Capitolo XXXIII

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Ore 06.00 – Autostrada

Irina stiracchiò le braccia anchilosate, sbattendo contro il finestrino chiuso della Punto, e si lasciò andare a un gemito di fastidio sentendo i muscoli del collo indolenziti. Aprì gli occhi, mentre la luce grigia del mattino illuminava l'abitacolo, una leggera musica di sottofondo a farle da sveglia. Oltre il vetro, la strada poco trafficata scorreva veloce sotto un cielo plumbeo e particolarmente triste.

Guardò l'orologio, la testa ancora abbandonata sul sedile, e fece un rapido conto... Si era addormentata verso l'una di notte, quindi Dimitri aveva guidatopiù o meno...

<< Cinque ore! >> gridò, voltandosi verso il russo, che teneva lo sguardo stanco ma sveglio fisso sulla strada, la barba lunga più del solito e una ruga profonda in mezzo alla fronte, << Ti avevo detto di svegliarmi alle tre! Hai guidato fino ad ora senza fermarti?! >>.

<< Non ne avevo bisogno >> ribatté lui, << E poi mi sembrava dormissi troppo bene per voler essere svegliata... >>. Non c'era derisione né tenerezza nel suo tono: era una semplice constatazione.

Irina lo guardò male.

<< Quanto sei... >> cominciò, poi lasciò perdere, << Adesso ti fermi e ci diamo il cambio >>.

<< E' inutile. Siamo quasi arrivati >>.

Irina inarcò un sopracciglio, poi vide scorrere oltre il vetro della Punto un cartello che indicava dieci chilometri a Mosca... Allora erano arrivati, finalmente.

Un giorno e mezzo. Un giorno e mezzo ci avevano impiegato da Cherepova a Mosca, guidando a turno per non perdere troppo tempo, e fermandosi solo quando era necessario. Era stato un viaggio estenuante, e nonostante la dormita Irina si sentiva distrutta: forse mai quanto Dimitri, che aveva guidato molto più di lei, soprattutto di notte. La Punto aveva resistito solo perché non l'avevano tirata al massimo, e si erano accontentati di una media un po' più bassa ma costante. La gara si faceva sentire, anche se avevano vinto, e il poco riposo non era bastato; l'unica cosa che li teneva in piedi era il pensiero di Yana.

Avevano parlato poco: erano entrambi nervosi e preoccupati, e si erano lasciati più spazio per pensare che per conversare. Irina aveva detto a Dimitri cheXander tornava a Los Angeles, e quando aveva rivelato i suoi sospetti su Nina, si era rivelato molto scettico: secondo lui la ragazza non era la Lince, almeno non quella vera. Forse si spacciava per lei per avere qualche vantaggio, ma lui era sicuro che non lo fosse. Da dove derivava quella sicurezza, Irina non riuscì a capirlo, ma si rese conto che anche lì il Mastino sapeva qualcosa che a lei era oscuro.

Non si era soffermata a pensare troppo al suo piano perché, anche se non si era pentita, non voleva far vacillare il suo coraggio. Mettersi lì e cercare di capire cosa poteva succedere avrebbe rischiato di farle cambiare idea... Era anche per quello che aveva fatto la proposta a Vladimir subito, senza indugiare: ormai non poteva tornare indietro, anche se la paura c'era.

Né McDonall né Xander avrebbero saputo dello scambio: non glielo avrebbe detto, perché questo non riguardava la missione, e poi si sarebbero sicuramente opposti. Le avrebbero rinfacciato il fatto che il suo compito era un altro, che non poteva rischiare tutto, anche se c'era di mezzo una bambina... Era sicura di poter mettere in atto il suo piano senza che nessuno sapesse niente, anche se non dipendeva veramente tutto da lei.

Guardò Dimitri, sapendo che molto, forse gran parte, della riuscita del suo piano dipendeva da lui: una volta effettuato lo scambio, lei non avrebbe potuto fare più niente, oltre che aspettare. Vladimir voleva lui soprattutto, e di sicuro non si sarebbero seduti insieme a bere un tè. Doveva sperare che Dimitri riuscisse a uccidere il suo nemico, per uscirne viva anche lei. E questo significava mettere la sua vita nelle sue mani.

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