Capitolo 36

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"Bianco.
Tutto intorno a me era di un bianco abbacinante.
Mi sentivo come se fossi sospeso nel vuoto, con i piedi metri e metri sopra il suolo.
Ero coperto da un pantalone nero ed un drappo color porpora, legato attorno alle spalle.
Poi, ad un tratto, una fitta di puro ed autentico dolore mi percorse da capo a piedi.
Mi portai le mani sullo stomaco, dove si stavano aprendo tagli rossi.
Sanguinavano e bruciavano, tanto dolorosi da impedirmi di emettere anche il più piccolo verso di dolore.
Così chiusi gli occhi, mentre un senso di vertigine mi attanagliava lo stomaco.
Mi sentii cadere, e calde lacrime iniziarono a sgorgare dalle mie palpebre chiuse.
Poi sentii delle braccia che mi cingevano da dietro.
Erano sottili, ricoperte da una pelle fredda e bianca come avorio, eppure forti, tanto da arrivare a sorreggermi.
Allora chiusi gli occhi, abbandonandomi a quell'abbraccio spettrale, perdendo i sensi"

Fui scosso da un leggero tremito.
Sentii una mano calda sulla fronte, leggera come una piuma.
Mi accarezzò il viso, scompigliandomi i capelli, appena schiacciati dalla cordicella attorno alla testa che collegava il tubo del respiratore alla mia bocca.
Delle dita sottili salirono ad asciugarmi le lacrime di paura che mi bagnavano il viso.
Avrei voluto aprire gli occhi, vedere la persona che si stava prendendo cura di me.
Ma ero troppo debole, e pian piano mi sentii scivolare di nuovo in quella sorta di trance...

"Ripresi conoscenza al contatto con qualcosa di freddo come ghiaccio.
Sbattei un paio di volte le palpebre per far abituare gli occhi all'oscurità che regnava nella piccola cella dove ero rinchiuso.
Cercai di alzare la testa e muovere le gambe, scoprendo però di essere trattenuto da pesanti catene di bronzo.
Strattonai gli anelli e le manette con tutta la forza che avevo in corpo, riuscendo a stento a sollevare un po' di polvere, uscita dalle crepe tra i mattoni.
Provai e riprovai, senza sosta, finché sui miei polsi non si aprirono piaghe sanguinanti, brucianti contro il ferro.
Chiusi gli occhi e mi appoggiai contro il muro, iniziando a piangere di nuovo.
Poi la porta della stanza si aprì, permettendo ad un raggio di luce di entrare nella cella.
Sbattei gli occhi per abituarmi all'improvviso cambio di luminosità.
Sulla porta comparve una figura alta, femminile.
Tese una mano verso di me, e subito dei tagli sanguinanti iniziarono ad aprirsi sulle mie braccia, infliggendomi un dolore simile a quello della morte.
Chiusi gli occhi, aspettando che da un momento all'altro di me non sarebbe restato altro che un corpo senz'anima..."

Urlai.
Mi agitai nel sonno, nervoso.
Sentii di nuovo quella mano morbida sulla fronte, mentre mi asciugava io sudore gelido dai capelli.
La stessa mano mi accarezzò la guancia destra, fino ad arrivare dietro la mia nuca e sollevarmi la testa con dolcezza.
Avvertii il freddo del vetro di un bicchiere posarsi sulle mie labbra.
Quando questo si inclinò, dell'acqua fresca e benefica mi scese giù per la gola, mentre alcuni rivoletti mi colavano dagli angoli della bocca.
Poi il bicchiere fu allontanato dalle mie labbra.
Mi sembrò di udire un singhiozzo sommesso provenire dalla persona che mi stava accarezzando i capelli.
Mi sembrò che le mia labbra si curvassero leggermente all'insù, ma non ne ero certo, dato lo stato in cui ero.
Così mi tranquillizai e ripresi a sognare.

"Quando il dolore fu passato, alzai lo sguardo verso quella figura che era stata capace di infliggermi tanta sofferenza senza nemmeno sfiorarmi.
Si era avvicinata a me e adesso mi era davanti.
Mi sovrastava di parecchio, ritta e composta com'era, mentre io ero accasciato in una posizione oscena.
Abbassò il viso, in modo che fosse all'altezza del mio.
Era un volto dalla carnagione olivastra.
I suoi due occhi gialli come quelli di un gatto e contornati da folte ciglia viola mi osservavano.
Le labbra, di un colore blu, erano sottili, piegate in una smorfia che divideva il viso a metà.
Spostai lo sguardo sul resto del suo corpo.
Anche i capelli erano viola, come le ciglia, e le ricadevano in onde setose fino in fondo alla schiena.
Il fisico non era eccessivamente snello e molto formoso, femminile.
???: "Ciao, Michael" disse "Io sono Diana, la guardiana della Porta" spiegò.
La sua voce era leggera e leggermente sibilante.
Michael: "Guardiana della Porta?" Chiesi.
Diana: "Si" rispose.
Michael: "Quale Porta?" Domandai.
Lei abbassò la testa, fino a sfiorare il mio orecchio con le labbra.
Diana: "Quella dell'Inferno..." sibilò.
Quando si allontanò da me, però, non era più una donna.
Si era trasformata in un grande falco dal piumaggio viola intenso ed il becco cobalto.
Le zampe erano nere, munite di lunghi artigli. 
Gracchiò, emettendo un suono raggelante.
Mi posò una zampa sul petto, schicciandomi contro il muro.
Mi sembrò quasi di vedere un lampo di accecante malvagità mista a soddisfazione nei suoi occhi da uccello.
Durò solo un attimo, perché dopo arrivò il dolore.
Un artiglio dell'uccello mi aveva segnato il petto, ed il taglio aveva iniziato a sanguinare.
Strinsi i denti, preparandomi all'inevitabile..."

Coming In A Dark World||MikandyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora