Capitolo XLII

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Ore 03.00 – Mosca, Appartamento di William

Lo Scorpione chiuse la telefonata e fissò il muro del soggiorno, scarsamente illuminato dalla lampada accesa lì vicino, un piccolo sorriso che gli apriva sulle labbra.

"Figlio di puttana... Lo sapevo che eri tu".

Nikodim.

Solo lui poteva rubare l'auto di Irina e presentarsi alla gara di quella sera facendo finta di niente. Solo lui poteva osare un gesto del genere sotto il suo naso.

Si alzò di scatto e afferrò la pistola che aveva appoggiato sul tavolino. Non pensava di fare così in fretta, ma visto che sapeva da dove partire, voleva ritrovare l'auto di Irina il prima possibile.

Cercò l'altra pistola che teneva nascosta sotto uno dei cuscini del divano e guardò l'orologio: non era abbastanza tardi per fermarlo, e forse sapeva dove trovare Nikodim a quell'ora.

Si infilò la giacca, ma prima di uscire di avvicinò alla porta della camera da letto. Guardò dentro, e scrutando nel buio scorse il corpo di Irina adagiato delicatamente sopra le lenzuola, che dormiva profondamente. Entrò in silenzio, la pistola in una mano e gli occhi che non si staccavano dal volto di quella ragazza da cui ormai dipendeva in tutto e per tutto.

"Ritroverò la tua auto, bambolina. Rivoglio il tuo sorriso solo per me".

Aprì le coperte e la spinse sotto, in un gesto che non aveva mai creduto di ritrovarsi a fare, sfiorandole il viso con la mano. Lei non si svegliò, non emise alcun suono, forse perché era troppo stanca e triste per preoccuparsi di quello che poteva accaderle. Diede un ultimo sguardo a quelle labbra rosate e poi si voltò, uscendo rapidamente dalla stanza e altrettanto rapidamente dall'appartamento.

Una volta sulla Bugatti, decise di puntare al vecchio locale dove aveva sempre trovato Nikodim gli anni passati, anche se aveva la sensazione che difficilmente il russo sarebbe stato lì, visto il gesto che aveva commesso. Era subdolo ma non abbastanza stupido da farsi trovare facilmente.

Il Ginger Party, il pub dove di solito stazionava Nikodim, era un luogo a metà tra un bar e una casa di incontri. Com'era nei gusti del russo, le cameriere servivano i cocktail vestite in tutine aderenti dai colori cangianti, e ammiccavano maliziosamente a tutti i clienti che entravano.

William si gettò un'occhiata intorno, le luci soffuse che gli permettevano di distinguere bene le persone sedute ai tavoli, e capì subito che Nikodim non era lì. Tuttavia non si scoraggiò: poteva sempre chiedere al barista, che gli sembrava lo stesso di due anni prima.

<< Cosa ti do, straniero? >> chiese il tizio, un uomo calvo con un pizzetto pronunciato, in perfetto inglese.

William gli gettò un'occhiata perplessa.

<< Come facevi a sapere che non ero un russo? >> domandò, secco.

Il barista si strinse nelle spalle.

<< Non hai la faccia di uno di qui >>rispose quello, tranquillo.

Insospettito, William ordinò una birra, poi aggiunse: << Sono qui per incontrare Nikodim... Sai dirmi dov'è? >>.

Il barista gli servì la sua birra gelata.

<< No, ultimamente non viene molto da queste parti >> rispose, evasivo.

Lo Scorpione mangiò la foglia: in un attimo capì che il tipo era stato avvertito in qualche modo della possibilità della sua visita, e che aveva ricevuto l'ordine di non parlare. Molto probabilmente sapeva benissimo dove fosse Nikodim in quel momento, ma stava bluffando per fregarlo.

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