L'autobus suona il clacson per invitare i passeggeri a salire a bordo.
«È arrivato il momento» dice la mamma al mio fianco.
«Già» ribatto senza il minimo entusiasmo. Sospiro e guardo il veicolo parcheggiato nell'area di sosta della stazione.
«Fa' buon viaggio» mi augura stringendomi in un abbraccio.
Sento il suo respiro irregolare e capisco che sta trattenendo le lacrime. Io le mie le ho già versate in questi ultimi due giorni, mentre preparavo le valigie.
«Comportati bene» continua.
«Sta' tranquilla» rispondo. «E pensa a te, piuttosto» la ammonisco.
«Be' forse è la volta buona che crescerò pure io» ridacchia tirando su con il naso.
«Speriamo...»
«La mia piccola donna.» Mi prende il viso tra le mani e mi stampa un bacio sulla guancia. «Mi mancherai.»
«Anche tu.»
Afferra il mio borsone e mi precede verso l'autobus. Io intanto estraggo il biglietto dalla tasca dei jeans. «Sicura che non mi vuoi accompagnare? Sono certa che ci siano altri posti liberi» le chiedo con un briciolo di speranza. Il pensiero di dover affrontare il viaggio e, soprattutto, quello che mi aspetta all'arrivo mi terrorizza.
«No, Rachel. È meglio se io e tuo padre non ci incontriamo. Sarebbe imbarazzante. E doloroso» risponde.
«D'accordo.»
Ecco le mie speranze andare in fumo.
«Non sarà un viaggio lungo.»
«Lo so.»
«Fatti una dormita e vedrai che volerà.»
«Ci proverò.»
Ci abbracciamo di nuovo. Sento un peso incredibile alla bocca dello stomaco, non sono nemmeno riuscita a fare colazione stamattina. È come se avessi un macigno dentro che mi trascina verso il basso.
«Ci vediamo tra sei mesi» mi dice la mamma.
«Sì. Tra sei mesi.»
Un tempo incredibilmente lungo.
«Andrà tutto bene, credici.»
«Ci credo. Non si vede?» Inarco le sopracciglia in un'espressione sarcastica.
Salgo sull'autobus e raggiungo il mio posto vicino al finestrino. Lei resta sul marciapiedi a fissarmi. Avrei potuto anche prendere il treno, anzi lo avrei preferito, ma la mamma era del parere che l'autobus fosse più sicuro, meno gente che potesse importunarmi. Recupero l'Ipod e sciolgo i fili delle cuffiette, poi estraggo Il cavaliere d'inverno e lo poggio nel sedile di fianco al mio, pronto per la lettura. L'autista nel frattempo chiude le portiere e accende il motore. Improvvisamente mi pizzicano gli occhi e fisso il soffitto per non cedere alle lacrime. Intorno a me ci saranno una quindicina di passeggeri, ognuno già intento ai fatti propri. Mi volto verso la mamma e poggio una mano sul finestrino in un gesto di saluto.
Per i prossimi sei mesi non ci vedremo. Lei sarà in Cina, io parcheggiata da mio padre. Non potevo permettermi di perdere l'ultimo anno di scuola, secondo loro. A me sembra solo una punizione. Lo sanno entrambi che se avessi potuto dire la mia, non avrei mai voluto tornare da papà, in quella stupida cittadina che odio.
L'autobus si muove, mentre la mamma mi saluta con la mano e dopo poco scompare alla mia vista. Il Fatto ha ripreso a tormentarmi proprio quando ero convinta di essermelo finalmente lasciata alle spalle. Dal passato non si scappa, mi ripeto sconsolata, anzi questa volta gli sto proprio correndo incontro.
E purtroppo dovrò per forza affrontarlo.
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AGAIN (1)
Teen Fiction!!QUESTO LIBRO è GIà DISPONIBILE NELLE LIBRERIE E SU AMAZON IN CARTACEO E DIGITALE!! Quando la madre si trasferisce in Cina per lavoro, Rachel, diciassette anni, è costretta a tornare a vivere nel paese della sua infanzia con il padre, che non vede...