I have some complications with myself, Harry .

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Mi sentivo piuttosto accaldata e percepivo una strana sensazione allo stomaco.
Mi sentii baciare sul collo, toccare in un modo che di casto aveva ben poco, e gemevo senza controllo.
Poi lo vidi, vidi lui e i suoi ricci che gli cadevano disordinati davanti la fronte, le labbra dischiuse che si allargarono in un sorriso enorme quando i suoi occhi incontrarono i miei. Eravamo distesi, io inerme sotto il suo corpo proprio come ai vecchi tempi, e Harry che continuava a baciarmi fino a togliermi il fiato. Inarcavo la schiena e mi dimenavo senza neanche pensare a come fossimo arrivati a quel punto, considerando tutto ciò che ci era successo nell'ultimo periodo. Ma a me non importava, me ne stavo semplicemente lì, sotto di lui, lasciandogli il totale controllo.
Fu così che si fece spazio tra le mie gambe e mi riempì in un modo che sempre e solo lui avrebbe potuto fare. Ansimavo e urlavo il suo nome, sempre più forte, sempre più disperata.
"Harry!" mi ritrovai a gridare quando, alla fine, aprii gli occhi.
Li sgranai, sconvolta, e sbattei le palpebre più volte quando mi accorsi di essere sola.
Sollevai la testa dal letto, quella Domenica mattina, e mi guardai intorno con delusione.
Era stato solo uno stupido sogno. Mi coprii il viso con le mani, tormentata dal fatto che avessi ripreso a sognarlo proprio come ai primi tempi della sua permanenza in questa casa. Ciò che mi preoccupava era anche il fatto che avessi davvero pronunciato il suo nome nel sonno, e l'idea che lui avesse potuto sentirmi passando nel corridoio mi spaventava non poco.
Come ero finita a sognarlo di nuovo? Perché non riuscivo a togliermelo dalla testa?
Di certo la frase che mi aveva pronunciato la scorsa sera, era uno dei motivi.
"Sì, mi importerebbe, perché tu sei mia." Aveva detto, e queste parole continuarono a rimbombarmi in testa per il resto della giornata. Forse per questo l'avevo sognato.
Rimase il fatto che ora ero a letto da sola, e non con lui come avevo immaginato. Tremavo ancora per il sogno di poco prima e mi ritrovai con un imbarazzante calore tra le gambe.
Mi alzai dal letto e andai a guardarmi allo specchio: ero talmente rossa in viso da somigliare a un pomodoro. Mi maledii mentalmente per fare sogni di questo genere, e guardai che ora fosse: quasi le undici. Era un orario comprensibile, considerando che fosse Domenica, anche se la scorsa sera ero andata a dormire presto. Era stata una giornataccia, e non avevo voglia di uscire né di restare sveglia fino a tardi come normalmente avrei fatto. Continuavo a pensare alle parole di Harry, e alla discussione con Gemma. Non raccontai a nessuno quello che le avevo detto, al telefono.
Ma non ero certa che si potesse dire lo stesso di lei. In ogni caso, non mi interessava granché.
Ero piuttosto soddisfatta di me stessa, di come l'avevo affrontata, delle parole che avevo finalmente tirato fuori contro di lei. Dopotutto ero solo stata sincera e le avevo detto ciò che pensavo, il che mi sembra il minimo considerando ciò che Gemma avesse fatto a me.
"Meg, tesoro, puoi venire un attimo?" mi chiamò mio padre quella mattina.
Uscii dalla mia camera ancora in pigiama ed entrai in quella di mio padre, non prima di aver notato che la porta di Harry fosse chiusa.
"Che succede?" chiesi, notando che mio padre stesse preparando una valigia.
Lui sospirò, "non sai quanto mi costa dirtelo, ma domani mattina ho un incontro con un importante chef di Parigi ed è un opportunità più unica che rara, non potevo rifiutare.."
Spalancai la bocca, "papà, ma è meraviglioso! Perché non me l'hai detto prima?"
"Perché, a dire il vero, ho deciso di accettare soltanto ieri sera. Non ero sicuro di volerlo fare, non perché non lo desiderassi, ma perché non mi piaceva l'idea di lasciarti qui da sola." Spiegò.
Sorrisi, addolcita dalle sue parole protettive; "sta' tranquillo, non preoccuparti per me. Non sono mica da sola."
"Hai ragione, non sono l'unico uomo di casa adesso. Ci penserà Harry, a badare a te." Ridacchiò, facendomi sbuffare.
"Non ho bisogno di nessuno che badi a me, sono grande e vaccinata." Mi lamentai.
"Stavo scherzando, Meg, lo so che sei cresciuta" ammise, "ma resterai sempre la mia bambina, questo non cambierà mai."
Non dissi nulla e lo abbracciai, forte.
"Quando tornerai?" chiesi, restando avvinghiata a lui.
"Domani sera, quindi dovrete restare soli soltanto per una notte. Non è un problema, vero?"
"No, certo che no" mentii. Oh, eccome se lo era.
"Perfetto" sorrise fiero, "ho già informato Harry quindi, mi raccomando, fate i bravi e cercate di andare d'accordo. Ho l'aereo fra tre ore, quindi è meglio che continui a prepararmi."

Un amabile disastro sei tu.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora