si. Il suo nome è Andreas Dermanis. Ha 25 anni, pochi più di me, e lavora come scrittore di opere di teatro alla Royal Opera House" dissi.
Subito nella mia mente si formò un'immagine del viso del biondo.
Sorrisi.
Dottor Swift: "Stai sorridendo. Perché?" Chiese.
Stavolta, sembrava più curioso che interessato da un punto di vista lavorativo.
Michael: "Bhe... perché... stavo pensando a quel ragazzo" dissi arrossendo.
Lo psicologo sorrise.
Dottor Swift: "Capisco. Ti va di dirmi altro su di lui?" Domandò ancora dopo aver scarabocchiato qualcosa su di un foglio.
Avvampai ancora più violentemente.
Mi vergognavo di parlare di Andreas, perché sapevo che nessuno avrebbe accettato l'amore che provavo per lui.
Tuttavia mi feci forza, annuendo piano.
Michael: "Bhe... ecco..." presi un respiro profondo "Dopo il mio risveglio sono dovuto andare a fare delle tac e delle radiografie. Quando sono tornato in stanza, Andreas mi ha aiutato a mettermi a letto, rimboccandomi le coperte e chiedendo se avessi bisogno di qualcosa. Quella notte, però, ho avuto dei terribili incubi. Mi sono svegliato urlando, spaventato dalle immagini che la mia mente frustrata aveva partorito. Andreas si è steso accanto a me, abbracciandomi e carezzandomi la schiena finché non ho ripreso sonno. La mattina dopo, però, non l'ho trovato accanto a me. Credevo fosse andato via senza nemmeno curarsi di come stessi..." feci una pausa "Poi, però, è ritornato portando con sé dei vestiti puliti ed una crostatina alla crema. La abbiamo mangiata e poi, senza preavviso lui... mi... Lui mi ha..." non terminai la frase.
Dottor Swift: "Ti ha baciato, Michael?" Chiese.
Io annuii, prendendo nuovamente a torcermi le mani.
Dottor Swift: "Ti piacerebbe raccontarmi come è stato?" Domandò.
Michael: "Va bene..." risposi prendendo fiato "È stato bellissimo. Nessuno mi aveva mai fatto sentire a quel modo, prima. Mi sentivo vivo, sereno, amato, felice... e poi tutto è crollato. Mi è stata diagnosticata una coartazione dell'aorta e mi sono dovuto sottoporre ad un intervento, dopo il quale ho litigato con Andreas. Tutto è iniziato come una normalissima discussione, che è però degenerata in una vera e propria lite, alla fine della quale Andreas è andato via sbattendo la porta, lasciandomi da solo in quella stanza d'ospedale" raccontai.
Dottor Swift: "E cosa è successo, dopo?" Incalzò.
Michael: "Dopo credo di essere caduto in depressione, o qualcosa di molto vicino ad essa. Una volta tornato a casa, ho ripreso a tagliarmi, a bere... e poi, una sera, sono uscito di casa. Sono andato il un locale e mi sono ubriacato. Stavo per andare via, ma una donna mi ha bloccato. Era una prostituta. Mi ha condotto in una camera da letto ed ha iniziato a spogliarmi, portando le mie mani sul suo corpo e facendomi toccare il suo seno. Poi abbiamo fatto sesso per quasi due ore, alla fine delle quali l'ho pagata per poi tornare a casa. Una volta arrivato, non ho retto lo stress e la vergogna e ho raccontato tutto ai miei genitori. Volevo essere confortato, o più probabilmente volevo sentirmi dire che non era colpa mia..." dissi soffocando lacrime di vergogna.
Dottor Swift: "Oh... Bhe, penso che questo sia dovuto alla frustrazione sessuale che provavi dopo tutto quello in cui ti sei trovato coinvolto. Nulla di insolito, ho avuto molti pazienti che si sono dati al bere e al sesso occasionale" spiegò.
Io annuii, confortato che non fosse qualcosa che riguardava solo me.
Sorrisi tristemente allo psicologo.
Dottor Swift: "Bene, Michael. Tornando ad Andreas, i tuoi genitori mi hanno detto che ieri notte hai dormito a casa sua" disse.
Michael: "Si..." sussurrai.
Dottor Swift: "So che potrei sembrare inopportuno, ma sono obbligato farti una domanda: sei andato a letto con lui, Michael?" Chiese.
A quelle parole arrossii ancora di più, non perché la domanda mi sembrasse inopportuna, era il mio psicologo dopotutto, ma perché mi tornò alla mente l'immagine di quanto avevamo fatto sotto la doccia.
Sospirai.
Michael: "No, ma stavo per andarci" riposi semplicemente.
L'uomo annuì.
Dottor Swift: "Se non ti dispiace, mi servirebbe sapere qualcosa in più" disse senza staccare gli occhi dal foglio.
Michael: "Eh... io..." balbettai.
Lo psicologo mi guardò attentamente.
Michael: "Abbiamo fatto la doccia insieme" dissi con un sospiro "Ci siamo baciati, toccati, guardati, desiderati. Siamo stati avvinghiati l'uno all'altro tanto che i nostri corpi sembravano essere fusi assieme, creando un'unica entità" Sospirai a quel ricordo "Poi Andreas è uscito dalla doccia, lasciandomi da solo. Ho finito di lavarmi ed ho indossato degli abiti puliti. Sono andato nella stanza di Andreas per vedere cosa stesse facendo, abbiamo infilato la scarpe e siamo usciti di casa. Abbiamo cenato fuori e poi Andreas mi ha riaccompagnato qui" terminai.
Dottor Swift: "Bene" disse annuendo.
Sospirai.
Dottor Swift: "Sono giunto ad una conclusione. Il tuo comportamento nelle ultime tre settimane è stato molto insolito, a quanto ho capito. Penso che in parte sia dovuto a frustrazione sessuale, come ti dicevo prima, ma anche a delusione e dolore. Sei d'accordo con me, Michael?" Chiese.
Io annuii.
Dottor Swift: "Ho deciso di darti degli altri psicofarmaci per calmare i tuoi sbalzi d'umore e comportamento" disse.
Michael: "Ne è sicuro? Magari non ne ho bisogno..." dissi.
Dottor Swift: "Michael, ascoltami per favore" disse in tono dolce "I tuoi genitori ed io siamo preoccupati per te. Non vogliamo ti capiti nulla di pericoloso. Per questo è meglio per te prendere dei farmaci che ti aiutino a placare gli istinti. Inoltre, prima mi hai detto che sei autolesionisa. Questi farmaci ti aiuteranno anche da questo punto di vista. Starai meglio presto, te lo prometto" disse il dottore.
Michael: "Va bene" dissi un po' più convinto di prima.
Dottor Swift: "Bravissimo, Michael" disse con un mezzo sorriso.
Agguantò di nuovo la valigetta e se la rimise in grembo.
Ne estrasse una scatoletta azzurra e me la porse.
Dottor Swift: "Prendine due compresse al giorno per tre settimane" disse "Ti aiuteranno a stare più tranquillo anche quando riprenderai ad andare a scuola" spiegò.
Michael: "Farò come dice. Grazie mille, dottor Swift" dissi.
Dottor Swift: "Chiamami James" disse.
Michael: "Va bene. Allora grazie, James"
Dottor Swift: "È un piacere poterti aiutare, oltre che un mio compito" spiegò.
Io annuii, alzandomi dal divano.
Accompagnai lo psicologo fuori dal salotto e, dopo che ebbe salutato i miei genitori, alla porta.
Lo ringraziai ancora e poi chiusi la porta dietro di lui.
Rimasto solo con i miei, una strana paura si insinuò dentro di me, aumentando ogni secondo.
"Bhe, è stata dura" mi dissi.
Poi mi avviai nuovamente verso il salotto, dove adesso i miei stavano discutendo.
Gettai una rapida occhiata all'orologio. Segnava le 00:40
Mamma: "Tesoro, come è andato l'incontro con lo psicologo?" Chiese con un sorriso.
Michael: "Direi abbastanza bene"
Papà: "Di cosa avete parlato?" Chiese curioso.
Michael: "Di molte cose. Il mio autolesionismo, il mio vizio del bere, il sesso occasionale con quella puttana di cui vi ho parlato... e di Andreas. Mi ha chiesto se fossi stato a letto con lui o come fosse stato il primo bacio che gli ho dato" Spiegai.
Mamma: "Va bene, tesoro" disse lei.
Mio padre si limitò ad annuire.
Papà: "Figliolo, ho anche io una domanda per te" disse.
Michael: "Dimmi tutto, papà" lo spronai.
Papà: "Voglio sapere, in modo sincero, cosa provi nei confronti di quel ragazzo, Andreas" disse.
Trasalii.
Mio padre doveva essere davvero preoccupato per essere arrivato a chiedermi cosa provassi per Andreas.
Michael: "Bhe... amore" risposi.
Papà: "Solo amore?" Incalzò.
Michael: "No, non solo amore" mi arresi "Anche desiderio, attrazione sessuale e mentale" confessai.
Papà: "Capisco. Lascia che ti dica una cosa, Michael. Non mi importa se sei etero o omosessuale. Non mi importa se ami gli uomini o le donne. Mi importa solo che tu stai bene, felice accanto alla persona che ami. Mi interessa solo questo" disse.
Michael: "Papà io..." iniziai.
Papà: "Lo so che sei stupito da questo mio comportamento, ma sappi che io a te tengo tanto. Non posso sopportare di vederti triste" disse alzandosi dal divano.
Venne verso di me, abbracciandomi forte.
Michael: "Grazie papà. Di tutto" dissi appoggiando la testa sulla sua spalla.
Papà: "Per me è un onore ed un piacere poterti aiutare. Voglio solo che tu sia te stesso nel bene e nel male. Voglio solo vederti sorridere, come quando eri piccolo" disse.
A quella parole, calde lacrime di gioia iniziarono a rigarmi il viso, bagnando anche la vestaglia di mio padre.
Il mio genitore iniziò a darmi delle pacche leggere sulla schiena, probabilmente disorientato dal mio comportamento.
Mi strinse un'ultima volta, per poi sciogliere l'abbraccio che ci teneva legati.
Mi diede un buffetto sulla guancia e tornò a sedersi, riprendendo il solito viso di vetro, quello che cela le emozioni e le sensazioni, quello sul quale è raro che si allarghino un sorriso o delle rughe di preoccupazione.
Sospirai, il sorriso che pian piano nasceva sulle mie labbra.
Gettai uno sguardo a mia madre, che aveva portato le mani davanti alla bocca e cercava di trattenere le lacrime.
Probabilmente era rimasta stupita quanto me dal comportamento di mio padre.
Pian piano, l'ombra di un sorriso apparve sul suo viso segnato dall'età e qualche lacrima di felicità le colò dagli occhi.
Poi guardo prima mio padre e successivamente me.
"Le sembra strano. Strano che mio padre abbia esternato delle emozioni. Strano che abbia abbracciato e consolato il figlio che gli ha dato tanti problemi, prima per la dislessia e successivamente per l'orientamento sessuale. Strano che abbia deciso dire quello che prova senza mezzi termini, usando semplici e concise parole. Strano che mia madre trovi questo comportamento strano. Strano e basta" pensai.
Mamma: "Che ne dite di parlare un po'?" Chiese ad un tratto.
Michael: "A me farebbe molto piacere" riposi.
Papà: "Va bene anche per me" disse accavallando le gambe.
Lei annuì al nostro indirizzo, forse ancora più colpita che fossimo d'accordo su qualcosa.
Mamma: "Bene. Prima di tutto, credo che Michael voglia sapere il vero motivo per cui abbiamo chiamato il Dottor Swift, vero tesoro?" Chiese.
Io annuii.
Mamma: "Ecco... io e tuo padre eravamo molto preoccupati per te, come di sicuro lo psicologo ti avrà detto. Dopo quella notte della settimana scorsa, non abbiamo quasi chiuso occhio. Avevamo paura per te, Michael. Avevamo paura che potessi riprovare a... ecco... a..." non terminò la frase.
Michael: "Che potessi provare di nuovo a suicidarmi" completai.
Mia madre annuì, mentre brividi di terrore la percorrevano, facendola rabbrividire.
Michael: "Sta tranquilla, mamma" dissi passandole un braccio attorno alle spalle "È acqua passata, almeno spero" dissi.
Mamma: "Che vuol dire 'almeno spero'?" Chiese spaventata.
Michael: "Mamma, non voglio mentirvi. Sapete che sto attraversando un periodo di estremo stress psico-fisico e che basta poco per farmi arrabbiare o intristire. Sapete che ho problemi a controllare il mio umore. Sapete che spesso sono frustrato. Preferisco sappiate la verità, ovvero che nemmeno io so quali siano le mie reali intenzioni ed il mio reale scopo. Preferisco dirvi le cose per come stanno, piuttosto che farvi credere che vada tutto bene quando non è così" Spiegai.
Mamma: "Michael, ti prego... Promettimi che almeno ci penserai bene" disse "La vita è una sola. Se la sprechi così non ne avrai un'altra. Ovviamente, capisco che è una tua scelta, perché se anche decidessi di toglierti la vita un motivo ci sarebbe. E conoscendoti so che sarebbe valido. Ma ti prego, giura che ci penserai" terminò.
Michael: "Lo prometto" dissi.
Lei sorrise, almeno con la bocca.
Nei suoi occhi, infatti, leggevo una tristezza sincera, una delicata fragilità, come quella di un vaso di porcellana.
Perché alla fine siamo solo questo: porcellana. Fine e delicata porcellana.
È facile ridurci in polvere, perché basta un respiro e tutto si sgretola.
È facile lasciare che le crepe si diramino dentro di noi, distruggendoci lentamente.
È la vita che viviamo ogni giorno, e non sempre è dalla nostra parte.
Ma è la vita, e come aveva detto mia madre non va sprecata.
Papà: "Cara, il ragazzo ha detto una cosa giusta. Sai anche tu che dirci la verità è la cosa migliore che potesse fare" disse interrompendo io flusso dei miei pensieri.
Mamma: "Lo so ma... ma... Michael..." disse tra i singhiozzi.
Michael: "Tranquilla mamma. Shh... non piangere..." dissi stringendola a me.
Lei si lasciò cullare dalle mie braccia, accarezzandomi il viso con la mano destra, mentre con la sinistra mi toccava i capelli.
Michael: "Ti voglio bene, mamma. Farò qualunque cosa per farti stare meglio, anche prendere quegli antidepressivi che il Dottor Swift mi ha prescritto. Tranquilla mamma. Proverò a non deluderti" dissi baciandola sui capelli.
A questa parole, si calmò un poco.
Mi diede una pacca sulla spalla e si staccò da me, sorridendo appena.
Mamma: "Michael... sono quasi le 3:00. Che ne diresti di andare a dormire per qualche ora e poi andare a scuola?" Chiese con tono dolce.
Michael: "Va bene, mamma" dissi "Buonanotte. Ci vediamo tra poco" li salutai.
Poi mi diressi verso le scale.
Le percorsi fino in cima a passo lento, misurato.
Quando giunsi al piano superiore entrai nella mia stanza, mi sfilai le scarpe con un calcio e mi tolsi i vestiti.
Andai in bagno e mi lavai i denti, mettendo gli abiti nel cesto dei panni sporchi.
Poi tornai nella mia stanza e mi infilai nel letto con indosso solo i boxer che mi aveva prestato Andreas.
Mi accoccolai tra le coperte e chiusi gli occhi, scivolando in un sonno profondo.

"Mi trovavo nella camera da letto di Andreas. Ero steso nel letto accanto al biondo, che dormiva profondamente girato di spalle.
Repiravo a fatica ed era come se i miei polmoni fossero pieni di una sostanza vischiosa che mi impediva di prendere aria a sufficienza.
Provai a scuotere Andreas per farlo svegliare, ma il biondo era immobile... e freddo.
Animato da una primordiale paura, feci girare Andreas verso di me... e solo allora notai i profondi solchi che aveva alla base del collo.
Del sangue quasi rappreso colava dai loro bordi in pigri fiotti purpurei, segnando la pelle bianca del biondo.
Solo allora mi resi conto che avevo le zanne completamente fuori e che avevo un retrogusto metallico in bocca.
E allora capii.
Ero stato io..."

Mi rizzai a sedere al centro del letto.
Avevo le guance rigate di lacrime brucianti e gli occhi arrossati. I capelli ricadevano in una massa disordinata ai lati del mio collo.
Ma la cosa più importante, era che avevo le zanne completamente allungate.
Le ritrassi velocemente, per evitare che i miei genitori mi vedessero a quel modo.
Strinsi le ginocchia al petto, provando a smettere di singhiozzare.
Quando ci riuscii, lentamente, girai la testa verso il comodino.
L'orologio segnava le 6:38.
Pian piano, feci scivolare i piedi oltre il bordo del letto.
Mi alzai in piedi e andai verso l'armadio, prendendo dei boxer blu, una camicia bianca ed un jeans scolorito con una striscia di strass verdi in verticale ai lati delle gambe.
Afferrai le converse bianche e mi diressi in bagno.
Feci una doccia veloce e mi lavai i denti con cura.
Indossai i vestiti puliti, allacciai le scarpe e pettinai i riccioli alla bell'e meglio.
Uscii dal bagno e con passo veloce scesi al piano inferiore.
Trovai mio padre e mia madre già vestiti, lui che leggeva il giornale e lei che sorseggiava un caffè nero.
Michael: "Buon giorno" dissi.
Mamma: "Ciao, Michael. Hai dormito bene?" Chiese.
Michael: "Si" mentii.
Mamma: "Vai in cucina, ci sono delle crêpes appena fatte accanto al fornello e una tazza di latte sul tavolo" disse.
Michael: "Scusa mamma, ma non ho fame" dissi.
Dopo quel sogno mi si era chiuso lo stomaco.
Mamma: "Va bene, tranquillo. Buona giornata" disse.
Michael: "Ciao mamma, ciao papà. Buon lavoro" salutai anche io.
Poi mi diressi all'ingresso.
Indossai una giacca dalla fantasia tribale blu, rossa e gialla, presi lo zainetto ed uscii di casa.
L'aria fredda di Londra mi frustò il viso, ricordandomi che quel giorno non sarebbe affatto stato piacevole...








~Spazioautrice~
Hey...
Due parole riguardo il discorso "suicidio".
Se pensate che ciò che la madre di Michael gli dice sia stupido, secondo me sbagliate.
Lei ha deciso di lasciare al figlio il libero arbitrio, nonostante sappia che questo potrebbe farla soffrire molto.
Michael ha 22 anni ed è giusto che faccia della sua vita quanto preferisce.
Quindi vi invito a leggere quel pezzettino con attenzione e senza superficialità.
Ovviamente, le critiche sono sempre ben accette, ma preferirei fossero fatte da persone che hanno compreso ciò che volevo trasmette.
Grazie a tutti per le quasi 7000 visualizzazioni e i più di 700 voti e 500 commenti.
Hearts_Get_Hurts


Coming In A Dark World||MikandyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora