Capitolo XXXV

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Ore 06.00 – Mosca

Irina fissava in silenzio il soffitto della stanza, il ticchettio dell'orologio stile minimalista che echeggiava nella camera semibuia, il suo cuore che batteva all'unisono con le lancette. Il letto era morbido e caldo, ma nonostante tutto il lusso di quell'hotel, aveva dormito poco e male, con la paura che da un momento all'altro William sbucasse dalla porta per venire a prendere la sua vendetta.

Sospirò, le ore che passavano lente e silenziose, senza che nessuno si facesse vivo, senza che si sentisse alcun rumore strano o allarmante. Lo Scorpione sembrava essersi inabissato nella sua camera, e non aveva intenzione di uscirne.

Aveva avuto modo di pensare molto, quella notte. Per un attimo, aveva anche avuto la tentazione di usare il telefono che aveva nella stanza, chiamare Dimitri e ordinargli di non venire, di non avvicinarsi a quell'hotel, sempre che sapesse dove si trovassero. Il Mastino non era uno che aveva paura, e dallo sguardo che le aveva lanciato prima che si lasciassero era chiaro che la sua intenzione era sempre stata quella di tornare a prenderla, qualsiasi fosse l'esito dello scambio. E siccome c'erano ampie possibilità che lui sapesse già che era stato William a ordire quel complotto, aveva messo in conto anche di incontrarlo.

Però Dimitri aveva sempre seguito le sue richieste. E poi, cosa le faceva pensare che fosse disposto a mettere a rischio la sua vita per salvare lei? Forse c'era stato qualcosa, tra loro, ma poteva anche non essere sufficiente a spingere una persona ad affrontare il pericolo nel quale lei si era infilata da sola e volontariamente...

"Ma è testardo... Spero solo che abbia capito che ho un piano e che posso metterlo in atto. Tanto se venisse a prendermi, le cose finirebbero male. Almeno in questo modo uno di noi due si salverà".

Alla fine non aveva chiamato, perché intuiva che William dovesse aver messo sotto controllo il suo telefono, e si era tenuta i dubbi tutti per sé. Dimitri doveva ascoltare la sua richiesta; McDonall era stato avvertito, e sicuramente lui che lavorava da anni nell'F.B.I. era abituato alle missioni che prendevano quella piega. Xander ormai non faceva più testo, ma se non veniva a sapere niente era sempre meglio.

Guardò di nuovo l'orologio, chiedendosi perché le ore passassero così lente. William la faceva aspettare, forse perché voleva metterla sotto pressione e cercare di estorcerle la verità, di costringerla a commettere un passo falso...

Quando la lancetta toccò le sette, si alzò a sedere e si rivestì in fretta con le cose del giorno prima: non aveva nulla dei suoi effetti personali, e sicuramente non poteva tornare a casa a prenderli. Si diede una rapida pettinata e valutò l'ipotesi di scendere sotto a prendere qualcosa da mangiare, o almeno un caffè vista la notte in bianco.

Una volta nella hall dell'hotel, trovò la ragazza della sera prima ancora dietro il bancone, che con sguardo sospettoso le spiegò dove fosse il bar. Irina ringraziò ed entrò nel locale adiacente all'ingresso, dove un forte profumo di caffè la investì insieme a quello fragrante di brioches appena sfornate.

Si guardò intorno: il bar era lussuoso, pieno di superfici lisce e con numerosi tavolini. Il lungo bancone era di marmo nero, e rifletteva la luce del lampadario di cristallo sopra la sua testa. Non c'era nessuno, a parte l'uomo in uniforme scura che stava disponendo le brioches dentro una teca di vetro, in bella mostra. Le fece un cenno di saluto e disse: << Arrivo subito >>.

Irina annuì, guardando la strada fredda di Mosca oltre il vetro del locale. Avrebbe tanto voluto andarsene, uscire da quell'albergo e trovare qualcuno che la aspettava per portarla via... Poi si chiese: qualcuno chi?

Dimitri o Xander?

Scosse il capo, dandosi della stupida, e guardò il barman, che aspettava il suo ordine.

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