Capitolo XLV

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Ore 04.15 – Mosca, Appartamento di William

"Se vuoi ancora incontrami, hai ventiquattro ore da questo momento in poi per raggiungermi... Predi la tua auto, da sola, e percorri la Mosca-Cherepovaun'altra volta. Sarò lì ad aspettarti".

Irina rimase a guardare il messaggio, basita. Ci volle qualche secondo per registrare il significato delle parole, ma un attimo dopo i suoi occhi fissarono la lampada del comodino senza vederla.

La Lince si era fatta viva, alla fine, e lo aveva fatto nel modo più inaspettato e complesso che poteva immaginare.

Guardò rapidamente l'ora di arrivo del messaggio: 03.48. Aveva già perso quasi mezz'ora...

Posò il cellulare sul comodino, e gettò un'occhiata a William che dormiva, gli occhi verdi chiusi e il tatuaggio dello scorpione nascosto dalla coperta.

Non si chiese cosa doveva fare, perché lo sapeva già.

Doveva partire il prima possibile, senza guardarsi indietro. La fase finale della sua missione stava per cominciare, e non doveva più preoccuparsi del fatto che William sapeva... Questione di ore, e sarebbe tornato dietro le sbarre. Il suo tradimento non aveva più importanza, perché tornava al suo obiettivo primario: catturare la Lince.

"Da sola".

Il messaggio era chiaro: la Lince voleva vedere solo lei, e nessun'altro. Forse le faceva ripercorrere la Mosca-Cherepova proprio per garantirsi tutta la protezione necessaria: laggiù non ci sarebbe stato nessuno, a parte loro due.

Si alzò, cercando di fare il minor rumore possibile, e si rivestì in fretta e furia, mentre William continuava a dormire, beato. Lasciò per ultime le scarpe, prese il portafoglio e controllò quanti contanti avesse: le sarebbero serviti per la benzina e per l'autostrada...

Afferrò la sua borsa, ci infilò dentro il denaro arrotolato in un piccolo cilindro, il cellulare, la pistola e qualcosa per cambiarsi. Recuperò le scarpe, ma mentre usciva dalla camera semibuia esitò: sentì l'esigenza di voltarsi un'ultima volta. La prossima volta che si sarebbero visti, le circostanze sarebbero state molto diverse.

Era strano vedere dormire lo Scorpione, quando di solito le parti erano invertite... Lui era quello che non aveva punti deboli, che non cedeva mai, che aveva sempre il controllo della situazione. Un po' come Xander, solo che Xander non aveva mai voluto recitare la parte del cattivo. E anche un po' come Dimitri, che però cattivo lo era solo sembrato.

In fondo quei tre si assomigliavano più di quanto loro stessi avrebbero tollerato: Irina, che nel suo cuore li aveva amati tutti, e tutti in modo diverso, lo vedeva. Ognuno di loro aveva i suoi pregi e i suoi difetti, come ogni persona normale. Ognuno di loro aveva i suoi sentimenti, con i quali lei era stata capace di giocare.

Senza che lei lo volesse, nella sua mente si formò un'immagine. Un tavolo, e loro quattro disposti intorno, nel buio più assoluto; un tavolo di quelli spogli, freddi, fatti di metallo e nient'altro, in una stanza vuota e gelida. Forse una prigione? Forse una cella dove si erano rinchiusi per scontare le loro pene, i loro errori?

E si rese finalmente conto che fino a quel momento, tutti e quattro avevano giocato a un gioco pericoloso al quale si erano sottoposti volontariamente.

Tutti e quattro si erano seduti a quel tavolo, in una roulette russa perversa e rischiosa, a passarsi una pistola con un solo colpo, a vedere a chi sarebbe toccato il proiettile. In silenzio, consapevolmente, si erano passati quell'arma l'un l'altro, mettendo in gioco la loro vita ma soprattutto i loro sentimenti. Avevano giocato l'uno contro l'altro, lei compresa, per vedere chi sarebbe sopravvissuto a tutto quel dolore, chi avrebbe ceduto per primo.

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