No. Non poteva essere. Era impossibile. No...
Eppure, le parole del medico erano state chiare e coincise. Dalla tac era emerso un danno ben più grave di due costole incrinate. Mi sarei dovuto sottoporre ad una resezione chirurgica a causa di una coartazione dell'aorta.
A quanto sembrava, era un problema che mi accompagnava dalla nascita. Consisteva in una restrizione innaturale dell'aorta, che portava a problemi legati alla circolazione sanguigna, affaticamento, stati d'ansia e inappetenza. Tutti sintomi che io avevo dimostrato nel corso della mia vita.
Fortunatamente, nel mio caso si trattava di una forma piuttosto lieve, ma che necessitava comunque di un intervento.
"Perché? Perché a me? Non basta quello che ho passato fino ad adesso?" Mi chiesi "evidentemente no. Qualcuno ha deciso che i miei guai erano ancora troppo pochi, scegliendo di affibbiarmi anche questo grattacapo" Pensai furente.
E la cosa peggiore era che, il giorno dopo, mi sarei dovuto sottoporre all'intervento necessario per rimettere al proprio posto il tutto.
Un brivido mi percorse la schiena. Avevo paura. Paura che durante l'intervento potesse andare storto qualcosa. Paura che la scoperta di questo problema avrebbe segnato la mia vita in modo irreparabile, impedendomi di continuare per la strada che mi ero prefissato. Avevo paura e basta.
Andreas: "Michael..." disse.
Il suono della sua voce mi riscosse.
Alzai gli occhi annebbiati dalle lacrime verso di lui, fissando il suo viso.
Andreas: "Stai tranquillo" disse "Vieni qui" terminò passandomi un braccio attorno alla vita.
Appoggiai la testa sulla sua spalla, lasciando che il suo respiro mi cullasse. Gli strinsi la mano.
Andreas: "Meglio?" Chiese accarezzandomi il palmo.
Non risposi. Non avevo le forze necessarie per articolare anche solo un monosillabo. Ero sotto shock. Ma, d'altro canto, chi non lo sarebbe stato, dopo aver scoperto ci aver convissuto per 22 anni con una malattia cardiaca, per quanto lieve questa potesse essere?
Sospirai piano, cercando di calmare il respiro affannoso a causa del pianto.
Andreas iniziò ad accarezzarmi la schiena, con tocchi leggeri, dando qualche colpetto qua e là, cercando di farmi tranquillizzare.
Poi mi sollevò il viso, prendendomi il mento tra pollice e indice.
Avvicinò le sue labbra alle mie e lasciò un piccolo bacio a stampo.
Poi mi scrutó, fissando le sue iridi azzurre nelle mie color foresta.
Andreas: "Meglio?" Chiese di nuovo.
Stavolta annuii leggermente.
Andreas: "Bravo Michael" disse continuando ad accarezzarmi la schiena.
Mi lasciai cullare dal suo tocco delicato, dimenticandomi di tutto, lasciando che i problemi volassero via come aeroplani di carta, le preoccupazioni si frantumassero come specchi colpiti da un mattone.
Lasciai che la felicità si insinuasse nel mio cuore come un rivolo d'acqua tra le rocce, che la sua eco mi pervadesse la mente come un tuono nel cielo piovoso, che mi avvolgesse come il profumo della pioggia.
Chiusi gli occhi, inspirando a fondo l'odore dei vestiti di Andreas. Lasciai che questo si insinuasse nelle mie narici, mi pervadesse i polmoni e mi desse la certezza di non essere solo.
Mi soffermai ad ascoltare il battito regolare del suo cuore, come lo scroscio delle onde del mare sul bagnasciuga.
Gli strinsi più forte la mano, lasciando che la mia pelle avvertisse la morbidezza della sua.
Poi sentii qualcosa di caldo e umido solcarmi le guance.
Lacrime.
Ma per la prima volta dopo tanto tempo, non erano lacrime di dolore, frustrazione, tristezza. Erano lacrime di gioia, lacrime di chi dopo aver sofferto vuole essere felice.
Ed era quello che volevo io.
Ma sapevo che non lo avrei ottenuto. Mai. Almeno, non finché convivevo con quel problema all'aorta. Forse, dopo aver eliminato quello avrei avuto qualche attimo di respiro. Qualche giorno per stare tranquillo.
Poi, però, sarei tornato alla vita di sempre, quella vita frenetica e per certi versi caotica che da 22 anni caratterizzava la mia intera esistenza.
Sospirai, inspirando a fondo, il naso tra i vestiti di Andreas.
Il biondo, intanto, mi stava accarezzando i capelli, lasciandomi qualche bacio sulla testa.
Ogni volta che le sue labbra sfioravano la mia pelle, un brivido mi percorreva da capo a piedi, trasmettendomi una piacevole scossa di felicità, mista ad un emozione che non avevo mai provato prima. Amore. Quello vero, quello struggente, quello che ti consuma lentamente, come un fuoco che ti arde nelle vene. Quell'amore che non si può spiegare, che ti ha trovato distrutto in mille pezzi e ti ha rimesso insieme, come i cocci di un vado di porcellana.
Ma, anche se rimessi insieme, restano pur sempre cocci. E basta un soffio per farli frantumare di nuovo.
Perché l'amore, alla fine, e anche questo. Un sentimento più potente di un uragano in una tempesta, ma al contempo delicato come un petalo di rosa.
Sorrisi leggermente.
Andreas: "Michael?" Chiese.
Alzai gli occhi.
Andreas: "Tutto bene? Va meglio adesso?" Disse.
Annuii, poco convinto.
Andreas: "Hai qualche desiderio particolare? Qualcosa che ri farebbe stare meglio?" Chiese ancora.
Michael: "Possiamo rimanere così, abbracciati?" Chiesi timido.
Andreas: "Certo, Michael" disse sistemandosi meglio sul materasso.
Michael: "Andreas?" Lo chiamai "Ti amo" dissi.
Lui non rispose. Si limitò ad abbassare leggermente il viso, fino ad arrivare all'altezza del mio.
Posò le sue labbra sulle mie, cercando la mia lingua con la sua, dando vita ad una danza senza eguali. Io mi lasciai completamente andare tra le sue braccia, come facevo ogni volta che mi baciava.
Quando si staccò, mi mise una mano sulla guancia, appoggiando la fronte contro la mia, i nostri nasi che si sfioravano appena.
Andreas: "Michael" iniziò "Cosa mi stai facendo? Perché non riesco a staccarmi da te?" Disse.
Il fiato caldo mi accarezzò le labbra.
Rabbrividii.
Michael: "Secondo me ti sta succedendo qualcosa che si chiama amore..." suggerii mordendomi il labbro inferiore.
Andreas: "Non ti mordere il labbro, o giuro che non mi staccherò mai più dalla tua bocca" disse maliziosamente.
Per tutta risposta, mi morsi il labbro più forte, giusto per vedere quale sarebbe stata la sua reazione.
Andreas: "Allora vuoi la guerra?" Disse abbassando di pochi millimetri il viso.
Ormai, le nostre labbra stavano per toccarsi di nuovo, ma il biondo si limitò a farle sfregare tra loro, senza mai dare vita ad un bacio vero e proprio.
Gemetti frustrato.
Volevo baciarlo, volevo sentirlo mio.
Michael: "Ti prego..." iniziai.
Andreas: "Shh... aspetta ancora un minuto" disse continuando la sua dolce tortura.
Era frustrante, averlo così vicino, eppure così lontano. In quel momento, mi sembrava che i pochi millimetri che separavano le nostre labbra si fossero trasformati in miglia.
Non resistetti più, e mi fiondai sulla sua bocca, lasciandolo senza fiato.
Iniziai a cercare la sua lingua con la mia, baciandolo dolcemente.
Michael: "Cazzo, amo le tue labbra..." ansimai tra un bacio e l'altro.
Andreas: "E io amo la sensazione del tuo corpo sul mio, delle nostre lingue che si intrecciano, delle nostre mani che si stringono..." ansimò lui.
Sorrisi, poi ripresi a baciarlo.
Quando mi stacca dai lui, gli sorrisi leggermente.
Andreas: "Ecco, così mi piaci. Se sorridi, sei addirittura più bello" disse guardandomi.
Arrossii, o almeno, fu quella la sensazione che ebbi, dato l'improvvisa vampata di calore al viso.
Andreas rise leggermente.
Cazzo, quel sorriso lo rendeva più bello di un Cherubino.
E, alla fine, Andreas era questo. Un angelo buttato giù dal paradiso, a cui erano state tagliate le ali per impedirgli di farvi ritorno. Beh, sarebbe restato con me.
Sorrisi a quel pensiero.
Poi appoggiai di nuovo la testa sulla spalla di Andreas, chiudendo gli occhi.
Non seppi definire per quanto tempo restammo in quella posizione, ma ad un tratto sentii che Andreas aveva cominciato a muoversi.
Aprii di scatto gli occhi.
Michael: "Andreas? Cosa succede?" Chiesi.
Andreas: "É ora di pranzo. Vado a prenderti da mangiarle" disse perentorio.
Annuii, sistemandomi meglio tra i cuscini.
Andreas: "Torno subito" disse.
Poi aprì la porta della stanza, sgusciando nel corridoio gremito di medici ed infermieri.
Rimasi solo in quella stanza dalle pareti bianche, nel piccolo letto bianco, ascoltando il leggero canto degli uccellini, che giungeva ovattato attraverso lo spesso vetro della piccola finestra.
Chiusi nuovamente gli occhi, lasciando che il mio cervello realizzasse quanto accaduto pochi attimi prima.
Anche se non era la prima volta che baciavo Andreas, le sue labbra mi facevano sempre lo stesso effetto. Erano capaci di lasciarmi senza fiato con un unico, singolo, semplice gesto: posarsi sulle mie.
Ogni volta che la sua bocca incontrava la mia, ogni volta che le nostre lingue iniziavano a danzare insieme, mi sentivo come padrone dell'universo. Tutto spariva, rivelando una dimensione nascosta: la sfera delle emozioni. Felicità, tristezza rabbia, paura, amore. Tutte si riversavano fuori di me, facendomi sentire leggero come un soffio di vento estivo.
Sorrisi piano.
"Lo amo. Ne sono sicuro" mi dissi.
Per quanto potesse sembrare strano, era così.
Anche se stavamo insieme da poche ore, era come se fosse passata un'eternità.
Può sembrare tanto, ma non è così, perché un'eternità di felicità, un'eternità vissuta con la persona che si ama, non è forse la cosa migliore che possa capitare ad un comune mortale come me?
Io pensavo di si.
Il fiume dei miei pensieri di interrotto da uno scatto.
Subito, aprii gli occhi, rizzandomi a sedere di colpo.
Per fortuna, era solo Andreas, che era entrato nella stanza con un vassoio in mano.
Si avvicinò piano al letto, posandomelo sulle gambe.
Andreas: "Ecco il tuo pranzo" disse, per poi sedersi accanto a me.
Michael: "Grazie" dissi.
In risposta, lui accennò un breve sorriso.
Poi tolse il coperchio al vassoio, svelando quanto c'era sotto di esso.
Andreas: "Ed ecco qua" disse indicando il cibo presente sui piatti, ovvero della pasta e zucca, una cotoletta e degli spinaci.
Michael: "Phua, io odio la zucca" dissi con un espressione di disgusto in viso.
Andreas: "Suvvia, non è poi così male..." disse divertito.
Michael: "No, ovvio che no, fa solo rivoltare lo stomaco a causa del suo tanfo nauseabondo e del suo sapore terribile. Per il resto, si, è la cosa più buona che ci sia" dissi stizzito.
Ciò provocò la risata di Andreas.
Andreas: "Sai, prova a mangiarne solo un po'" disse prendendo la forchetta e posandomela tra le dita.
Michael: "No!" Urlai.
Andreas mi guardò in tralice, di colpo i suoi occhi più scuri e freddi.
Andreas: "Michael, se vuoi essere in grado di sopportare l'intervento che ti faranno domani, devi essere in forze. E per essere in forze, è necessario mangiare. Quindi, smetti di fare il bambino e mangia quella pasta" disse con tono sufficientemente duro che avrebbe potuto spaccare la terra a metà.
A quel pensiero, il mio sangue si raggelò.
Fissò gli occhi nei miei, scrutandomi.
Sostenni il suo sguardo.
Dopo svariati secondi, però, fui costretto ad abbassarlo, dato che Andreas non dava segno di voler desistere.
Seguirono attimi di imbarazzato silenzio.
Poi Andreas mi rivolse nuovamente la parola.
Andreas: "Michael... io voglio sola che tu stia bene, okay?" Chiese.
Io annuii.
Andreas: "Se la pasta non ti piace, almeno mangia la cotoletta, che ne dici?" Chiese.
Michael: "Non lo so, Andreas. Al solo pensiero che domani dovrò entrare in sala operatoria, mi si chiude lo stomaco. Mi sento come se una morsa me lo attanagliasse, impedendomi di buttar giù qualunque cosa" gli dissi.
Il biondo annuì, prendendosi il mento tra l'indice e il pollice, con aria pensosa.
Abbassai lo sguardo sul cibo che avevo davanti.
Fui scosso da un conato di nausea, seguito da un brivido di disgusto. Non sarei mai riuscito a mangiare anche solo un po' di quella roba.
Presi il vassoio e lo posai sul comodino, poi mi girai verso Andreas.
Michael: "Andreas?" Lo chiamai, vedendolo ancora assorto nei suoi pensieri.
Andreas: "Si?" Disse riscuotendosi.
Michael: "Puoi sederti vicino a me?" Chiesi titubante.
Non rispose.
Si alzò dalla sedia e venne a sedersi sul bordo del letto.
Mi prese la mano nella sua, accarezzandone il dorso.
Andreas: "Sai, Michael... io ho perso mio padre per un problema cardiaco. Era qualcosa di molto più grave del tuo... ma... mi sembra di star rivivendo quel momento, capisci? Ho perso lui... ed è stato terribile. Non voglio perdere anche te" fece una pausa "So che può sembrare strano. In fondo, ti ho baciato per la prima volta solo poche ore fa... ma sento che tu mi appartieni, come io appartengo a te, capisci quello che voglio dire? Io e te siamo come due pezzi di un puzzle che si incastrano alla perfezione, completando il disegno. Io non posso stare senza te e tu non puoi stare senza me, altrimenti al disegno mancherà sempre un pezzo" Continuò "Quindi, se non vuoi farlo per te, ti prego, fallo per me. Prendi quella forchetta e mangia qualcosa. Devi essere in forze per domani, te l'ho detto... Okay?" Chiese.
Rimasi a fissarlo per qualche istante e mi accorsi che i suoi bellissimi occhi blu erano velati di lacrime.
Michael: "Mi dispiace, Andreas... se ti fa stare meglio mangerò, d'accordo?" Chiesi stringendogli più forte la mano.
Lui alzò lo sguardo sul mio viso, accennando un sorriso triste.
Andreas: "Bravo piccolo" disse.
Piccolo. Mi aveva chiamato piccolo. Era così... dolce. Mi piaceva. Tanto.
Sorrisi, mettendo in mostra i miei denti un po' sporgenti e le fossette.
Andreas mi guardò per un istante.
Allora, prendendo coraggio, avvicinai il mio volto al suo.
Gli posai una mano sulla guancia, accarezzando la pelle morbida. Poi, avvicinai le labbra alle sue, dando vita ad un bacio acceso, passionale.
Anche lui mi posò una mano sul viso.
Quando ci staccammo, ero senza fiato, ad anche Andreas.
Andreas: "Bhe, baci bene... niente da dire" disse respirando affannosamente.
Arrossii un pochino.
Non me lo aveva mai detto nessuno... forse perché nessuno era mai voluto stare con me, prima di Andreas. Lui era riuscito a vedermi per come ero, togliendomi la maschera che portavo ogni giorno.
Lui era riuscito ad apprezzarmi per quello che ero, senza curarsi delle apparenze.
Lui aveva ricambiato il mio amore. O almeno, così speravo.
Andreas: "Bene, adesso che ti ho 'persuaso', che ne dici di mangiare?" Chiese.
Michael: "Uhm... non saprei... prova a 'persuadermi' ancora un po'" dissi virgolettando la parola "persuadermi".
Andreas: "Vuoi che ti baci di nuovo, vero?" Chiese con una punta di malizia nella voce.
Michael: "Ovviamente" risposi.
Andreas sospirò.
Poi mi diede un bacio all'angolo della bocca, un altro sulla tempia destra, scendendo fino alla mascella, al collo, alla clavicola.
Nel frattempo, io gli avevo stretto la mano.
Andreas mi diede un bacio sul pomo d'Adamo, facendomi gemere.
Michael: "Andreas, ti prego..." sussurrai.
Andreas: "Cosa?" Disse sul mio collo.
Michael: "Mi stai torturando... se continui così, impazzirò..." dissi.
Lui sorrise sul mio collo.
Poi scostò le labbra, finché non furono a pochi millimetri dalla mia bocca.
Mi prese il viso tra le mani, accarezzandomi gli zigomi con i pollici.
Andreas: "Sei bellissimo" disse.
Poi mi diede un bacio a stampo.
Durò solo una frazione di secondi, e quando il biondo si staccò da me, emisi un gridolino di frustrazione.
Lo guardai storto, rivolgendogli la peggiore occhiataccia che riuscii a fare.
Lui sorrise.
Poi prese il vassoio e me lo rimise sulle cosce.
Andreas: "Adesso mangia" ordinò, imperioso.
Era tornato il solito ragazzo duro, quello a cui piace comandare e avere il controllo di tutto.
Ma, alla fin fine, mi ero innamorato anche di questo suo lato "oscuro", per così dire, che lo rendeva misterioso... e anche molto sexy.
Vedendo che non accennavo a mangiare, Andreas perse la forchetta e il coltello e me li cacciò in mano.
Poi incrociò le braccia al petto, fissandomi con sguardo impaziente, quasi duro.
Allora, impugnate meglio le posate, iniziai a tagliare la cotoletta, che nel frattempo era diventata fredda, indurendosi fino ad avere la consistenza di una suola di scarpa.
Reprimendo un'ondata di disgusto, ne presi un pezzetto e mo lo portai alla bocca.
Masticai ed ingoiai.
Lo sguardo di Andreas si addolcì un po'.
Continuai a mangiare, finché della cotoletta non rimase nulla.
Michael: "Contento, adesso?" Chiesi.
Lui annuì.
Poi prese il vassoio e andò a posarlo sul tavolino dall'altro lato della stanza.
Prese la borsa di tela rossa che aveva portato prima, lanciandomela.
La presi al volo.
Andreas: "Stamattina sono passato a casa dei tuoi genitori, mi hanno dato questi per te" disse alludendo al contenuto della borsa.
Un pensiero improvviso mi attraversò il cervello.
Michael: "Andreas! Mi sono completamente dimenticato di avvisare i miei genitori! Merda, saranno furiosi..." dissi.
Andreas: "No, tranquillo, ci hanno pensato i medici. Purtroppo, non ti faranno ricevere visite fino a domani, per cui i tuoi genitori non potranno venire a trovarti" disse.
Sospirai, sollevato.
Michael: "E perché, se non posso ricevere visite, tu puoi rimanere con me giorno e notte?" Chiesi curioso.
Andreas: "Ma come, non lo sapevi? Io e te stiamo insieme, é un mio diritto stare qui con te" disse.
Michael: "Tu... tu mi stai dicendo... che... che siamo... fidanzati?!?" Chiesi sgomento.
Andreas: "Bhe, se vuoi, si" disse abbassando gli occhi.
Michael: "Se lo voglio? Certo che si!" Risposi, al settimo cielo.
Il biondo sorrise leggermente.
Poi tornò a sedersi vicino a me.
Mi prese di nuovo la mano.
A quel punto, squillò il telefono.
Lo presi e risposi.
Michael: "Pronto, sono Michael Penniman, chi parla?"
Mamma: "Ciao tesoro, sono io... abbiamo saputo tutto... davvero, siamo rimasti basiti da questa scoperta. Non avremo mai pensato che tu potessi avere qualcosa del genere... Sfortunatamente, non ci hanno permesso di venire a trovarti. Ci dispiace. Sappi che ti siamo vicini. Che io ti sono vicina. Ti voglio bene, Michael"
Michael: "Anche io ti voglio bene, mamma"
Continuammo a parlare per una buona mezz'ora.
Mia madre aveva chiesto se ero spaventato, ansioso, se avevo voglia di parlare con lei... ovviamente, dissi di stare bene, di essere solo un po' scosso a causa della terribile scoperta. Ma non lasciai trasparire nemmeno una punta del panico che mi invadeva il cuore. Non volevo che lei si preoccupasse più dovuto.
Quando avemmo finito di parlare, attaccai.
Nel frattempo, Andreas aveva iniziato a correggere dei documenti per il suo ultimo lavoro.
Andreas: "Va tutto bene?" Chiese senza alzare gli occhi dal foglio.
Io annuii.
Stavo per aggiungere annuii loro, quando la porta si aprì.
La giovane infermiera dai denti storti entrò nella stanza.
Infermiera: "Signor Penniman, scusi se la disturbo. Dalla esami che ha fatto stamattina, è emerso che la coartazione é instabile. Abbiamo deciso di anticipare l'intervento, per evitare complicazioni. Prego, mi segua" disse.
La guardai allibito.
Un senso di paura mi crebbe nel petto.
Il momento che tanto temevo era arrivato.
Ed io non ero sufficientemente pronto per affrontare quanto sarebbe accaduto nelle ore successive.
Con il cuore pesante come un macigno, mi alzai dal letto, sostenuto
da Andreas.
Poi seguimmo l'infermiera fuori dalla stanza, incamminandoci verso la sala operatoria.~Spazioautrice~
Zan Zan!
Sorprese della piega che ha preso la ff?
Io si, se devo essere sincera.
Comunque, ieri sono andata al concerto di Mika, a Roma! È stato bellissimo, magico, stupendo.
Ho pianto, riso, cantato, ballato... tutto grazie a lui. Mika.
Grazie di tutto, idolo.
(Se volete una "recensione completa" leggete "Mikafan making fun of Mika", la mia rubrica. Nell'ultima parte troverete tutto).
-Marta_Ama_Mika
PS: Ve Se Ama!
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Coming In A Dark World||Mikandy
FanfictionMichael è un ballerino alla "Royal Opera House". Ha 22 anni ed uno spiacevole passato, dal quale fugge attraverso la danza. Si allena strenuamente, dopo la scuola. Ma un giorno, mentre si esercita con gli altri, uno strano tipo si presenta nella s...