La prima sensazione che ebbi appena sveglio, fu quella di uno strano formicolio alla mascella.
Mi toccai il viso. Era dalla sera precedente che mi stava tormentando. Il che, a dirla tutta, mi seccava davvero molto, dato che non avevo idea di quale fosse la causa di tanto fastidio.
Aprii gli occhi.
Fissai lo sguardo sul soffitto panna della mia camera, cercando di ignorare il dolore alla mandibola.
"Cazzo... mi sento come se... mi stesse per scoppiare la testa..." Pensai frustrato.
Guardai l'orologio sul comodino. Le 5:09. Era mattina presto. Ed io ero già sveglio. Cosa insolita, per il ragazzo che amava dormire quale ero io.
Sbuffai. Di certo non mi sarei lasciato abbattere da qualche ora di sonno in meno. Pensandoci, era la cosa meno strana che mi fosse capitata negli ultimi due giorni, o almeno non era paragonabile allo strano flusso di energia che avevo sentito in quel vicolo il giorno prima. E neanche all'improvviso dolore ai denti.
Sbuffai di nuovo. Strinsi la coperta viola nella mano destra, iniziando a giocarellare con la frangia di lana.
Cominciai a girarmi le fibre morbide attorno all'indice, quasi distrattamente.
Nel mentre, non potei fare a meno di pensare, per l'ennesima volta, al ragazzo biondo che avevo visto nella metro. Mi aveva letteralmente stregato con il suo fascino. Non potevo togliermelo dalla testa. Non volevo togliermelo dalla testa. E l'unica cosa che volevo era sapere il suo nome.
Smisi di giocare con la frangia della coperta. Non ne potevo più di stare steso dentro quel letto e rimuginare sugli eventi del giorno precedente.
Scostai coperta e lenzuolo di lato con un gesto secco. Poi provai a mettermi seduto... ma mi mossi troppo in fretta, e una fitta di dolore mi percorse tutto il corpo.
Cazzo. Preso com'ero dal ricordo di quel ragazzo mi ero quasi dimenticato del dolore al petto.
Mi stesi di nuovo, il corpo scosso da tremiti.
Aspettai un paio di minuti, poi provai ad alzarmi di nuovo, più lentamente stavolta.
Quando riuscii a mettermi seduto, feci scivolare i piedi oltre il bordo del letto.
Mi alzai in piedi e, cercando di fare meno rumore possibile, iniziai ad andare verso il bagno.
Attraversai il corridoio in punta di piedi ed entrai. Chiusi la porta alle mie spalle, cercando di non fare rumore. Poi accesi le luci.
Presi di nuovo la crema per contusioni che avevo messo la sera prima.
Mi alzai la maglietta del pigiama e mi guardai il petto.
Andava un po' meglio. I lividi erano notevolmente meno gonfi della sera prima, e anche un po' meno violacei.
Presi il tubetto di crema e me ne misi un po' in mano. Massaggiai con cura tutta la parte contusa, facendo dei piccoli movimenti con le dita e tentando di essere delicato.
Finii di spalmare la crema e mi abbassai la maglietta. Mi sciacquai le mani e riposi la crema nel mobiletto.
Lentamente, aprii la porta del bagno, spegnendo le luci.
Tornai in camera mia e guardai l'orologio. Le 5:58.
Decisi di scendere in cucina e mangiare qualcosa.
Mi avviai per il corridoio e scesi le scale in punta di piedi. Arrivato al piano di sotto, mi avviai verso la cucina.
Ero convinto di non trovare nessuno... invece mia madre era già alzata.
Michael: "Hey mamma. Anche tu già in piedi?" Chiesi.
Mamma: "Sì. Anche tu, vedo" disse in tono pacato.
Io annuii.
Michael: "Mamma... C'è qualcosa che ti preoccupa? Non ti svegli mai così presto..." dissi.
Mamma: "Vuoi che ti dica la verità, Michael?" Chiese.
Michael: "Si" riposi.
Mamma: "Sono preoccupata per te, tesoro. Cosa mi nascondi? Cosa è successo ieri? Dimmelo, ti prego..." disse.
Michael: "Ecco... d'accordo..." iniziai.
Mamma: "Sì?" Mi spronò a continuare.
Michael: "Sono... sono stato... pestato" dissi d'un fiato.
Mi alzai la maglietta, in modo che potesse vedere i lividi.
Mamma: "COSA? E tu non volevi dirmelo?" Disse mia madre.
Michael: "Io non volevo farti preoccupare..." iniziai.
Mamma: "Michael... tesoro, ascoltami. Io... non posso più avere fiducia in te, ora che so che mi menti... capisci vero?" Disse.
Aveva le lacrime agli occhi.
Michael: "Mamma... ti prego... dammi un'altra possibilità... per favore" dissi.
Mamma: "Io... d'accordo... ma ti prego, non mentirmi più, okay?" Sussurrò.
Michael: "Vieni qui, mamma" dissi avvicinandomi a lei.
La abbracciai, tenendola stretta.
Mamma: "Non mi mentire più, capito?" Chiese.
Io annuii. Non le avrei più mentito o, almeno, speravo di non doverlo fare.
Mamma: "Tesoro? Hai fame?" Domandò.
Michael: "Si" risposi staccandomi da lei.
Mamma: "Cosa vuoi mangiare?" Chiese.
Michael: "Mmm... posso avere una cioccolata calda bianca e dei biscotti?" Domandai timidamente.
Mia mamma annuì.
Si mise ai fornelli e iniziò a riscaldare il latte per la cioccolata. Prese una tavoletta di cioccolato bianco e ne tagliò un pezzo. Lo mise a sciogliere nel latte caldo.
Andò vicino al mobile e aprì una porta. Cercò un po', poi tirò fuori una scatola di latta. Dentro c'erano i suoi famosi brownie al cioccolato e nocciole. Amavo quei biscotti. Anzi, più precisamente, ero dipendente da quei biscotti.
Mia madre svitò il coperchio e mise tre biscotti in un piatto. Posò la scatola e tornò ai fornelli. Spense il fuoco sotto il latte, Mescolò con un cucchiaino e versò la cioccolata in una tazza.
Mamma: "Siediti" disse posando la tazza e il piatto sul tavolo.
Io obbedii.
Una volta seduto, presi un brownie dal piatto e me lo portai alla bocca. Provai a dare un morso... e, esattamente come la sera prima, una scossa di dolore divampò dalla mia mascella, percorrendomi tutto il corpo.
Michael: "Ahi!" Esclamai.
Mi portai una mano sulla bocca per non urlare.
Mamma: "Michael? Che succede?" Chiese.
Io scossi il capo. Non mi sembrava il caso di dirle che mi facevano male i denti ma che non ne sapevo la causa.
???: "E meno male che avevi promesso si non mentire più a tua mamma. Un inizio molto promettente" disse la vocina nella mia testa.
Mika: "E tu chi saresti, scusa?" Chiesi.
???: "Sono la tua coscienza" disse.
Mika: "Smetti di essere così saccente e stai zitta" le dissi.
E la mia coscienza non rispose. Aveva smesso di infastidirmi. Che liberazione.
Mamma: "Vuoi un antidolorifico?" Chiese mia mamma.
La sua voce mi distolse dai miei pensieri.
Michael: "Ehm... Okay, si" risposi.
Mia madre annuì, poi andò verso il mobiletto delle medicine.
Cercò un po' tra le varie scatole, poi ne prese uno bianco con una scritta fucsia e nera. Tachipirina.
Aprì la scatola e mi porse una pillola.
Io la presi e me la misi in bocca. La buttai giù con un sorso di cioccolata calda.
Finii di fare colazione...anche se dovetti lasciare i biscotti nel piatto, a malincuore.
Michael: "Vado a fare una doccia" dissi.
Mamma: "Okay... e... Michael? Metti una crema per contusioni su quei lividi" disse.
Io annuii, poi mi avviai verso le scale.
Iniziai a salire.
Arrivato al piano di sopra, andai in camera mia. Presi uno skinny nero, hna camicia bianca e una giacca blu elettrico. Afferrai le vans blu scuro e un boxer e andai in bagno.
Chiusi la porta con un calcio e posai i vestiti sul ripiano di marmo rosa vicino al lavandino.
Mi sfilai il pigiama e lo piegai con cura, mettendolo di fianco ai vestiti. Poi mi tolsi i boxer e li buttai nel cesto dei panni sporchi.
Aprii le porte della doccia e mi infilai dentro.
Chiusi la cabina e aprii l'acqua. Lasciai che questa mi scorresse su tutto il corpo, accarezzandomi la pelle e sciogliendo i muscoli tesi. Si, ero nervoso. Forse non avrei dovuto rivelare a mia mamma che ero stato picchiato. Forse avrei dovuto tenere la bocca chiusa... ma ormai era tardi per i rimpianti, quel che era fatto era fatto.
Iniziai ad insaponarmi con cura. Non avevo fretta. Erano appena le 6:35. Avevo tutto il tempo per fare una doccia rilassante, vestirmi e arrivare a scuola in orario. Decisi di fare anche uno shampoo, giusto per perdere un po' di tempo.
Finii di insaponarmi e mi sciacquai.
Chiusi il rubinetto e uscii dalla doccia.
Infilai l'accappatoio e mi ci avvolsi dentro. Andai davanti allo specchio e presi l'asciugacapelli.
Lo accesi e iniziai ad asciugarmi i capelli, aiutandomi con la mano libera. Anche se non sembrerebbe, asciugare i capelli ricci è una vera battaglia. Bisogna state attenti a non asciugarli con l'aria troppo calda, altrimenti si increspano e sono da rilavare. Insomma, avere i capelli ricci è complicato, a prescindere da quanto si portano lunghi.
Finii di asciugarmi i capelli e riposi l'asciugacapelli nel mobile sotto il lavandino.
Mi tolsi l'accappatoio e lo appesi al gancio.
Infilai boxer e pantaloni, poi presi la crema per contusioni che avevo messo la sera prima. Iniziai ad applicarla sui lividi, massaggiando finché non fu assorbita dalla pelle.
Posai la crema e infilai la camicia e iniziai ad abbottonarla.
Finito di chiudere i bottoni, mi guardai allo specchio. Cavolo quanto era attillata quella camicia. Metteva in risalto gli addominali e I muscoli delle braccia e della schiena. E poi non era troppo trasparente, quindi I lividi non si notavano per niente.
Presi la giacca e la infilai, assieme ai calzini e alle vans.
Mi guardai di nuovo allo specchio. Avevo un bellissimo aspetto... se non si contava l'espressione triste che avevo dipinta sul volto. Non che in genere avessi un'espressione allegra, in genere sorridevo quel poco che bastava. Prima, almeno, uscivo di casa col sorriso sulle labbra. Prima.
Prima era tutto più semplice. E per prima, intendo prima che venissi a patti con la mia omosessualità. Prima... Ero preso in giro comunque, certo, però... non erano cose così pesanti. Di sicuro, nessuno è mai morto per essere stato chiamato imbranato o incapace. Ma molti, e dico molti, si sono uccisi perché omosessuali. Si, avete capito bene, quando iniziano a chiamarti "frocio" o "checca" o ancora "finocchio" inizi a capire che non se ben accetto. Perché sei diverso. E la diversità è la qualità che fa paura a tutti. Quando vediamo qualcuno che ha abitudini e usi (o anche orientamento sessuale) diversi dai nostri, la prima reazione è la paura. Poi viene il disgusto. E poi la discriminazione ingiustificata, almeno per come la vedevo io.
Per me un mondo in cui tutti si somigliano è un mondo grigio. Dovunque si va a guardare si vedrà sempre e solo una cosa: monotonia. Insana monotonia.
Ma, alla fin fine, è questo che vuole la gente... Perché? Perché ha paura di qualunque cosa sia diversa. E la cosa peggiore, è che alla base di questa paura c'è un egoismo sfrenato. Pensateci: si può essere diversi in peggio, ma anche in meglio. E questo fa paura. Molta paura.
Con ciò non voglio dire che i gay sono meglio degli etero o che chi è diverso è migliore, no. Voglio solo dire che, in fondo, siamo tutti uguali, eppure tutti diversi. Abbiamo lo stesso diritto di amare, ma lo facciamo in modi differenti... e non sempre siamo accettati per questo...
"Se solo le persone ci pensassero... capirebbero che è solo una questione di rispetto..." Pensai.
Poi, sconfortato da quei pensieri, aprii la porta del bagno e andai in camera mia.
Una volta lì, posai il pigiama sotto il cuscino e presi lo zainetto.
Me lo buttai sulla spalla destra e scesi di nuovo in cucina.
Guardai l'ora dal cellulare. Le 7:08. Avevo ancora tempo, potevo fare con calma.
Andai in salotto. Mi sedetti sul divano, spostando lo sguardo dalle pareti bianco latte ai mobili di mogano... Quel contrasto tra chiaro e scuro mi piaceva moltissimo, era semplice, ma allo stesso tempo molto elegante.
Posai lo sguardo su uno dei cuscini presenti sul divano. Era il mio preferito, rosa antico con ricami a floreali. Lo aveva fatto mia nonna, ed era per questo che mia madre lo teneva, nonostante tutti gli altri cuscini fossero rosso scuro.
Mamma: "Michael?" Sentii dire a mia madre.
Michael: "Si?" Dissi.
Mamma: "Oggi voglio che mi chiami quando arrivi a scuola e quando prendi la metro per tornare a casa, capito?" Disse.
Io annuii.
Mamma: "Bene" disse "Ora vai, solo le 7:35" disse.
Michael: "Okay. Ciao mamma" dissi prendendo lo zainetto e alzandomi dal divano.
Mamma: "Ciao Michael" disse.
Andai verso la porta e la aprii.
Uscii di casa e mi avviai alla metro. Non avevo fretta, avevo 55 minuti per arrivare a scuola. Ergo, un'eternità.
Iniziai a percorrere Queensway con passo regolare, senza correre ma senza andare troppo lentamente.
Arrivato alla stazione, feci un biglietto e scesi al sottolivello.
Mi appoggiai alla parete e aspettai qualche minuto, poi sentii il rombo dei motori del treno.
Quando si questo si fermò salii in carrozza con passo fluido.
Zigzagai tra la folla e riuscii ad arrivare al fondo della carrozza.
Afferrai uno dei sorgenti sul soffitto, chiudendovi attorno le dita.
Aspettai pazientemente che il treno arrivasse a Holborn.
Tirai un sospiro di sollievo.
Mentre ero nel treno ero stato spintonato e urtato dagli altri passeggeri. E, guarda caso, una vecchietta mi aveva urtato proprio sul petto, in corrispondenza dei lividi.
Scesi dal treno e tirai un sospiro di sollievo.
Poi mi avviai verso il punto di scambio con la Piccadilly Line.
Aspettai qualche attimo e salii sul primo treno che arrivò.
Dopo nemmeno dieci minuti, ero ad Hight Street Kensington.
Scesi dal treno e mi diressi verso l'uscita della metro.
Arrivato in superficie, attraversai la strada.
Poi presi il telefono. Dovevo chiamare mia madre.
Composi il numero e inviai la chiamata.
Uno squillo. Due. Tre. Al quarto squillo mia madre rispose.
Micheal: "Mamma, sono arrivato" dissi.
Mamma: "Okay, buona giornata, tesoro" ripose.
Poi riattaccò.
Infilai il telefono in tasca e mi avviai verso la scuola.
Arrivato davanti al grande edificio, guardai l'ora. Le 8:06.
Avevo ancora del tempo prima di entrare.
Decisi di andare ad accostarmi al solito posto, vicino al pino.
Attraversai il cortile, zigzagando tra gli altri studenti.
Arrivato vicino alla pianta, mi accostai al tronco, posando lo zainetto per terra.
Presi il cellulare e iniziai a giocare a Fruit Ninja, il mio gioco preferito.
Evidentemente mi feci prendere molto dalla partita, perché, quando la campanella suonò, mi sembrava che fossero passati solo pochi minuti.
Sbuffai.
Posai il telefono e mi diressi verso l'entrata dell'edificio assume agli altri studenti.
Varcai il portone e salii le scale, arrivato al piano di sopra.
Mi diressi verso l'aula di scienze.
Quel giorno avevamo in programma le ultime interrogazioni prima delle vacanze di Natale.
L'argomento? La formazione della Terra e della Luna.
Arrivato in classe, mi sedetti all solito banco. Alcuni studenti erano già arrivati, ma molti altri erano ancora fuori dall'aula.
Ad un tratto, Lyn entrò, seguita da una sua amica.
Mi salutò con un sorriso e un gesto della mano.
Ricambiai.
???: "Lyn, non ti sarai presa una cotta per Penniman, vero?" Chiese la sua amica
Lyn: "Clare, ascolta! Non mi sono presa una cotta per nessuno, ma Michael è una persona fantastica! E sai che ti dico? Oggi vado a sedermi vicino a lui!" Rispose a tono la mora.
Venne verso di me.
Lyn: "Hey" disse.
Michael: "Hey, Lyn! Senti... io non voglio che tu perda delle amiche per colpa mia..." iniziai.
Lyn: "Non. Dire. Altro." Sillabò "Michael, tu sei un ragazzo molto simpatico, me ne fotto se sei gay, io voglio essere tua amica lo stesso" disse.
Io sorrisi, e lei ricambiò, sedendosi.
Quando fummo tutti dentro, Mr Parker fece il suo ingresso.
Indossava un completo gessato nero e una camicia viola scuro.
Si sedette alla scrivania e ci salutò.
Mr Parker: " Salve ragazzi" disse.
Tutti: "Salve Mr Parker" dicemmo in coro.
Mr Parker: "Allora, oggi faremo le ultime interrogazioni prima delle vacanze di Natale. Vi dividerete in coppie. Io farò delle domande. La coppia che risponderà a più quesiti non avrà altre interrogazioni fino a fine quadrimestre, tranne un'ultima mettere i voti definitivi" disse.
Tutti annuimmo.
Iniziammo a formare le coppie, facendo dei cambi di posto.
Io scelsi di stare con Lyn.
Quando fu tutto finito, Mr Parker tirò fuori un quaderno.
Mr Parker: "Chi mi sa dire come si è formata la Luna?" Chiese.
Io alzai la mano.
Michael: "La Luna si formò quando un planetoide minore entrò in collisione con la Terra quando essa era ancora in formazione. Dallo scontro derivanorono molti detriti, che si agglomerarono fino a formare il nostro satellite" dissi "Un'altra cosa, la Luna ha una faccia nascosta, notevolmente più frastagliata di quella che ci mostra. Si pensa che la causa sia dovuta allo scontro di essa con un altro satellite della Terra, andato distrutto durante l'impatto. Non si può essere sicuri di questa ipotesi, ma gli scienziati stanno lavorando per scoprirne l'autenticità" aggiunsi.
Mr Parker: "Bene. Lyn, vuoi aggiungere qualcosa?" Chiese.
Lyn: "Sì. Dopo la sua formazione, la Luna fu catturata dall'orbita della Terra, diventando il suo satellite e dando origine a quello che noi chiamiamo Sistema Terra-Luna. Da questo sistema hanno origine le variazioni delle maree" disse.
Mr Parker annuì.
Iniziò a fare altre domande.
Dopo un'ora molto noiosa, la lezione finì. Io e Lyn avevamo risposto ad altre due domande.
Mr Parker disse che avrebbe annunciato la coppia vincitrice quel venerdì.
Uscimmo dalla classe. Avevo lezione di Educazione Fisica.
Dovevo andare in palestra.
Lyn si affiancò a me.
Lyn: "Michael, per caso sai se oggi Mrs Jackson ha intenzione di far fare pallavolo o esercizi a terra?" Chiese.
Michael: "Pallavolo, mi sembra" risposi.
Lyn: "Che palle... io sono una schiappa a pallavolo" disse.
Michael: "Ti aiuto io... se vuoi, ovviamente" proposi.
Lyn: "Mi farebbe piacere" disse con un sorriso.
Le sorrisi anche io, poi iniziammo a scendere le scale assieme agli altri ragazzi.
La palestra si trovava al piano -1. Dovevamo scendere due rampe di scale.
Arrivati al piano -1, io e Lyn ci separammo.
Entrai nello spogliatoio maschile.
Mi tolsi la giacca, appendendola a uno dei ganci dirgendomi al centro della palestra, assieme agli altri studenti.
Cercai Lyn con lo sguardo.
Quando la vidi feci per raggiungerla... ma Dominik si piazzò di fronte a me.
Dominik: "Ma ciao, ballerina" ghignò.
Michael: "Dominik. Lasciami. In. Pace." Scandii.
Lui ghignò di nuovo.
Dominik: "Oh, scusa se ti sto infastidendo, cara. Prego, passa pure" disse facendosi di lato con una risata.
Io sbuffai, ma non dissi altro, limitandomi a superarlo.
Arrivato vicino a Lyn, le posai una mano sulla spalla.
Lyn: "Hey, di nuovo" disse.
Michael: "Dobbiamo fare squadra?" Chiesi.
Lyn: "Sì! Ne sarei felice" disse.
Io annuii.
Poi Mrs Jackson fece la sua comparsa.
Era una donna sui trentacinque, abbastanza alta e magra. Aveva dei capelli biondo miele raccolti a coda e la pelle chiara. Indossava un jeans con strass sulle cosce, con una maglietta lilla sotto una felpa nera della "domyos".
Mrs Jackson: "Salve ragazzi! Oggi faremo una partita a pallavolo, chi se la sente? Gli altri possono palleggiare fuori campo" disse.
Michael: "professoressa? Io e Lyn possiamo stare fuori campo?" Chiesi.
Mrs Jackson: "Sì, certo... hai intenzione di insegnarle qualche trucchetto?" Mi chiese.
Io annuii.
La professoressa annuì di rimando e sorrise.
Michael: "Lyn? Vai a prendere una palla?" Chiesi.
Lyn: "Corro" disse.
Si avviò a passo svelto verso il cesto che conteneva le palle. Ne prese una rossa e tornò verso di me.
Lyn: "Ecco qua" disse lanciandomi la palla.
Michael: "Allora, per prima cosa devi..." iniziai.
Le spiegai le tecniche di base, facendole vedere come eseguire i passaggi e i lanci lunghi.
Dopo svariati tentativi, Lyn riuscì a mettere a segno qualche passaggio.
Michael: "Ancora su" la spronavo.
Continuammo così per un'ora e mezza. (La lezione di ginnastica era l'unica a durare tanto, perché la avevamo solo una volta a settimana).
Poi la professoressa fischiò. Era ora di posare i palloni e tornare di sopra.
Presi il pallone e lo riposi nel cesto, poi mi avviai verso lo spogliatoio.
Una volta dentro mi rimisi la giacca e uscii assieme agli altri ragazzi.
Una volta fuori, Lyn mi venne vicino.
Lyn: "Adesso abbiamo lezione di letteratura inglese, giusto?" Chiese.
Michael: "Si... e credo che Mr Smith abbia intenzione di interrogare su Wilde" risposi.
Lyn sbuffò.
???: "Lyn? Vieni a stare con noi?" Chiese una ragazza dai capelli tinti di azzurro.
Lyn: "Ti dispiace se...?" Chiese.
Michael: "Vai pure" la rassicurai.
Lei mi sorrise, poi andò dalla sua amica.
Così rimasi solo. Iniziai a salire le scale con passo svelto.
Una volta che ebbi salito tutte e due le rampe di scale, mi diressi all'aula di letteratura inglese.
Mr Smith ci stava aspettando.
Michael: "Giorno, Mr Smith" dissi entrando.
Mr Smith: "salve" ripose lui.
Mr Smith era un uomo alto e in carne, un vero gigante!
Quel giorno indossava un maglione rosso e una pantalone scuro. I suoi capelli castano chiaro erano in disordine, come sempre.
Andai a sedermi al mio posto, mentre tutti gli altri entravano.
Quando fummo tutti dentro, Mr Smith chiuse la porta.
Mr Smith: "Okay, oggi parleremo di Oscar Wilde" disse.
Tirò fuori delle fotocopie e le distribuì.
Iniziò a leggere. Io, non potendo leggere, cercai di prestare la massima attenzione... ma non ci riuscii.
Ero molto arrabbiato con Dominik, che mi aveva preso di giro di nuovo, e poi... per la prima volta da quella mattina, il dolore ai denti riprese a farsi sentire.
Mi portai una mano sulla bocca.
Da dove veniva quel dolore?
E perché si presentava solo adesso?
Perché solo dopo che ero stato preso in giro?
Pensai che potesse trattarsi di una semplice reazione dei muscoli che si contraevano.
Ma, in cuor mio, dubitavo che la spiegazione fosse questa.
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Coming In A Dark World||Mikandy
FanfictionMichael è un ballerino alla "Royal Opera House". Ha 22 anni ed uno spiacevole passato, dal quale fugge attraverso la danza. Si allena strenuamente, dopo la scuola. Ma un giorno, mentre si esercita con gli altri, uno strano tipo si presenta nella s...