Capitolo 39

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Quello non fu di certo il più bel risveglio che avessi mai avuto, ma non fu neppure il peggiore.
Fu un semplice ridestarsi da un sonno indotto, di quelli che ti fanno cadere in un mare oscuro, le cui onde ti cullando dolcemente fin quando l'effetto dei farmaci non sparisce.
Quando aprii gli occhi la luce del sole filtrava pallida attraverso le veneziane, segno che doveva essere una tarda mattinata di metà dicembre.
Avevo il corpo indolenzito e i muscoli doloranti.
Durante la notte qualcuno mi aveva tolto l'ago della trasfusione e aveva messo al suo posto un cerotto.
Provai a mettermi seduto, ma la testa mi doleva e fui costretto a rinunciare.
Imprecai mentalmente, maledicendo la mia stupidità e la mia fragilità.
Era solo colpa mia se mi trovavo in quella situazione a dir poco spiacevole.
Sospirai, chiudendo nuovamente gli occhi.
Per qualche arcana ragione, quella stanza silenziosa e ben illuminata mi ricordava il luogo dove, in sogno, avevo incontrato Edweena, la guardiana della Porta del Purgatorio.
Quel ricordo mi fece sorridere.
Era uno dei pochi sogni piacevoli che avevo fatto nell'ultimo periodo.
Subito dopo, però, il mio sorriso fu cancellato dalla consapevolezza che nella mia vita, quella reale, non c'era assolutamente niente di bello.
Sbuffai contrariato.
Mi portai le mani dietro la nuca, facendo attenzione a non muovere troppo il braccio sinistro.
Fissai lo sguardo sul soffitto immacolato, concentrandomi su un punto fisso.
Sentii alcuni pensieri farsi strada nella mia mente, furtivi come gatti.
Tra essi, immancabile, c'era il ragazzo che mi aveva rapito il cuore.
Affondai le unghie nel palmo, maledicendomi mentalmente per la ricorrenza di quell'immagine nella mia vita.
Scossi leggermente il capo, tornando a guardare il soffitto.
Inspirai.
Espirai.
Inspirai.
Espirai.
Mi concentrai sulla melodia del silenzio che mi circondava, beandomi di quella strana quiete che da tempo non riuscivo a trovare.
In quella stanza, estranea al caos del mondo esterno, mi sembrava di fluttuare, sostenuto dall'aria immobile.
Poi, ad un tratto, il flusso dei miei pensieri fu interrotto dal cigolio della porta che si apriva.
Sulla soglia c'era un'infermiera dai capelli biondi ed i tratti somatici tipici del nord Europa.
Indossava un camice bianco, stretto in vita da una cintura nera.
In mano reggeva un vassoio coperto.
Mi sorrise, mettendo in mostra la dentatura perfetta.
Mi misi a sedere quasi di scatto.
Infermiera: "Noto con piacere che si è svegliato, signore" disse "Le ho portato la colazione, spero abbia fame" Continuò con tono dolce.
Michael: "Grazie, signorina..?"
Infermiera: "Linda. Mi chiamo Linda" disse lei.
Michael: "Grazie, signorina Linda" dissi.
Linda: "È un piacere, signor Penniman" rispose lei.
Mi posò il vassoio in grembo.
Linda: "Se le serve qualcosa non esiti a chiedere di me ai dottori" disse "Buona giornata" mi salutò.
Michael: "Arrivederci, Linda" dissi.
La ragazza mi sorrise, per poi uscire dalla mia stanza e chiudere la porta.
Rimasto solo, scoperchiai il vassoio.
Sopra di esso c'erano un bicchiere di latte macchiato al cacao, dei biscotti al cioccolato ed una tazzina di caffè nero, probabilmente preparato con una miscela arabica.
Alla vista di quel cibo mi si chiuse lo stomaco.
Nauseato, posai il vassoio sul comodino, ricoprendolo.
Dopo pochi istanti, però, la porta tornò ad aprirsi, rivelando la tozza figura del dottor Morrison.
Dottor Morrison: "Ciao, Michael" mi salutò.
Michael: "Salve, dottore" risposi.
Dottor Morrison: "Vedo che ti hanno portato la colazione" disse indicando il vassoio "Come mai non mangi?" Chiese.
Michael: "Ho lo stomaco chiuso" risposi.
Dottor Morrison: "Michael, sai che stare digiuno non ti aiuterà, vero?" Chiese.
Quelle parole fecero affiorare ai margini della mia mente il ricordo del mio precedente ricovero, quello durante il quale avevamo scoperto del problema che avevo al cuore.
Le parole del dottor Morrison mi ricordarono, in particolare, il discorso che mi aveva fatto Andreas dopo la mia operazione: avrei dovuto mangiare, o non sarei stato abbastanza in forze per riprendermi.
Quel pensiero mi fece incupire, tanto che serrai le labbra in una linea dura.
Dottor Morrison: "Allora? Sto aspettando una risposta" disse sedendosi sul bordo del letto.
R

Coming In A Dark World||MikandyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora