Capitolo 5

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Mi portai una mano sulla bocca. Il dolore ai denti mi stava letteralmente uccidendo. Non ne potevo più. Mi sembrava che la mia mascella stesse per squarciarsi. Era un dolore davvero insopportabile. Ed era ancora più insopportabile non conoscerne la causa. Mi snervava. Profondamente.
Per il momento avevo la mani legate. Dovevo seguire la lezione, altrimenti Mr Smith si sarebbe arrabbiato e mi avrebbe ripreso. E non potevo permettermi di essere richiamato. Non adesso che mancava poco più di un mese alla fine del primo quadrimestre.
Dovevo passare l'anno a tutti i costi. Volevo passare l'anno a tutti i costi. Lo dovevo ai miei genitori. Lo dovevo a tutti i professori che mi avevano aiutato durante quegli anni. E poi lo dovevo a me stesso. Era come una sorta di obbiettivo che mi ero prefissato di raggiungere, un traguardo che mi ero promesso di tagliare. E un ostacolo che mi ero imposto di superare.
Per me essere promosso significava l'annientamento di tutte le mie debolezze. E la realizzazione di tutti i miei sogni.
Bhe... forse non proprio tutti. Il mio vero obbiettivo era diventare un ballerino alla "Royal Opera House". Volevo riuscirci, non solo perché tutti quelli che mi avevano preso in giro capissero che, volendo, potevo far si che tutti i miei spegni si realizzassero. Lo volevo anche perché desideravo rendere tutta la mia famiglia fiera di me. E poi, se c'era qualcosa in cui volevo assolutamente eccellere, quella cosa era la danza. E volevo che tutti vedessero come anche uno come me, da sempre preso in giro, potesse raggiungere qualunque obbiettivo.
Perché alla fine basta crederci. È la cosa più importante. Perché credere in qualcosa è l'unico modo per far si che si avveri.
Almeno secondo me... infatti non volevo credere alle mie orecchie quando, molto arrabbiato, Mr Smith mi richiamò.
Mr Smith: "Michael? Di cosa abbiamo parlato fin ora?" Chiese spazientito.
Michael: "Ehm... Oscar Wilde... Il Principe Felice" dissi.
Mr Smith: "Esatto. Però cerca di prestare più attenzione. Voglio che guardi me, quando spiego, chiaro?" Chiese.
Michael: "Trasparente" riposi.
"E adesso da dove salta fuori questo lato impavido? Non che mi dispiacerebbe essere un po' più coraggioso ma... tutte oggi? E tutte al momento sbagliato? Perché? PERCHÉ? Pretendo una spiegazione!" Mi dissi.
Mr Smith mi guardò a lungo. Subito il mio istinto timido e pauroso tornò a farsi avanti e abbassai lo sguardo.
Mr Smith: "Bene, riprendiamo la lezione" disse seccamente il professore.
Tutti gli studenti riportarono lo sguardo sul foglio che avevano di fronte. Tutti tranne me. Io continuavo a tenere gli occhi bassi. Non potevo leggere e me ne vergognavo terribilmente. Era peggio che avere una spina nel cuore. Quella fottutissima dislessia mi faceva sentire continuamente inappropriato. Sbagliato in un certo senso.
Sospirai.
Poi alzai lo sguardo, cercando di seguire la lezione, sforzandomi di non pensare al dolore ai denti.
L'unica cosa che ottenni fu un mal di testa tremendo.
Poi la campanella suonò. Le 12:00.
Presi il mio zainetto e me lo buttai in spalla. Feci per uscire dalla classe assieme agli altri studenti... ma Mr Smith mi chiamò. Il suo tono era autoritario, ma non sembrava arrabbiato.
Michael: "Si, professor Smith?" Chiesi tenendo lo sguardo basso.
Mr Smith: "Allora, si può sapere cosa è successo oggi? Perché sei stato così sfacciato? Non te ne faccio una colpa, e non sono nemmeno arrabbiato. Ma voglio capire. Tu sei sempre stato un ragazzo timido ed educato. Che succede, adesso?" Chiese il professore.
Michael: "Ecco io... problemi con i miei compagni... vorrei cercare di essere più coraggioso..." dissi.
Mr Smith: "Che genere di problemi, figliolo?" Chiese in tono pacato.
Michael: "Err... preferirei non parlarne..." balbettai.
Mr Smith: "D'accordo" sospirò.
Io annuii.
Michael: "Grazie di aver capito" dissi.
Mr Smith: "Di nulla, Michael" rispose.
Salutai il professore e uscii dall'aula. Avevo lezione di architettura.
Mi avviai verso il laboratorio, dove Mr Brown ci stava aspettando.
Entrai. Rivolsi un cenno di saluto al professore, che ricambiò. Era un uomo simpatico, sui cinquanta. Aveva i capelli grigi tagliati corti, gli occhi verdi perennemente in movimento. Era alto e un po' in carne, ma non era grasso.
Andai alla mia postazione, dove mi aspettavano dei fogli misura A3, delle matite di colori diversi e una quantità non indifferente di strumenti da disegno.
Posai lo zainetto per terra e mi sedetti sulla sedia.
Aprii l'album sull'ultimo progetto. Un edificio con pianta a forma di stella a sette punte. Non sapevo da dove fosse venuta l'idea. Ma sapevo che mi piaceva tantissimo.
Presi le due squadre e la matita e iniziai a disegnare gli schizzi dei muri. Dovevano essere di altezze differenti l'uno dall'altro, in modo da formare un effetto visivo senza paragone.
Una volta finiti gli schizzi, passai a ricalcare a penna i contorni.
Finita anche questa operazione, presi una riga e iniziai a disegnare le finestre e i balconi.
Finii anche quelli e iniziai a ricalcare i contorni con una matita, rossa per i balconi e verde per le finestre.
Finito il tutto, decisi che, attorno all'edificio, ci sarebbe dovuto essere un bel giardino.
Decisi di dargli forma uguale a quella del palazzo e iniziai a disegnarlo. Sarebbe stato composto di siepi e cespugli, nulla di troppo alto, o il palazzo ne sarebbe rimasto coperto.
Finito anche il giardino, portai il disegno a Mr Brown.
Michael: "Professore? Come le sembra?" Chiesi.
Il professore prese il foglio. Lo studiò nei minimi dettagli.
Mr Brown: "È stato realizzato con molta cura e precisione. E... Michael, Wow, hai una fantasia senza confini! È molto innovativo, complimenti" disse.
Michael: "Grazie" dissi con un sorriso.
Mr Brown mi restituì il foglio, che io posai nell'album.
Presi quest'ultimo è lo infilai nell'armadietto dove mettevamo il materiale da disegno.
Poi sentii un trillo. La campanella delle 13:00. La giornata era finita. Potevo tornare a casa, sia lodato il cielo.
Recuperai il mio zainetto e mi diressi verso l'uscita dell'aula assieme agli altri studenti.
Scesi le scale e mi ritrovai nel cortile della scuola. Lo attraversai con passo spedito.
Una volta che ebbi varcato il cancello, tirai fuori il cellulare per chiamare mia madre.
Composi il numero e inviai la telefonata.
Aspettai. Dopo due squilli, mia madre rispose.
Mamma: "Pronto?"
Michael: "Sono Micheal. Sto tornando a casa. A tra poco mamma"
Mamma: "A tra poco amore"
Riattaccò.
Mi avviai verso la stazione e feci un biglietto. Scesi fino al sottolivello. Il treno arrivò in quell'esatto momento, così non dovetti aspettare.
Appena entrato vidi un posto vuoto. Mi sedetti e aspettai che il treno arrivasse a Holborn.
Durante il viaggio, per la prima volta quel giorno, mi tornò alla mente il viso di quel ragazzo che avevo visto pochi giorni prima.
Mi sentivo stupido a pensarci. Molto probabilmente, anzi sicuramente, lui non si ricordava minimamente di me. Per lui ero solo uno dei tanti ragazzi che si incontrano nella metro... anche se dovevo ammettere che quella strana scossa di energia non è hna cosa che capita tutti i giorni...
"Ah, Michael! Smetti subito di pensare a queste idiozie! Ti sei già ripetuto mille volte che quella scossa te la sei immaginata! Quindi smetti di pensarci. E smetti di pensare anche a quel ragazzo!" Mi dissi.
Come se fosse facile. Come potevo smettere di pensare al quel ragazzo sconosciuto che, con un solo sguardo, mi aveva letteralmente fatto innamorare? Ovviamente, non potevo.
Il treno di fermò alla stazione di Holborn. Presi il mio zainetto e scesi, avviandomi verso il punto di scambio con la Central Line.
Salii in carrozza un secondo prima che le porte si chiudessero.
Sfortunatamente, i posti a sedere erano tutti occupati, così dovetti restare in piedi.
Mi appoggiai a uno dei sostegni e aspettai che il treno arrivasse a Queensway.
Il treno si fermò, scesi e mi avviai verso le scale che portavano in superficie.
Arrivato sulla strada, mi diressi verso casa mia.
Mentre camminavo, il pensiero del viso di quel ragazzo continuava ad occuparmi la mente. Cazzo, quanto era bello? E poi quegli occhi... I capelli... quanta bellezza in un ragazzo solo?
Sospirai... e mi accorsi di essere arrivato davanti alla porta di casa mia.
Salii i tre gradini che dal marciapiede portavano all'ingresso e bussai alla porta.
Mamma: "Chi è?"
Michael: "Sono Michael" risposi.
Mia madre aprì la porta.
Mamma: "Tesoro! Tutto bene?" Chiese.
Michael: "si" risposi.
Lei annuì.
Mamma: "Vieni a tavola" disse.
Io la seguii mentre si dirigeva verso la cucina. Che profumo.
Michael: "Cosa c'è per pranzo?" Chiesi inspirando a pieni polmoni.
Mamma: "Petto di tacchino al forno e patatine fritte" rispose andando verso il forno.
Michael: "Gnam" dissi.
Mi era venuta l'acquolina in bocca.
Mia madre aprì la porta del forno e mise nel piatto un petto di tacchino (a dir poco enorme), poi chiuse il forno e prese delle patatine dalla padella che si trovava sul fornello.
Mi posò il piatto davanti. Io presi forchetta e coltello e iniziai a tagliare la carne. Me ne portai un pezzetto alla bocca. Era leggermente speziata, come piaceva a me.
Le patatine, invece, erano cosparse di peperoncino, quindi avevano un sapore deciso.
Spazzolai tutto in men che non si dica. Non mi ero accorto di avere così tanta fame.
Feci per prendere il piatto e portarlo in cucina, ma mia madre mi bloccò.
Mamma: "Michael? È arrivata questa lettera per te, tesoro" disse.
Mi porse una busta color avorio chiusa con un sigillo blu scuro. Era da parte della "Royal Opera House", ne riconoscevo i colori.
La aprii. Dentro c'era un foglio piegato.
Micheal: "Me lo leggi, mamma?" Chiesi.
Lei annuì e io le diedi il foglio.
Mamma: "Caro signor Penniman, volevamo informarla che, a seguito di un breve dibattito avvenuto dopo la sua performance qui alla "Royal Opera House", abbiamo deciso di accettare la sua richiesta: da oggi lei fa parte del corpo di ballo della nostra scuola. La preghiamo, dunque, di recarsi qui questo stesso pomeriggio alle 4:00. Inizieremo gli allenamenti e le presenteremo l'intera equipe. Cordiali saluti, Mrs Randall" lesse mia madre.
Michael: "Mi hanno preso... mi hanno preso... mi hanno preso!" Urlai.
Mi alzai dal tavolo e abbracciai mia mamma. Oddio, quanto ero felice? Stavo assistendo alla realizzazione di tutti i miei sogni... e non ci potevo credere!
Mamma: "Oddio, Michael, è fantastico! Sono felicissima per te! Stasera andiamo a cena fuori con tutti i tuoi fratelli per festeggiare l'avvenimento! Sono orgogliosissima di te, tesoro!" Disse.
Mi abbracciò forte e io ricambiai la stretta.
Mamma: "Ora va su, preparati! Prima, però, chiama i tuoi fratelli!" disse entusiasta.
Io annuii e mi avviai verso le scale.
Salii gli scalini due alla volta e mi fiondai in camera mia. Presi il cellulare e mi stesi sul letto.
Aprii whatsapp e cercai il gruppo che avevo creato assieme ai miei fratelli.
A: Jasmine, Paloma, Zuleika, Fortunè
"Ragazzi! Mi hanno preso! Mi hanno preso nel corpo di ballo della Royal! Stasera per festeggiare andiamo tutti a mangiare fuori, ci troviamo qui a casa alle 8:00 e dopo usciamo!"
Dovetti aspettare un po'... e le risposte iniziarono ad arrivare.
Da: Zuleika
"Sapevo che ti avrebbero preso, Michael! Ci vediamo stasera"
Da: Fortunè
"E bravo Michael! A stasera!"
Da: Paloma
"Sono fiera di te, fratellino! A stasera!"
Da: Jasmine
"BRAVISSIMO! A stasera cucciolotto"
Quando lessi quei messaggi quasi mi commossi. Erano fieri di me. Sul serio. Wow, era una sensazione stupenda sentire che qualcuno era felice per me...
A: Jasmine, Paloma, Zuleika, Fortunè
"Grazie di tutto ragazzi. A stasera!"
Ero al settimo cielo.
Posai il cellulare e chiusi gli occhi. Un sorriso si fece spazio sulle mie labbra. Ero davvero... felice... anzi no, ero strafelice!
Restai qualche secondo steso sul letto, con gli occhi chiusi e il sorriso stampato sulla bocca... poi mi ricordai che dovevo andare alla Royal. Guardai l'orologio. Le 2:30. Avevo ancora tempo, ma ero nervoso. A che ora dovevo scendere? Ce l'avrei fatta ad arrivare in tempo?
Mille domande mi affollavano la mente... ma decisi di non pensarci. Avrei fatto in tempo. Ne ero sicuro. Bhe, me ne ero autoconvinto, più che altro.
Aprii gli occhi. Sospirai.
Poi mi alzai dal letto. Mi sfilai le scarpe con un calcio e mi tolsi la giacca, che posai su una gruccia.
Mi avviai verso la cassettiera dove tenevo tutti i costumi per gli allenamenti e i saggi di danza.
Aprii il primo cassetto e presi una maglietta rossa a maniche corte, un collant nero e delle scarpette bianche.
Poi, per tornare a casa, presi una giacca verde di lustrini, un jeans nero, una maglietta bianca e una cravatta nera.
Poi andai all'armadio di fronte e presi uno zainetto viola. Ci infilai dentro i vestiti e lo richiusi.
Lo posai in un angolo e andai alla finestra.
Era una delle classiche bifore che avevano un piccolo davanzale interno su cui era possibile sedersi.
Mi ci sedetti sopra e fissai lo sguardo fuori. Oltre il vetro si vedevano gli alti ponti che sovrastavano il Tamigi. Guardai in direzione del Millennium Bridge, uno dei ponti più lunghi di Londra. Alla fine del grande ponte svettava alta la St. Paul Cathedral. Si intravedere, in piccola parte, il monumento dedicato ai caduti, fatto erigere nel cortile antistante la chiesa.
Gli alberi del parco che contornava l'edificio bianco avevano ormai perso tutte le foglie, lasciando solo i grossi rami scuri ad artigliare il cielo.
Era un spettacolo mozzafiato.
Distolsi lo sguardo per guardare l'orologio. Le 3:17. Dovevo prepararmi per andare alla scuola di ballo.
Quasi di malavoglia, mi alzai dal davanzale e andai a infilarmi le scarpe e la giacca. Presi lo zainetto e me lo caricai in spalla.
Percorsi il corridoio e scesi le scale.
Andai in soggiorno e salutai mia madre.
Poi uscii e mi chiusi la porta alle spalle.
Quel pomeriggio l'aria di Londra era più fresca del solito, me ne accorsi appena fui fuori la porta.
Mi incamminai verso la stazione, camminando a passo svelto.
Quando arrivai davanti all'ingresso, feci un biglietto.
Scesi al sottolivello e mi appoggiai alla parete.
Aspettai per un tempo che mi parve infinito, poi il treno arrivò.
Salii in carrozza.
Notai che c'erano diversi posti vuoti, così ne scelsi uno a casa e mi sedetti. Appoggiai i gomiti sulle ginocchia e il mento sulle mani intrecciate.
Iniziai a battere ritmicamente il piede sul pavimento di simil plastica grigia.
"Devo stare calmo, arriverò sicuramente in tempo... adesso faccio un bel respiro e mi calmo" mi dissi.
Inspirai profondamente, poi smisi di tamburellare con il piede. L'unico suonò che riuscivo a percepire in quel momento era lo sferragliare delle ruote del treno sui binari, scandito qua e là dal rumore dei freni.
Mi guardai intorno. Il treno si era lentamente riempito, durante le fermate successive a Queensway.
Poi il treno arrivò a Holborn.
Mi alzai e scesi, avviandomi al punto di scambio con la Piccadilly.
Arrivato lì, trovai un treno quasi pronto a partire. Mi fiondai dentro e le porte si chiusero appena dietro di me, tanto che per un pelo il mio piede sarebbe rimasto intrappolato tra di esse.
Tirai un sospiro si sollievo.
Mi appoggiai alla parete e aspettai, molto impazientemente, che il treno arrivasse a Covent Garden.
Quando questo si fermò, scesi e mi diressi alle scale che portavano in superficie.
Una volta arrivato, presi il cellulare per controllare l'ora. Le 3:48.
Mi incamminai verso la "Royal Opera House", procedendo a passo svelto.
Quando arrivai davanti al grande portale mi fermai a osservare l'edificio. Pensai che anche io, da quel momento, facevo parte di quel mondo, e questo mi riempì di gioia. Era il mio sogno. E questo sogno si stava esaudendo.
Varcai la soglia e mi diressi verso la sala dove, la volta prima, avevo incontrato Mrs Randall.
Percorsi il corridoio che conduceva ad essa, attraversai la sala allenamenti.
Percorsi anche il secondo corridoio... e mi ritrovai nella sala principale.
Era un vero splendore, con qui tendaggi blu che ricadevano morbidi sul palco, i cherubini dorati scolpiti sui pachetti, il soffitto affrescato. Era il genere di posto faceva per me. O che, almeno, speravo facesse per me.
Mi guardai attorno.
Un piccolo gruppo di ragazzi, presumibilmente gli altri ballerini scelti per entrare nel corpo di ballo, erano seduti in prima fila. Mi avvicinai a loro.
Michael: "Ehm... scusa? Per caso siete i ballerini scelti per il corpo di ballo?" Chiesi a una ragazza dai capelli biondi.
???: "Sì, prego siediti pure qui. Io sono Kayla, piacere" disse lei.
Michael: "Io sono Michael, piacere mio" dissi tendendole la mano.
Lei la strinse e accennò un sorriso.
Poi mi sedetti sulla poltrona accanto alla sua. Dopo pochi istanti, le tende che chiudevano il palco si sollevarono, rivelando tre figure al centro di esso. Le riconobbi. Erano Mrs Randall, Mr Shaw e Mrs Harvey, i tre insegnanti.
Mr Shaw prese il microfono e iniziò a parlare.
Mr Shaw: "Salve ragazzi. Per noi è un piacere avervi qui. Cercherò di essere il più breve possibile: siete i dodici migliori ballerini di tutto il Regno Unito. A partire da oggi, vi sfiderete in una gara, il quale esito decreterà chi di voi potrà diventare un ballerino principale qui alla Royal Opera House e chi rimarrà nel corpo di ballo. Ma non temete, per ora tutti avete una chance per provare di meritare il posto. Verrete valutati in base alla dedizione all'allenamento e ai risultati ottenuti al saggio finale, dopo il quale io e gli altri annunceremo il vincitore. Vi faccio ancora i miei complimenti, bravi, tutti quanti" disse.
Tutti quanti battemmo le mani.
Mrs Harvey prese la parola.
Mrs Harvey: "Bene ragazzi. Come ha già detto Mr Shaw, siete i migliori ballerini del Regno Unito. Ma solo uno di voi potrà vantare, alla fine di quest'anno, di essere il migliore per eccellenza, perché solo uno di voi avrà il posto. Anche io mi complimento con tutti voi. Buona fortuna!" Disse.
Poi passò il microfono a Mrs Randall.
Mrs Randall: "Anche io vi faccio i miei più vivi complimenti. Come detto dai miei colleghi, da adesso in poi voi sarete rivali. Bravi, siete davvero i migliori. Adesso passeremo a presentarvi tutta la nostra equipe, poi in sala allenamenti si terrà un rinfresco. Per ciò che riguarda gli allenamenti, cominceranno domani. Dovrete venire qui tutti i giorni dal lunedì al venerdì, dalle 4:00 alle 6:30. Ma oggi dovrete solo gustarvi questo momento di gloria, perché da domani si inizierà a fare sul serio! Siete pronti?" Chiese.
Un coro di "si" si levò dalla platea, ovvero noi ballerini.
Mrs Randall: "Bene. Adesso vi presenteremo l'intera equipe e, ovviamente, la donna che ha reso possibile tutto questo, la proprietaria di questo teatro. Sto parlando di Mrs Hiddleston" disse l'insegnante.
Una donna si fece avanti. Indossava un tailleur viola scuro e delle scarpe con tacco dello stesso colore. I capelli castani tagliati corti le incorniciavano il viso magro, al centro del quale due ridenti occhi verdi davano bella mostra di sé.
La donna si fece passare il microfono.
Mrs Hiddleston: "Salve a tutti, io sono Mrs Katelyn Hiddleston. Da oggi, avrete l'onore di allenarvi qui. È una grande possibilità. Non sprecatela. Buona fortuna a tutti" disse in tono leggero.
Applaudimmo.
Mrs Hiddleston si inchinò leggermente e andò via, camminando leggera sui tacchi.
Mr Shaw: "Bene. Adesso, ecco a voi la nostra equipe, senza la quale questo teatro non funzionerebbe a dovere. Prego, fatevi avanti" disse.
Un gruppo di una decina di persone si fece avanti.
Quando tutti furono saliti sul palco, Mrs Harvey iniziò con le presentazioni.
Mrs Harvey: "Ecco a voi Mrs Evans e Mrs Morgan, le nostre costumiste. Mr Wilson e Mr Lewis, gli scenografi. Mr Lee e Mrs Scott, gli insegnanti del coro delle voci bianche. E, infine, Mr Campbell il direttore d'orchestra" disse.
Battemmo le mani per la terza volta.
Tutti i membri dell'equipe si inchinarono, poi fecero dietro front e lasciarono il palco.
Mrs Randall: "Adesso vi presenteremo uno dei nostri più importanti sceneggiatori, colui che si occuperà di riadattare o scrivere le opere su cui voi ballerete e vi eserciterete... prego, si faccia avanti!" esclamò.
La tenda si scostò e un uomo si avviò a grandi passi al centro del palco.
Il mio cuore saltò un battito.


Coming In A Dark World||MikandyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora