Capitolo 19

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Andreas: "... per questo motivo le facciamo dono della tenuta da Principe Schiaccianoci, sperando che sia di suo gradimento. Cordiali saluti, Mrs Randall" terminò.
Non potevo crederci. Ero stato scelto per interpretare il ruolo principale al saggio estivo, che si sarebbe tenuto in aprile.
E come se questo non bastasse, avremo anche messo in scena il mio balletto preferito: lo Schiaccianoci, ovviamente nella versione rivisitata da Andreas.
Michael: "Non posso crederci... possibile che, tutto ad un tratto, la fortuna abbia deciso di guardare dalla mia parte?" Chiesi al biondo, che intanto aveva posato la lettera sul comodino.
Andreas: "Farai bene a crederci. Dopo tutto quello che hai passato, è il minimo... Anche se non credo che si tratti solo di 'fortuna'" rispose con un piccolo sorriso pieno di sottintesi.
Michael: "Aspetta, mi stai dicendo che... che... C'è il tuo zampino, vero?" Chiesi curioso.
Lui annuì piano.
Michael: "Io... non so cosa dire... tu hai fatto questo... per me?" Domandai incredulo, strabuzzando gli occhi.
Lui sorrise, prendendomi la mano.
Poi si sporse verso di me, dandomi un fugace bacio sulle labbra.
Michael: "Che dici, apriamo la scatola?" Chiesi.
Lui annuì.
Sempre con le mani che mi tremavano per il misto di gioia ed euforia che riempiva il mio cuore, sollevai il coperchio della scatola, posandolo sul materasso.
Infilai le mani dentro di essa... E tirai fuori un completo bellissimo, con tanto di scarpette.
La casacca era blu scuro, con intarsi argentati sul colletto e sui polsini. Sul davanti, comparivano vari bottoni quadrati, anch'essi argentati.
La calzamaglia, invece, era azzurro polvere, con intarsi di pizzo argento.
Ma la parte migliore erano le scarpette.
Realizzate in pelle blu notte, erano decorate con della passamaneria azzurra come la calzamaglia, mentre la punta e i lati erano dipinti a mano con colori freddi.
Erano davvero stupende.
Andreas: "Ti piace?" Chiese il biondo, il quale era restato a guardare mentre aprivo il pacco.
Michael: "Se mi piace? Lo adoro! È il più bel completo che abbia mai visto!" Asclamai.
Lui sorrise debolmente.
Poi nella stanza scese il silenzio, come se qualcuno avesse aspirato tutti suoni con un grande aspirapolvere, lasciando il mondo privo di quelle migliaia di sfumature sonore.
Michael: "Andreas?" Lo chiamai "Grazie di tutto"
Andreas: "Non ringraziarmi, non c'è ne è bisogno" disse sorridendo.
Michael: "Invece si" ripresi io "Tu hai fatto tutto questo per me... E io per te non ho fatto nulla. Ti ho solo creato problemi. Quindi, se non vuoi accettare i miei ringraziamenti per il regalo, almeno accettabili per quello che riguarda tutto il resto..." dissi d'un fiato.
Andreas scosse piano il capo.
Andreas: "Michael, Michael, Michael... tu hai fatto di tutto, tranne crearmi problemi. E poi, io ti amo. Le tue battaglie sono anche le mie. Fa parte del gioco" disse.
Michael: "Baciami" proposi.
Lui rise.
Poi di avvicinò nuovamente a me.
Mi posò una mano dietro la nuca, mentre l'altra andava a posizionarsi sul mio fianco destro.
Fece sfiorare i nostri nasi, facendoli scontrare impercettibilmente, lasciando che una scia di brividi mi corresse su per la spina dorsale, facendomi venire la pelle d'oca.
Fissai gli occhi nei suoi.
Erano meravigliosi, di un colore tra l'azzurro del cielo e il blu marino dell'oceano.
Mi morsi il labbro.
Andreas: "Non fare così..." sussurrò.
Poi, d'improvviso, fece si che le nostre labbra potessero toccarsi ancora una volta.
Mi baciò con passione, lasciando che le nostre lingue giocassero l'una con l'altra.
Io portai le mani sui sui bicipiti, stringendoli.
Mi lasciai andare tra le sue braccia, come ormai succedeva sempre più spesso.
L'unica cosa che avvertivo era il tocco della sua mano, che mi accarezzava piano i capelli, avvolgendo ciocche di riccioli attorno alle dita.
Poi Andreas si staccò.
Mi posò una mano sulla guancia e mi guardò, dapprima negli occhi, poi sulle labbra, che io morsi nuovamente.
Andreas: "Sei così bello quando ti mordi il labbro" disse.
Credevo che mi avrebbe baciato di nuovo, invece si limitò a osservarmi per qualche altro secondo, per poi allontanare il suo viso dal mio, ristabilendo la distanza.
Si alzò dal letto, andando verso la finestra.
Adesso, dietro di essa c'era un cielo blu, come se qualcuno si fosse divertito a coprire il tramonto con una mano di tempera cobalto.
Spostai lo sguardo verso un punto leggermente più in alto.
Le prime stelle avevano fatto la loro comparsa, e tra di esse scorgevo una costellazione: Orione.
Sorrisi, ripensando al sogno che avevo fatto durante l'intervento. Mi ero sentito così libero quando ero montato in groppa al grande leone fatto di stelle... ma, quando questo aveva spiccato il salto che ci aveva portato a correre per la volta celeste, quella era stata la parte migliore.
Avevo sentito il vento che mi scompigliava i capelli, la criniera di Orione che mi solleticava il viso... e in quel momento, mi era sembrato tutto perfetto.
Le preoccupazioni erano state inghiottite dall'euforia, e per la prima volta da tempo i fantasmi del mio passato mi avevano lasciato libero, sciogliendo le catene che li legavano a me per qualche istante.
Ma era stato solo un sogno. Un sogno bellissimo, certo... ma pur sempre un sogno. E, come tutti i sogni, era finito.
Si era staccato da me, portando via una parte della mia anima, della mia voglia di vivere.
Abbassai lo sguardo, rattristato da quel pensiero.
"Forse è che semplicemente deve andare così. Forse, alla fine di questo calvario, troverò la pace, e non solo nei sogni. Forse potrò essere felice. Forse..." Pensai.
Intrecciai le mani, tenendole sulla stomaco.
Sospirai piano.
Andreas: "Michael? Hai fame?" Chiese.
Michael: "No, mi è passato l'appetito" risposi.
Ed era vero.
Fino a pochi minuti prima, avrei mangiato di tutto... ma in quel momento, non ne avevo voglia.
Era come se il mio stomaco fosse stato stretto in una morsa di ferro, che mi impediva di provare anche il minimo senso di fame.
Andreas: "Michael, hai appena subito un intervento, se non mangi..." iniziò.
Ma non lo lasciai finire.
Michael: "Se no cosa, mi indebolirò troppo?! Me lo hai già ripetuto un milione di volte!" Sbottai.
Andreas: "Vorresti dire che non è vero?!" Chiese acido.
Michael: "Sarà anche vero, ma mi sono stufato di sentirmi dire cosa devo e cosa non devo fare! È la mia vita!" Esclamai stizzito.
Andreas: "Sarà anche la tua vita, ma non puoi trattare così quelli che vogliono aiutarti!" Incalzò lui.
Michael: "Ma forse non voglio essere aiutato, che dici?!?" Dissi ancora più arrabbiato.
Andreas: "A me sembra il contrario!" Riprese.
Michael: "Bhe, hai capito male!" Sussurrai.
Andreas: "Sai una cosa? Adesso capisco perché nessuno vuole stare con te! Sei troppo preso da te stesso per prestare attenzione agli altri, anche quando questi si fanno in quattro per aiutarti! Sei egoista" Esclamò.
Michael: "Io? Egoista? E tu cosa saresti?! Sei tu che mi tratti come se fossi un bambino, anzi peggio, come se fossi una tua proprietà! Mi sono stancato di essere comandato a bacchetta da qualcuno!" Urlai ancora.
Andreas strinse i pugni, sillabando un imprecazione in quello che sembrava greco antico.
Serrò gli occhi, la vena del collo che si alzava e abbassava velocemente.
Andreas: "Sei solo un marmocchio viziato!" Sussurrò.
A quelle parole, non ci vidi più.
Lo aveva detto sul serio. Non potevo crederci.
Io, che avevo sopportato infinite umiliazioni e privazioni, sarei stato un bambino viziato? Io?!?
Michael: "Adesso quello viziato sarei io, eh?!" Chiesi.
Lui mi guardò e una scintilla di sfida illuminò i suoi occhi.
Andreas: "Si" rispose.
Michael: "Ma davvero? Se non sbaglio, non sono io che mi diverto a baciare chi è innamorato di me pur non essendo sicuro di ricambiare!" Urlai.
Andreas: "Chi ha detto che lo faccio per gioco?!" Urlò.
Michael: "Se davvero mi amassi, non mi tratteresti come un bambino!" Dissi di rimando.
Sentii un pizzicore agli occhi.
Lacrime.
"No, non piangerò. Non davanti a lui" mi dissi, la guance che ardevano per la furia.
Andreas: "E cosa ne sai tu, di cosa fa una persona quando è innamorata? E poi io non ti tratto come un bambino!" Sbottò.
Michael: "Ne so abbastanza per dirti che non è questo il comportamento che adotterebbe!" Ripresi, ancora più stizzito da quella domanda.
Andreas: "Ah no? E, di grazia, quale sarebbe il comportamento corretto?!" Chiese in tono di sfida.
Michael: "Qualunque tranne questo!" Risposi.
Ma ero titubante, e Andreas se ne accorse.
Andreas: "Questa non è una risposta! Come vedi, non lo sai nemmeno tu! Prima di parlare, assicurati di avere le risposte alle tue stesse domande!" Urlò ancora.
Michael: "Oh, è arrivato il gran maestro! Ma bravo! Vuoi anche un applauso? Io ho le risposte alle mie domande, ma le tengo per me, dato che non saresti in grado di comprenderle!" Dissi in mia difesa.
Andreas: "Io credo che l'unico che non comprende qui sei tu! Dai fiato alla bocca senza collegarla con il cervello!" Sbottò nuovamente.
Michael: "Ma davvero? Perché, ovviamente, tu pensi sempre a quello che dici e a quello che fai, vero?!" Chiesi chiudendo le mani a pugno.
Le guardai.
Tremavano, ma non sapevo se per la rabbia o per la cosapevolezza che Andreas avesse ragione, almeno in parte.
Andreas: "Si!" Rispose.
Michael: "A me non sembra! Non mi avresti baciato, detto che mi ami, coccolato se avessi pensato all'effetto che queste cose avevano su di me! Mi sento tradito perché ho avuto la conferma di essere solo un giocattolo per te!" Urlai.
Andreas: "Cosa ne sai tu, dei miei sentimenti?!" Chiese stizzito.
Michael: "Abbastanza da dedurre che mi hai solo preso in giro!" Urlai.
Andreas: "Questo non è vero! Io ti amo!" Urlò "Anzi... ti amavo. Ora non più. Adesso ho visto il tuo vero io... e ne sono deluso, oltre ogni limite!"
Quella parole mi colpirono come una coltellata al cuore.
Andreas non mi amava. Aveva solo giocato con me per tutto il tempo. Io gli avevo mostrato il mio vero essere e lui lo aveva disprezzato, esattamente come tutti gli altri.
E questo mi faceva stare male, perché, mentre del giudizio degli altri non me ne importava poi granché, di quello di Andreas me ne importava eccome.
Michael: "Bene, anche io sono deluso dal tuo vero io! E molto!" Urlai.
Ma anche mentre le dicevo, quelle parole sapevano di falso.
Mi costrinsi a non pensarci. Dopotutto, era quello che volevo dirgli, giusto?
Andreas: "Sei un bugiardo, te lo si legge in faccia" constatò.
Michael: "Ah si? E tu saresti sincero, invece?" Sbottai stizzito.
Andreas: "Almeno io dico solo quello che penso! E se mento lo faccio per una buona causa!" Urlò stizzito, il viso rosso di rabbia.
Michael: "Ma davvero? E farmi soffrire era una buona causa? Perché ci sei riuscito!" Dissi infastidito.
E di nuovo, le mie parole seppero di bugia.
Andreas: "Ma come devo dirti che non volevo farti soffrire? Come!? Sei tu che hai frainteso! Ti avevo detto di non essere ancora sicuro di ricambiare il tuo amore! Ma tu hai deciso di buttarti a capofitto in questa relazione, e adesso ne paghi le conseguenze!" Esclamò.
Michael: "Ma sei stato tu a fare la prima mossa! Se non eri sicuro di ricambiare i miei sentimenti, avresti fatto meglio a non baciarmi! Avresti solo evitato di combinare questo disastro!" Dissi stizzito.
Andreas: "Quindi adesso sarebbe colpa mia? Ma non mi dire! A me sembra che qualcuno qui non voglia prendersi le sue responsabilità!" Sbottò.
Michael: "Dici bene. Quel qualcuno sei tu! Stai cercando di scaricare la colpa su di me!" Urlai.
Andreas: "Perché tu non vuoi accettare che in parte sei anche tu colpevole!" Disse di rimando.
Sbuffai, la furia che mi opprimeva il petto come un corsetto troppo stretto.
Michael: "Aver provato amore per te è stato solo un ignobile, stupido, disastroso errore! Non mi sarei dovuto affezionare a te! Sapevo che mi avresti spezzato il cuore! Sapevo che non sarebbe durata! Ma ho accantonato tutte le incertezze, correndo il rischio di essere felice, per una volta! Guarda cosa è successo! Sto addirittura peggio di prima, steso su un letto d'ospedale, dopo aver subito un intervento delicato, e per di più sto anche litigando con l'uomo che credevo mi amasse! Adesso, dimmi se non ho il diritto di voler trovare un capro espiatorio! E poi la colpa è anche tua, non puoi negarlo!" Urlai.
Andreas: "Allora lo ammetti tu stesso! La colpa è anche mia. Ma è altrettanto tua. E se non riesci ad accettarlo, smettiamola di urlare e facciamola finita una volta per tutte!" Esclamò di rimando.
Michael: "D'accordo!" Urlai.
Andreas: "Perfetto!" Fece lui.
Michael: "Benissimo!"
Andreas: "Arrivederci!" Urlò stizzito.
Michael: "Addio!" Esclamai.
Poi Andreas si avvicinò al mio letto.
Posò una mano sul materasso e con l'altra mi prese il mento tra le dita, sollevandolo.
Non opposi resistenza, così mi ritrovai a guardare il ragazzo di fronte a me dritto negli occhi.
Velati di pianto e con una luce rabbiosa che le pervadeva, quelle iridi azzurre erano sorprendentemente belle.
Mi dovetti sforzare per non mordermi il labbro e mantenere un'espressione austera.
Poi Andreas si avvicinò di più, finché le nostre labbra non si sfiorarono.
Credevo che mi avrebbe baciato.
Invece si limitò a guardarmi ancora negli occhi, tenendo la fronte posata alla mia.
Andreas: "Sai... Avevo cominciato a provare dei sentimenti forti per te. Sarebbe stato bello, se solo Dio lo avesse voluto" sussurrò, il suo fiato caldo che mi accarezzava il labbro inferiore.
Poi, con un movimento fluido, Andreas mi lasciò il mento, allontanandosi.
Si diresse verso la porta, che aprì con forza.
Speravo che si voltasse, così avrebbe potuto vedere l'espressione di sdegno segnata sul mio volto.
Ma non lo fece.
Uscì dalla stanza con passo veloce, chiudendo la porta alle proprie spalle.
Ed io rimasi solo.
Per un attimo, provai a sorridere. Andreas era la causa di tutto quello, e adesso che se ne era andato, forse avrei trovato la pace cui tanto agognavo.
Invece, mi ritrovai a piangere.
Le lacrime scorrevano calde sulle mie guance, segnando solchi immaginari, bruciando come acido sulla pelle.
Mi lasciai cadere sui cuscini, respirando a fatica.
Chiusi gli occhi, in un vano tentativo di smettere di piangere...
Ma le lacrime, impietose, continuavano a scendere sul mio viso, come gocce di tempera su una tela.
Singhiozzai piano, prendendomi la testa tra le mani.
Piansi ancora più forte, finché i polmoni non si svuotarono del tutto, e dovetti riprendere aria.
Mi sfregai gli occhi con i palmi, cercando ancora di fermare il pianto, ma senza successo.
Alzai poco la testa, quel tanto che bastava per guardarmi intorno.
Feci vagare lo sguardo per la stanza, fino a farlo fermare accanto al letto, sotto il piccolo comodino.
Lì c'era il mio zainetto.
Allungai il braccio verso di esso, domandandomi chi lo avesse portato nella stanza.
Afferrai una delle bretelle e lo issai sul letto, accanto a me.
Aprii la cerniera e frugai tra i libri, finché non trovai quello che cercavo.
I miei antidepressivi.
Era da un po' che non li prendevo, perché Andreas aveva detto che erano inutili.
Ma, con molta probabilità, quella era solo un'altra delle sua bugie, buttata lì per lì.
Sfilai le pillole dalla scatola, facendone cadere due sul palmo della mano.
Posai il resto nello zaino, che misi al suo posto.
Allungai la mano verso il comodino, dove c'era un bicchiere d'acqua. Lo presi, mettendo le due capsule in bocca.
Le buttai giù con un sorso d'acqua, che però mi andò di traverso, a causa del pianto.
Tossii, dandomi dei piccoli colpetti al centro del petto.
Quando l'eccesso di tosse finì, mi abbandonai nuovamente tra i cuscini, affondandovi il viso dentro.
Inspirai.
Sopra le federe c'era ancora quell'odore. Il suo odore.
Questo bastò a far sì che le lacrime iniziassero si nuovo a rigarmi il viso, sempre più copiose, più calde... più stanche.
Perché si, ero stanco di piangere.
Non ne potevo più.
Eppure, sembrava sempre che avessi delle lacrime pronte ad uscire, anche quando credevo di averle consumate tutte.
Ed il punto era quello: più andavo avanti, più succedeva no cose brutte e più io piangevo.
E questo mi faceva sentire debole. Inadatto. Stupido.
Ma mi offriva anche un'importante valvola di sfogo, perché attraverso le lacrime esprimevo tutto quanto non ero in grado di dire a parole.
Chiusi gli occhi, cercando di rilassare i muscoli, ma senza successo.
Allora, presi il bicchiere, ancora mezzo pieno, e buttai giù il resto dell'acqua, sperando che questo mi aiutasse a regolarizzare il respiro e a scacciare il sapore terribile che avevo in gola.
Perché non c'è nulla di peggio del sapore delle bugie.
E io, quel giorno, ne avevo dette molte.
Tra tutte, avevo detto ad Andreas di essere rimasto deluso dal suo vero io, di non amarlo più... Quando l'unica cosa che avrei voluto in quel momento era che mi stringesse a sè, posasse le sue labbra sulle mie e mi cullasse dolcemente, come aveva fatto quella notte in cui gli incubi erano venuti a tormentarmi.
Solo che adesso lui non c'era. Ed era colpa mia. Solo mia.
Avevo cercato di apparire forte, di ricucire la breccia causata dai miei errori. Purtroppo, così facendo l'avevo solo aperta di più, e adesso quel taglio bruciava più di acido bollente.
Sospirai.
Forse era quello che mi meritavo, forse era quello che il destino aveva scelto per me: un'esistenza costellata di dolore, sofferenza e privazioni.
Per me non ci sarebbe stato lieto fine, amore, gloria e quant'altro.
Ci sarebbe stato solo l'oblio.
E forse, un giorno, sarei stato felice di accoglierlo, perché la mia vita sarebbe diventata tanto terribile che, al confronto, l'inferno sarebbe sembrato un balsamo.
Chiusi di nuovo gli occhi, che adesso bruciavano ad erano gonfi per le troppe lacrime.
Spensi la luce con l'interruttore vicino al letto.
Mi accoccolai sui cuscini, avvolgendomi le braccia attorno al petto e rannicchiando le gambe, come un bambino.
Tirai su la coperta di lana e una piacevole sensazione di calore mi avvolse.
Ma anche quel piacevole tepore non riuscì a sciogliere il ghiaccio che si era formato nel mio cuore quando Andreas era uscito, sbattendo la porta.
Cercai di scacciare quel ricordo, ma ormai era troppo tardi.
Gli spettri del mio passato erano tornati, legandomi di nuovo con quelle catene, stringendo nodi che non avrei mai potuto sciogliere da solo.
Paura. Tristezza. Codardia.
Adesso mi erano legati ancora più indissolubilmente.
Sbattei un paio di volte le ciglia.
Chiusi di nuovo gli occhi, cercando di rilassarmi.
Poi, un'unica, solitaria, triste lacrima mi rigò la guancia.
E seppi che un pezzo del mio cuore se ne era andato con Andreas.

~Spazioautrice~
Salve!
Allora... che ve ne pare?
Voglio tanti commenti :) :).
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