Capitolo XXIX

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Ore 17.30 – Yaroslav, Hotel Pan

Irina guardò con soddisfazione il foglio che veniva appeso in bacheca, dove c'erano scritti i risultati finali della gara, e non poté che compiacersi nel vedere scritto a chiare lettere al primo posto il suo nome e quello di Dimitri, con il relativo tempo di percorrenza. Il russo dalla barba scura, che aveva scoperto chiamarsi Samson, si voltò e prima di andarsene le rivolse un cenno di saluto piuttosto freddo.

Attraversò l'ingresso, la neve che cadeva oltre le vetrate imbiancando ulteriormente il paesaggio, e gettò un'occhiata fuori, dimenticandosi per un momento che si trovava nel bel mezzo di una missione.

Era stata brava, poteva anche dirselo. Contro ogni previsione, era riuscita a staccare la sua vita privata dal "lavoro", e aveva ottenuto un ottimo risultato. Il dramma per aver lasciato Xander non era riuscito a scalfire la sua determinazione, non aveva intaccato la sua capacità di essere fredda pilota clandestina quando serviva; non credeva di esserci riuscita, di aver dimenticato per qualche ora il dolore che portava comunque dentro, e che la gara aveva spento per un po'.

Tanto non lo avrebbe mai negato, non avrebbe mai negato che amava ancora Xander, anche se non si capivano più, anche se lui sembrava diverso e il muro che c'era tra loro appariva sempre più spesso. Non avrebbe negato che, fosse dipeso solo da lei, non lo avrebbe mai lasciato, che voleva continuare a stare con lui, ma era chiaro che qualcosa non andava, che entrambi avevano bisogno di tempo, di solitudine per capire cosa provavano ancora.

Non sperava che le cose tornassero come prima: aveva imparato nella vita che farsi illusioni non faceva altro che ferire e peggiorare le cose. Anzi, non ci contava neanche: era sicura che se era arrivata a quella decisione, aveva già il sentore che ormai il "loro tempo" era finito, che non ci sarebbe stato un seguito, un ritorno. Xander aveva dimostrato che condivideva la sua decisione, che non si opponeva, e ciò significava che da parte sua pensava che andava bene così: ognuno per la sua strada, liberi.

Appoggiò la mano sul vetro freddo, la neve che cadeva oltre le vetrate, e trasse un sospiro. Ora che le cose erano cambiate, aveva davanti molti scenari diversi, molte possibilità... Cosa fare una volta tornata a Los Angeles? Cosa fare dei ricordi che portava dentro, dei progetti che aveva avuto fino a poco tempo prima? Cosa fare delle pagine scritte fino a quel momento, in quel libro malandato che era la sua vita?

"Niente, non ci devo fare niente. Rimarranno dove sono, immobili, dentro la loro bella teca di vetro, senza farsi scalfire dal tempo. Se serviranno ancora, usciranno fuori, altrimenti faranno parte del passato... Non serve guardarsi troppo indietro, e non serve guardarsi troppo avanti. I traguardi sono solo nuovi punti di partenza, gli arrivi non sono altro che miraggi. Il presente è quello che conta di più, quello su cui puntare la propria attenzione".

Si sarebbe concentrata solo sulla missione, d'ora in poi. Il suo obiettivo sarebbe stato solo trovare e arrestare la Lince, fare quello per cui era partita, dimenticando tutto il resto. Era quello che una brava agente dell'F.B.I. avrebbe fatto, lasciandosi alle spalle tutti i problemi. Il mondo non girava intorno a lei e alla sua vita, questo lo sapeva già.

Mise la mano in tasca e si rigirò le chiavi della Punto tra le dita. In quel momento, la sua auto era parcheggiata nel garage a pochi metri di distanza da lì, insieme a tutte le altre macchine, a riposo dopo una lunga e difficile gara.

Guardò l'orologio: era presto per fare rapporto a McDonall, e Dimitri doveva essere di sopra in camera sua, forse a parlare con Emilian al telefono. Non si erano detti quasi niente, dopo la gara, perché lei era rimasta tutto il tempo al bar, a felicitarsi del fatto che praticamente lei, Xander e Vladimir erano in situazione di parità. Anche se l'unica che sembrava entusiasta della cosa era lei, visto che gli altri si erano già defilati.

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