The love that rises with the sun.

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La mattina successiva aprii gli occhi per colpa del rumoroso e fastidioso suono della sveglia. Mi sentivo più stanca del solito e, dopo essermi più volte rigirata nel letto, mi arresi e spensi quel trillo assillante. Erano le sei e mezza.
"Buongiorno raggio di sole" mio padre spuntò fuori dietro la porta della mia stanza, "perdonami se ho messo la sveglia più presto questa mattina, ma è il primo giorno di scuola per Harry e anche se non frequenterà la tua classe mi chiedevo se potresti dargli una mano con le materie."
"Stai scherzando, vero?" farfugliai, non riuscendo neppure ad infuriarmi perché troppo assonnata, "mi hai svegliato mezzora prima per questo?!"
Lui annuì e, dopo un lungo sospiro, mi spostò le coperte.
"Non farmi ricorrere alle maniere forti, Meg" borbottò mio padre, "abbiamo un ospite e in quanto tale dobbiamo prenderci cura di lui, l'ho promesso a mia sorella. Perciò alzati e va' a svegliarlo, io sto andando a lavoro."
Feci una smorfia, senza rispondere, e mi alzai finalmente dal letto. Odiavo Harry.
Con il pigiama ancora addosso e i capelli legati in disordine, mi avvicinai alla sua porta.
Provai a bussare, ma non sentii alcun segno dall'altra parte. Nessun rumore, ora che mio padre era anche uscito di casa. Così, in preda al nervosismo mattutino, entrai nella sua stanza con irruenza e mi avvicinai al suo letto, trovandolo - con mia enorme sorpresa - in boxer. In pieno Gennaio, lui dormiva con canottiera e boxer?
Senza volerlo, il mio sguardo scivolò sulla sua erezione ben evidente intrappolata nel tessuto. Deglutii, imbarazzata, quando mi accorsi che i suoi occhi si erano appena aperti e posati sui miei. Si accorse, dunque, di ciò che stavo fissando e sorrise.
"Buongiorno" biascicò, portando le braccia sotto la nuca e dietro al cuscino.
"Emh, dobbiamo andare a scuola, alzati" dissi, distogliendo immediatamente lo sguardo dai suoi gioielli di famiglia. Alzai gli occhi al cielo e uscii in fretta dalla sua stanza, dirigendomi in cucina. Mi maledii mentalmente quando, nel preparare la colazione, mi ritrovai a pensare al fatto che Harry fosse davvero ben dotato. Tuttavia, i miei pensieri perversi furono nuovamente interrotti nel momento in cui realizzai che fossero passati ben quindici minuti dall'istante in cui ero andata in camera sua a svegliarlo. Stavo per salire e richiamarlo ma non appena misi il piede sul primo scalino vidi Harry apparirmi davanti mentre si dava un'ultima sistemata ai capelli. Indossava dei jeans a vita bassa, una t-shirt aderente bianca, una giacca di pelle nera e la mano tra i folti ricci in disordine. Mi superò, entrando in cucina con molta naturalezza e sorseggiando un bicchiere di aranciata che avevo preparato per me.
"Ehi!" protestai, avvicinandomi.
"Sei ancora in pigiama?" alzò un sopracciglio, pulendosi le labbra con la lingua, "va' a vestirti, ti aspetto qui."
"Devo ricordarti che sono stata ad aspettarti quindici minuti per fare colazione?" sbottai, "non so come funzionano le cose lì da te, ma qui, si fa come dico io."
Harry mi guardò con un sorrisetto beffardo stampato in faccia e non si oppose.
"Mi scusi, capo" scherzò, "allora vada a vestirsi, per favore, io la aspetto qui buono buono."
"Molto meglio" annuii, esasperata. Gli rubai il bicchiere di mano e, dopo aver fatto un ultimo sorso, tornai in camera per prepararmi. Dopo altri dieci minuti scesi le scale, trovando Harry comodamente seduto sul divano col cellulare in mano.
"Possiamo andare" annunciai, vedendolo alzarsi di colpo al mio arrivo.
"Ho visto che hai preparato anche dei libri per le mie lezioni" sussurrò, indicando lo zaino che aveva dietro le spalle, "grazie."
"Sì, okay, non c'è di che" brontolai, "adesso andiamo o farò tardi."
Presi le chiavi e lo sorpassai, uscendo di casa con lui alle mie spalle, dirigendomi verso il viale. Fui distratta dal rumore di Harry che aprì lo sportello della sua macchina, lanciandomi un'occhiata invitante; "allora, sali oppure o no?"
"Con te? Su quell'auto?" replicai, mettendo le braccia conserte, "no grazie."
"Perché no?" ribatté, "farai tardi, voglio solo darti un passaggio."
"Ho detto di no!" insistetti, "e non cercare di fare il carino con me, lo so che è tutta una finta."
In realtà la sua macchina era niente male, ma per qualche strano motivo non volevo farmi dare un passaggio da lui, nonostante fossi in evidente ritardo.
"Sai che ti dico? Come vuoi tu, cuginetta viziata" borbottò, alzando le braccia in aria.
Fece per entrare in macchina ma, prima che potesse mettere in moto, mi posizionai nel sedile accanto a lui. Mi fissò con occhioni confusi, ma io gli feci cenno di tacere.
"Non dire niente. Sono in ritardo e basta."

Un amabile disastro sei tu.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora