Capitolo 11

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"Freddo. Fu questa la prima sensazione che ebbi. Il vento gelido mi accarezzava la pelle del viso, facendomi rabbrividire.
Mi guardai. Indossavo una camicia nera e un pantalone.
Ecco spiegato il motivo dei brividi. Il freddo passava attraverso il sottile tessuto scuro, sfiorandomi la pelle con mani di ghiaccio.
Scossi il capo.
Mi guardai intorno. Nulla.
Ero in una campagna deserta, poco fuori Londra.
I radi alberi dai rami scheletrici ondeggiavano sotto il soffio impietoso del vento gelato.
Girai il capo verso destra.
La campagna si estendeva per almeno tre chilometri in larghezza, almeno il doppio in lunghezza.
Guardai nella direzione opposta.
Circa cinquecento metri più avanti, il prato cedeva spazio a un bosco di sempreverdi, i cui lunghi rami sembravano artigliare il cielo e, con esso, la Luna piena e le rade nuvole.
Mi incamminai in quella direzione, come attratto da quello spettacolo allo stesso tempo suggestivo e inquietante.
A metà strada, uno strano senso di inquietudine mi attanagliò lo stomaco.
Mi fermai per un istante, soppesando le due possibilità di scelta: continuare o fermarmi.
Continuai ad avanzare con passo sicuro.
Ogni istante, il bosco si avvicinava, gli alberi sembravano farsi sempre più minacciosi.
Arrivai al limitare della pianura.
Mi girai un'ultima volta indietro. Potevo ancora cambiare idea...
Scossi la testa e mi addentrai nella foresta.
Ad ogni passo, sentivo sempre più freddo. Ma non mi fermai. Ci voleva ben altro che qualche brivido per farmi desistere.
Continuai a camminare per un tempo indefinito... quindi arrivai in un punto in cui gli alberi si sfittivano.
Spostai lo sguardo sulla scena che mi si Parava dinnanzi... e lo vidi.
Appoggiato con la schiena ad uno degli alberi secolari, una figura mascherata guardava nelle mia direzione.
Michael: "E tu chi sei?" Chiesi quasi più a me stesso che a quella.
???: "Vieni qui" disse.
La sua voce era imperiosa.
Obbedii. O forse, più probabilmente, fu il mio corpo ad obbedire.
Nel giro di pochi istanti, mi ritrovai a pochi passi dalla figura.
Lei mi guardò, il suo viso coperta dalla maschera non tradiva alcuna emozione.
???: "Ti immaginavo diverso" disse "ma troverò modo di rimediare"
Mi posò una mano sulla fronte.
Fui scosso da un violento tremito.
Nel giro di pochi secondi, nella mia mente si fecero largo immagini spaventose.
Sangue. Morte. Distruzione.
Volevo smettere di guardare ma non potevo.
Non potevo fare nulla.
La figura tolse la mano dalla mia fronte.
Caddi a terra e svenni..."
Mi svegliai di soprassalto.
La prima cosa che udii fu un suono strozzato.
Poi capii che il suono veniva da me. Stavo ansimando rumorosamente, come se avessi l'asma.
Feci un respiro profondo, cercando di calmarmi.
Avevo fatto un sogno orribile.
I ricordi erano sfocati, ma ricordavo che, dopo che la figura mascherata mi aveva posato una mano sulla fronte, nelle mia mente aveva preso forma un'immagine terribile.
Era un edificio greco romano. C'era sangue dovunque: muri, pavimento, soffitto... I corpi dei morti. Tutto era coperto di sangue. Tutto era distrutto. E morto. Avevo percepito il tanfo della morte.
Scossi il capo.
"Devo stare calmo. Era... solo un incubo" mi dissi.
E che incubo. Non mi era mai capitato di fare sogni così strano e terrificanti come nell'ultimo periodo.
Decisi di non pensarci. Dopotutto, nell'ultima settimana, le cose strane non smettevano di perseguitarmi.
Sospirai.
Bhe, in realtà, le stranezze erano sempre state con me. Anche quando ero piccolo, avevo la strana sensazione che attorno a me succedesse qualcosa di sospetto.
Avevo deciso di non dare peso a tutti quegli eventi, perché pensavo che, essendo un ragazzino sempre preso di mira dai bulli per il suo modo di vestire e, successivamente, per la propria omosessualità, tutto ciò fosse normale.
Avevo passato i successivi sette anni della mia vita a cercare di ignorare queste sensazioni.
Per un po' c'ero riuscito ma, con l'intensificarsi degli eventi sospetti, ero giunto alla conclusione di dover far luce su quel mistero.
Purtroppo non ci ero riuscito.
Sospirai di nuovo.
Solo allora mi accorsi di essere seduto al centro del letto. E di essere madido di sudore.
"Bene" Pensai sarcastico "Adesso basta un incubo per farmi sudare freddo e togliermi il sonno"
Mi alzai dal letto e mi sfilai la maglietta e i pantaloni sudati.
Andai alla cassettiera ed aprii il terzo cassetto.
Presi un pantalone a quadretti blu, bianchi e neri e una maglietta blu.
Me li infilai.
Tornai a letto.
Mi stesi, abbandonandomi sui cuscini. Tirai le coperte fin sulla vita e chiusi gli occhi, provando a dormire.
Il sonno non si fece attendere molto. Nonostante fossi abbastanza scosso per via dell'incubo, avevo diverse ore di sonno da recuperare.
Sbadigliai, girandomi su un fianco. Posai una mano sotto la testa e mi riaddormentai.
"Era una sera molto calda. Ero seduto a gambe incrociate su un pavimento di mattoni grigi e neri, al centro di un cerchio di candele profumate. Indossavo una maglietta rosso scuro e un jeans.
Mi guardai intorno. Dalle finestre bifore senza vetri si intravedeva il cielo color indaco. Le prime stelle avevano fatto la loro comparsa, ma il firmamento era ancora pressoché vuoto.
Feci vagare lo sguardo per la grande stanza.
Sulla parete destra c'era un grande dipinto raffigurante una battuta di caccia, su quella sinistra un grande arazzo dava bella mostra di sé.
Ad un tratto, un soffio di vento spense una delle candele. Poi un'altra, e un'altra ancora, finché non rimase che una singola candela ad illuminare la stanza.
Fissai la flebile fiammella che continuava la sua danza. Ero estasiato da quello spettacolo, perché il suo movimento sinuoso mi ricordava quello di un ballerino.
Mentre guardavo la piccola luce muoversi, immaginai che, proprio di fronte a me, un ballerino in carne ed ossa avesse cominciato a danzare.
Alzai lo sguardo quel tanto che bastava per scacciare quell'illusione dalla mia mente.
Feci vagare nuovamente lo sguardo sulle pareti della sala. Tutto in quel luogo era estremamente delicato. E silenzioso. Troppo silenzioso.
Guardai fuori dalla finestra. Le foglie dell'olmo davanti ad essa si muovevano... ma io non sentivo alcun fruscio.
Sui rami più alti, uno strano uccello aveva iniziato la sua danza si corteggiamento. Perché non udivo il suo canto?
Perché, in quel luogo, il silenzio era tanto opprimente? Perché mi sentivo come se fossi stato chiuso in una boccia di vetro?
Quasi come una risposta alle mie domande, iniziai a sentire un bisbiglio. In principio era lontano, ma ogni istante aumentava d'intensità... fino a che diventò un grido agghiacciante. Faceva male alle orecchie.
Sembrava che qualcuno stesse urlando con tutta la foga che aveva in corpo. Era un grido di rabbia. Ma anche di paura. E di stupore. Di angoscia. Di strazio.
Mi tappai le orecchie con le mani, ma quel suono continuò ad aleggiarmi attorno.
Ad un tratto cessò.
Poi capii.
Ero stato io a gridare. Avevo urlato quando la spada che avevo piantata nel petto mi aveva trapassato il cuore.
Sentii una strana sensazione di calore. Poi più nulla..."
Mi sveglia di soprassalto per la seconda volta.
A fatica, mi issai a sedere al centro del letto.
Che incubo orrendo, molto peggio del precedente. Cosa mi stava succedendo? Perché non riuscivo a dormire? Perché quegli incubi si facevano sempre più frequenti? Perché?
Scossi leggermente il capo.
Decisi di averne abbastanza e mi diressi alla finestra. Aprii leggermente le imposte, lasciando che il vento freddo della notte mi carezzasse il volto.
Un brivido mi percorse la schiena.
Mi sedetti sul davanzale interno e fissai lo sguardo fuori, verso la cattedrale di St. Paul. Quell'edificio era qualcosa di stupendo o, almeno, io la pensavo così.
Guardai la luna, spostando lo sguardo sulla volta blu che era il cielo. Al centro di esso, una falce di luna brillava come argento fuso.
Rimasi a guardare quello scenario per un tempo indefinito, lasciando che il vento freddo mi accarezzasse tutto il corpo. Che sensazione magnifica. Per la prima volta, quella notte, un senso di quiete mi pervase, almeno in parte.
"Cosa mi sta succedendo? Che ho di sbagliato? Perché, adesso che il mio più grande sogno si sta avverando, qualcosa vuole forzatamente ricordarmi che, alla fine, il mio destino non lo decido io?" Mi chiesi.
Sospirai.
Mi alzai dal davanzale e chiusi le imposte. Adesso la stanza era notevolmente più fresca.
Lentamente, aprii la porta della mia stanza.
Percorsi silenziosamente il lungo corridoio, scesi le scale e mi diressi in cucina. Avevo voglia di prendere un The, forse mi avrebbe aiutato a riacquistare la calma.
Chiusi le porte scorrevoli che separavano la cucina dal salotto. Accesi la luce e la stanza si illuminò.
Strizzai le palpebre un paio di volte, poi i miei occhi si abituarono alla luce.
Mi diressi ai fornelli, prendendo un bricchetto.
Aprii l'acqua e riempii quest'ultimo fino all'orlo. Lo posai sul fuoco e accesi il gas.
Mentre l'acqua si riscaldava, presi dalla credenza un filtro dj The verde, il mio preferito, e una tazza rossa.
Tornai ai fornelli e attesi qualche altro minuto, poi spensi il gas e versai l'acqua, ormai calda, nella tazza.
Lasciai il filtro in infusione per qualche minuto, poi lo sollevai e lo buttai nella spazzatura.
Presi la tazza, tenendola per il manico.
Me la portai alle labbra, prendendo un sorso di The bollente. Questo mi scaldò, scendendo lentamente nel mio petto, fino allo stomaco, cui regalò una fantastica sensazione di benessere.
Continuai a sorseggiare il mio The, cercando di pensare a cose piacevoli, come la danza.
Immaginai di essere al saggio di Natale, si star eseguendo la variazione di Orfeo. Mi muovevo con grazia, i miei piedi quasi non toccavano terra. Sarebbe stato bellissimo poter essere nei panni di Orfeo per il saggio. Bellissimo e impossibile. Perché, tra tutti, proprio io avrei dovuto avere la parte del protagonista? C'erano tanti ballerini, molti dei quali sicuramente più bravi di me. Era un sogno, un'illusione, un'utopia assurda, credere che avrei avuto l'opportunità di interpretare il ruolo principale in un balletto alla Royal Opera House.
Sospirai. Era inutile pensarci.
Sorrisi amaramente, poi mi portai nuovamente la tazza alle labbra. Bevvi un altro sorso di The, appoggiandomi con il bacino al bordo del tavolo.
Feci vagare lo sguardo sul perimetro della stanza.
I mobili di legno scuro erano in netto contrasto con le pareti chiare, assieme alle quali creavano un ipnotico gioco di lui e ombre.
Il grande tavolo di legno era posizionato sul lato destro della stanza, com attorno ben sei sedie.
Presi un altro sorso di The, il quale aveva cominciato a raffreddarsi. Lo finii in due sorsate, poi posai la tazza nella lavastoviglie.
Spensi la luce e aprii le porte della cucina. Poi, in punta di piedi, risaliti le scale e tornai in camera mia.
Chiusi la porta alle mie spalle e mi sedetti sul letto.
Aprii il cassetto del comodino e tirai fuori il sacchetto azzurro polvere in cui era contenuto l'anello di ferro battuto che avevo trovato nel mio zainetto due giorni prima.
Sciolsi il fiocco che lo chiudeva e feci cadere l'anello sul palmo della mano destra. Posai il sacchetto sul comodino e accesi la piccola luce.
Mi infilai l'anello all'anulare e subito la pietra rossa incastonata su di esso mandò un leggero bagliore sulle coperte.
Rimasi a fissare le piccole incisioni su di esso. Erano di una complessità unica.
Non capivo cosa fossero esattamente, ma, a occhio e croce, avrei detto che somigliavano alle antiche rune ritenute magiche o curative o ancora capaci di donare forza o intelligenza senza eguali.
Tutte sciocchezze insomma. Almeno, per me lo erano.
Mi sfilai l'anello e lo riposi nel sacchetto.
Non sapevo per quale motivo lo avessi tirato fuori, forse solo per vederlo di nuovo.
C

Coming In A Dark World||MikandyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora