Capitolo 33

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Così mi ritrovai a varcare la soglia della Royal Opera House.
Erano le 6:21 di pomeriggio ed io cielo si stava tingendo di un bellissimo blu cobalto dai riflessi violacei.
Attraversai la hall del teatro a passo svelto, salutando le receptioniste di turno con un sorriso.
Iniziai a salire l'ampio scalone di marmo bianco, reggendomi al corrimano decorato con fregi dorati.
Quando arrivai in cima, un ragazzo con un costume azzurro mi si accostò.
In mano reggeva una lista in mano, probabilmente con i nomi degli invitati scritti sopra.
Ragazzo: "Salve, signore. Potrebbe dirmi il suo nome?" Chiese con gentilezza.
Sorrisi.
Michael: "Michael. Michael Penniman" risposi.
Il ragazzo fece scorrere lo sguardo sul foglio, per poi rivolgermi un sorriso.
Ragazzo: "Prego, mi segua" disse.
Mi condusse per un largo corridoio, alla fine del quale c'era una grande porta dorata.
Mi aprì la porta e si scostò di lato.
Ragazzo: "Le auguro una buona serata, signore" disse con un mezzo inchino.
Io lo imitai, per poi entrare nella grande sala dalle pareti bianche ed il soffitto affrescato.
Mi guardai intorno con curiosità, osservando i cavalieri perdere sotto braccio le loro dame mascherate.
Alzai lo sguardo verso il grande soffitto, ricoperto da una pittura che raffigurava una scena di caccia della dea Diana, armata di arco e frecce.
In fondo alla sala, in un punto rialzato, un orchestra di archi e fiati suonava dolci melodie d'accompagnamento.
Lungo il perimetro si vedevano dei divanetti si pelle ecrù, sormontati da cuscini in seta e cotone indiano dai colori vivaci.
Disorientato, non sapevo dove andare, quando a me si avvicinò un cameriere.
Reggeva un vassoio sopra il quale erano posati eleganti calici di cristallo pieni di vino bianco.
Ne presi uno e me lo portai alle labbra.
Il liquido aromatico mi bagnò la lingua, scendendo giù per la mia gola riarsa, dandomi modo di dimenticare almeno in parte quanto successo quel pomeriggio.
A quel pensiero, quasi mi strozzai con l'alcolico che aveva in mano e mi affrettai ad allontanare il bicchiere dalle labbra.
Gettai un'altra rapida occhiata alla sala, e notai che un gruppo di ragazze mi stavano osservando.
Una di loro, una mora con un vestito rosso, non staccava lo sguardo dal mio viso.
Le sorrisi, alzando il calice, al suo indirizzo.
Lei si coprì il viso con il ventaglio che reggeva in mano, invitandomi con l'indice ad avvicinarmi.
Subito arrossii, sperando ardentemente che la donna non se ne accorgesse.
Sfortunatamente, lei e le sue compagne iniziarono ad emettere dei piccoli risolini, coprendosi le labbra con le mani guantate o con i ventagli.
Distolsi lo sguardo da quella combriccola, vuotando il calice.
Lo posai sul vassoio di uno dei maggiordomi che bazzicavano la sala, prendendone subito un altro.
Stavo per portarmi alle labbra anche il secondo bicchiere, quando sentii una mano posarsi sulla mia spalla.
Mi girai di scatto, trovandomi di fronte Mrs Randall.
Indossava un abito lungo blu, legato in vita da un nastro argentato.
Attorno al suo collo brillava una collana di zaffiri, mentre il viso era coperto per metà da una maschera piumata color argento.
Michael: "Buona sera" dissi alzando il bicchiere.
Mrs Randall: "Ciao Michael. Come mai non prendi parte ai festeggiamenti?" Chiese.
Michael: "Non ho molta voglia di far festa" risposi.
Mrs Randall: "Questa apatia ha per caso qualcosa a che fare con la tua transizione?" Chiese ancora.
Scossi il capo in segno di diniego.
Mrs Randall: "Perfetto. Allora seguimi. La Magna Striga vuole parlarti" disse.
Il sangue mi si gelò nelle vene, mentre gocce di sudore freddo iniziarono a scendere lungo la mia schiena.
Deglutii.
Mrs Randall mi prese per il polso, invitandomi con tocco delicato a seguirla.
Non opposi resistenza e mi lasciai trascinare fuori dalla sala, dove la figura austera della Magna Striga era ritta ed immobile.
Era ammantanta in panneggi scuri, che non lasciavano intendere le forme del suo corpo.
Magna Striga: "Ciao Michael. Ti stavo aspettando" disse.
Michael: "Salve Magna Striga" risposi, girandomi lo stelo del calice tra le dita.
Magna Striga: "Noto con piacere che ti sei ristabilito" disse "Ti è per caso comparso il marchio sulla schiena?" Chiese.
Annuii, iniziando a sudare freddo.
Magna Striga: "Bene" disse annuendo.
Michael: "Cosa significa, Magna Striga?" Chiesi chinando il capo.
Magna Striga: "Significa che hai superato lo stato preliminare. Sei un vampiro a tutti gli effetti, adesso" disse.
Deglutii, leccandomi le labbra.
Magna Striga: "Cosa c'è, Michael? Hai paura?" Chiese.
Io non risposi, limitandomi ad abbassare lo sguardo.
La figura rise, emettendo un suono rauco e cavernoso.
Magna Striga: "Portalo via, Tilda" disse a Mrs Randall.
Lei annuì, per poi prendermi di nuovo per il polso e scortarmi nuovamente nell'affollata sala, dove tutti erano impegnati a danzare.
Non appena fummo entrati, una ragazza dai capelli chiari e con un abito marrone con nastri bronzei che metteva in evidenza la mancanza di curve si avvicinò a noi.
Era Ingrid.
Sul viso portava una mezza maschera veneziana beige decorata con fregi bronzei.
Ingrid: "Salve, Mrs Randall. Ciao, Michael" ci salutò.
Mrs Randall: "Ciao, Ingrid. Vorresti concedere a Mr Penniman l'onore di questo ballo?" Chiese.
Lei annuì, inchiandosi.
Ingrid: "Vieni" disse porgendomi la mano.
Strinsi le sue dita delicate tra le mie in una morsa delicata, come se temessi che, piccola com'era, potesse frantumarsi da un momento all'altro.
Mi trascinò al centro della pista e mi mise una mano sulla spalla.
Io le posai una mano sul fianco, mentre intrecciai le dita dell'altra a quelle di lei.
Iniziammo a volteggiare lentamente, destreggiandoci in un lento assieme a tutte le altre coppie.
Ingrid si muoveva con grazia, come se fosse stata una foglia caduta da un albero in autunno e poi abbandonatasi alla brezza.
Ingrid: "Michael, sei sicuro di stare bene?" Chiese ad un tratto.
Sussultai.
Ne ero sicuro? Oppure no? Stavo bene? O ero in balia di un male sconosciuto?
Michael: "Non lo so, Ingrid" risposi, continuando a danzare con lei.
Ingrid: "Probabilmente Mrs Randall te lo avrà già chiesto, ma vorrei ugualmente sapere come sta andando la tua vita da vampiro. Ti va di raccontarmi qualcosa?" chiese.
Io annuii.
Michael: "I primi giorni sono stati traumatici, ma adesso mi sto abituando e sto cercando di accettare la mia vera natura" dissi.
Lei mi sorrise leggermente.
Ingrid: "All'inizio è difficile. Poi ci si abitua, e diventa tutto ordinario" disse con una punta di rammarico nella voce.
Io annuii.
"Alla fine ci si rassegna. Alla fine assorbiamo tutti i colpi che la vita ci sferra" Pensai con tristezza.
Poi la musica finì, e tutte le coppie smisero di danzare.
Ingrid si staccò da me, lasciandomi la mano ed inchiandosi.
La imitai, e stavo per riprenderle la mano quando a noi si avvicinò la dama vestita di rosso.
???: "Hey, che ne diresti di invitarmi a ballare?" Chiese posandomi due dita sul petto e facendole scorrere su e giù sui bottoni della mia camicia.
Deglutii, sentendo che il sangue mi fluiva alle guance.
Michael: "Ecco, io..." balbettai guardando Ingrid.
Ingrid: "Tranquillo, Michael. Avrei dovuto comunque smettere di danzare con te andare da Mrs Randall. Almeno ti lascio in buona compagnia" disse con un sorriso.
Poi se ne andò, procedendo a passo lento, cercando di non incespicare nell'orlo della gonna.
Mi girai nuovamente verso la ragazza in rosso, che mi osservava sorridendo.
Il vestito che indossava le lasciava le spalle e la gola scoperte.
Attorno a quest'ultima, brillava una collana d'argento, all'estremità della quale si trovava un ciondolo di forma quadrata.
Subito un fremito mi percorse da capo a piedi, mentre mi immaginavo già pronto a bere il sangue di quella donna.
Scossi piano il capo, cercando di concentrarmi su altri dettagli del corpo di lei, sperando che questo mi aiutasse a distogliere l'attenzione dalla vena pulsante appena sotto la candida pelle del suo collo.
Ad esempio, aveva lunghi capelli neri, che le arrivavano fino alla vita e la carnagione chiara, messa in risalto dall'abitato scarlatto dal corsetto stretto che lasciava intravedere il seno generoso.
Sul viso portava una maschera abbinata al vestito, sotto la quale si indovinavano due occhi neri come la pece.
Le labbra carnose erano truccate di rosso.
Ebbi giusto il tempo di posarle una mano sul fianco e di intrecciare le dita alle sue, perché l'orchestra iniziò a suonare, producendo una melodia più allegra della precedente.
Iniziai a farla volteggiare, cercando di guardarla il meno possibile.
???: "Alza gli occhi, monsieur" disse, facendo sentire il marcato accento francese.
Posai lo sguardo sul suo viso.
???: "Bien" disse "Io sono Camille Leclerc. E tu?" Chiese.
Deglutii.
Michael: "Mi... mi chiamo... Michael Penniman" balbettai.
Lei sorrise, stringendomi la spalla.
Camille: "Non sei inglese, vero?" Chiese, pronunciando "anglese" al posto di "inglese".
Michael: "No... io e la mia famiglia... siamo scappati dal Libano, la nostra terra natale, a causa dello scoppio della guerra civile" dissi arrossendo.
Camille: "Oh, c'est terrible!" Disse lei in francese.
Michael: "E tu? Sei francese vero? Come mai sei qui, a Londra?" Chiesi prendendo coraggio.
Camille: "Faccio parte del corpo di ballo della 'École de Balet', a Parigi. Sono qui per uno spettacolo con la Royal e prenderò parte agli allenamenti dalla prossima settimana" disse con un sorriso.
Io sorrisi a mia volta, lasciando che la tensione per la presenza di Camille si placasse un pochino.
Michael: "Deve mancarti molto la Francia, vero?" Chiesi ad un tratto.
Camille: "Oh, no. Non ho mai considerato la Francia come una patria. Ero una ragazza diciottenne dell'élite parigina, questo si... ma il clima era opprimente e le regole troppo ferree. Al confronto, l'Inghilterra è un paese molto aperto allo sviluppo delle diversità" disse, gonfiando il petto e facendo scorgere le curve del seno.
Io le sorrisi, guardando il suo scollo ed annuendo.
Quindi la musica terminò.
Mentre tutte le coppie si fermavano, Camille mi prese per mano e mi condusse ad uno dei tanti divanetti accostati alle pareti della sala.
Si sedette, facendomi cenno di accomodarmi accanto a lei.
Titubante, obbedii.
Subito un maggiordomo ci portò due bicchieri di vino dolce all'aroma di melagrana, leggermente frizzante e dal color rosa tenue.
Camille sollevò il suo calice e brindò.
Camille: "Alla salute" disse.
Poi buttò giù un piccolo sorso di alcolico ed iniziò a giocherellare con lo stelo del calice.
Vedendo che non accennavo a bere, la mora mi guardò.
Camille: "Tu non bevi?" Chiese perplessa.
Michael: "Scusa, ma questa è stata una brutta giornata" dissi "Non sono in vena di brindare" continuai in tono malinconico.
La ragazza mi squadrò, per poi posare una mano sulla mia.
Mi rivolse un sorriso di incoraggiamento, per poi avvicinare le labbra al mio orecchio.
Soffiò sul mio collo, posando la bocca sul lobo.
Camille: "E allora brinda affinché domani possa andare meglio" disse soffiando.
Rabbrividii.
Pian piano, avvicinai il bicchiere alle labbra.
Il liquido dolce mi bagnò la lingua e la gola, concedendosi sollievo.
Vuotai il bicchiere e lo posai sul pavimento accanto al divano.
Mi voltai verso Camille, che mi sorrise, civettuola.
In quel momento, sentii che uno strano desiderio si insinuava dentro di me, animandomi.
Mi sentii come se avessi perso il controllo di me stesso e mi lasciai andare al suo fascino maledetto.
Camille: "Va meglio, adesso?" Chiese posando una mano sulla mia coscia, iniziando a dipingere cerchi immaginari con le unghie lunghe.
Mi guardò, sorridendo con fare provocante.
Senza pensare, le posai una mano sulla spalla, lasciando poi scorrere le dita fin sopra la curva del seno destro.
Percorsi il morbido contorno con le dita, fin quasi ad arrivare nell'incavo in mezzo al suo petto.
Lei mi sorrise, per poi spostare la mia mano dal suo décolleté.
Camille: "Non qui..."  disse posandomi una mano sul viso "Vieni con me, conosco un posto dove nessuno potrà vederci" disse in tono dolce e suadente.
Io le sorrisi, per poi alzarmi e porgerle il braccio.
Lei lo prese ed insieme ci dirigemmo fuori dalla sala.
Lì, Camille si staccò da me, iniziando a salire agilmente lo scalone che portava ad un livello ancora superiore.
Quando arrivammo in cima alle scale, la mora svoltò a destra, oltrepassando una piccola porta che dava su uno dei palchetti, nella sala principale.
Io la seguii, chiudendo i battenti alle mie spalle.
Quando mi girai, Camille era appoggiata alla balaustra e si era tolta la maschera, mettendo in mostra il volto giovane e dai tratti delicati.
Mi sorrideva, provocandomi con l'indice ad avvicinarmi a lei.
Feci come ordinava e le posai le mani sui fianchi.
La spinsi contro il bordo della ringhiera e lei allacciò lei braccia attorno al mio collo.
Iniziai a baciarle il collo, facendola gemere, percorrendo con le labbra il contorno della vena principale.
Lei sorrise, iniziando ad accarezzarmi i capelli, tirandomi i riccioli con le dita sottili.
Sorrisi sulla sua gola, facendole il solletico.
Portai una mano sul seno sinistro di Camille, stringendolo tra le dita, accarezzando quella pelle morbida come la polpa di una pesca matura.
Camille potrò una mano sul mio cavallo, iniziando a percorrere con un dito i contorni della mia virilità.
Sospirai, non sapevo se per il piacere o se per la consapevolezza che tutto quello fosse sbagliato o ancora se per il fatto che non me ne importasse nulla.
Poi, pian piano, sentii che i canini saettavano fuori dalle gengive, per poi affondare nella morbida pelle della mora.
Camille gemette quando i miei denti le perforarono la pelle, ma non si rese conto di quello che stava succedendo e si lasciò cullare dal piacere che attraversava entrambi.
Iniziai a prendere piccoli sorsi del suo sangue, godendomi il suo sapore ferroso e amarostico.
Era la prima volta che non mi nutrivo per necessità, bensì solo per la brama del piacere derivante dal sangue, che mi fluiva lento in bocca, scendendo nella mia gola in caldi fiotti.
Continuai a bere finché non sentii che Camille iniziava a rilassarsi tra le mie braccia.
Allora leccai le ultime gocce di sangue e sfilai i denti dalla vena.
Pian piano, portai una mano dietro la sua schiena, strappando uno dei nastri che bloccava il corsetto.
Glielo legai attorno al collo, dando un ultimo bacio su quella pelle bianca, perfetta.
E mi resi conto di quanto avevo appena fatto.
Spaventano da me stesso e dalla reziaone che avrebbe avuto Camille se lo avesse scoperto, mi staccai da lei, allontanandomi.
Michael: "Scusa, Camille. Io vorrei..." dissi, ed era vero "Ma non posso" continuai.
Camille: "Perchè non puoi?" Chiese avvicinandosi.
Michael: "Io... scusa... ma sono legato... ad... un'altra... persona" balbettai.
Camille: "Anche io" disse "Ma non mi importa. Voglio lasciare tutto da parte e lasciarmi amare da te, come stavo facendo prima" disse ansimando.
Michael: "Scusa" dissi, per poi precipitarmi fuori dal palchetto.
Scesi le scale di corsa, entrando nuovamente nella sala gremita di persone.
Dopo pochi istanti, una voce femminile riempì l'aria.
Mi voltai verso l'orchestra, dove Mrs Randall, con un micorofmo in mano, stava tenendo un discorso per tutti gli ospiti.
Mrs Randall: "Gentili ospiti, buona sera" disse "Spero che vi siate divertiti e che vogliate farci l'onore di seguirci della sala adiacente a questa per la cena" disse in tono sicuro.
Dalla folla si levò un mormorio sommesso, mentre dame e cavalieri discutevano.
Poi una porta di ciliegio venne aperta e tutti iniziarono a riversarsi nella sala adiacente, come aveva detto Mrs Randall.
Sospinto dalla calca, anche io entrai.
L'arredamento della stanza era costituito da un lungo tavolo imbandito con ogni sorta di pietanze e delle sedie con schienale imbottito.
I commensali iniziarono a prendere posto.
Io mi sedetti accanto ad Ingrid, che mi sorrise caldamente.
Quando fummo tutti seduti, dei camerieri iniziarono a servire i cibi.
Ingrid: "Come è andata con quelle dama?" Chiese curiosa.
Michael: "Bene. È una donna simpatica" dissi.
Ed era una mezza verità, perché le cose erano andate bene, si, ma c'erano stati anche degli inconvenienti dei quali era meglio non parlare.
Quando arrivò il mio turno di essere servito, un ragazzo mi posò davanti un piatto di antipasti, dal quale piluccai una coscia di pernice alle erbe e delle melanzane glassate con zucchero di canna.
Il rumore delle posate che tintinnavano le une contro le altre iniziò a colorare l'atmosfera, accopagnato da un sommesso chiacchiericcio.
Gettai un rapido sguardo ai commensali.
E lo vidi.
Indossava un costume nero e argento, con una semplice maschera nera a celare il volto.
Andreas.
Lo osservai da lontano, senza però ricevere alcuno sguardo in risposta.
Deluso, abbassai gli occhi sul piatto, continuando a mangiare con scarso appetito.
Ingrid se ne accorse, ma non disse nulla.
Il resto della cena passò velocemente, e tra il susseguirsi delle varie portate bevvi molto vino, non sapevo se per la voglia di annegare il dolore di quel pomeriggio o per dimenticare quello che era successo con Camille.
Fatto sta che, quando feci per alzarmi, la testa mi girò e rischiai di cadere.
Fu in quel momento che Andreas si avvicinò a me, sorreggendomi.
Andreas: "Hai bevuto un po' troppo" constatò.
Io non risposi, limitandomi ad appoggiare la testa sulla sua spalla, incurante di tutti quelli che ci guardavano di sottecchi.
Andreas: "Vieni, ti accompagno a casa" disse.
Io anuii.
Salutammo Mrs Randall ed Ingrid, per poi uscire dall'ancora affollata stanza.
Scendemmo le scale fino in fondo, procedendo lentamente a causa della mia andatura incerta a causa dell'alcol.
Quando arrivammo nella hall, la attraversammo, uscendo in strada.
L'aria fresca mi solleticò la pelle del viso, donandomi una piacevole sensazione di sollievo.
Andreas mi condusse alla sua macchina, aiutandomi a mettermi seduto.
Si accomodò al posto del guidatore ed accese io motore.
Durante il viaggio di ritorno mi assopii, per poi risvegliarmi sotto casa mia.
Andreas mi scosse leggermente, facendo si che tornassi nel mondo reale, per quando reale potesse essere io mondo di un ragazzo sbronzo e per di più ancora sveglio.
Michael: "Aspetta, i miei genitori non ci sono. Prendi la chiave dalla tasca della mia giacca" dissi.
Il biondo fece come dicevo, inserì la chiave nella toppa ed aprì la porta.
Entrammo.
Andreas mi aiutò ad arrivare al piano superiore, soreggendomi sulle scale.
Quando arrivammo in camera mia, mi sfilai le scarpe con un calcio, buttandole chissà dove.
Andreas si avvicinò a me.
Posò le sue labbra sulle mie, dando vita ad un bacio carico di passione. E amore. Soprattutto amore.
Quando fece per staccarsi, infatti, lo fermai.
E in un impeto di coraggio, forse a causa della sbronza, gli feci quella proposta.
Michael: "Andreas, aspetta. Ho voglia di fare l'amore con te" dissi, per poi fiondarmi nuovamente sulle sue labbra.
Il biondo ricambiò il bacio e seppi che stava per accadere qualcosa di stupendo.

~Spazioautrice~
Hey, come va?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto (anche se non è il massimo) e che non mi odiate troppo per aver finito così.  =○ =●
Grazie mille per i voti ed i commenti.
Baci.
Hearts_Get_Hurts


Coming In A Dark World||MikandyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora