AGAIN 13_3

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La casa dei Brown non mi è mai sembrata così imponente e minacciosa come oggi. Svetta al di là del cancello pronta a inghiottirci. Dalla quantità di gente che intravedo, credo che siamo tra gli ultimi arrivati. Suoniamo alla porta e rimaniamo in attesa. Un attimo dopo una signora con una divisa da cameriera ci apre e ci prende i cappotti. Papà si sta agitando. Speravo che la giornata di oggi fosse servita a rompere il ghiaccio, invece pare proprio di no.

«Christopher! Quanto tempo!» esclama una donna bionda venendoci incontro.

Mi devo sforzare per riconoscere nella sua eleganza e nel sorriso Sarah, la matrigna di Connor. Da sobria sembra assolutamente adorabile.

«Ehi, ciao!» la saluta mio padre arrossendo.

Lei si avvicina e gli getta le braccia al collo, cosa che lo trasforma in un pezzo di ghiaccio.

«Come stai? È una vita che non ci si vede!» continua a cinguettare lei.

«Tutto bene, grazie. Lei è mia figlia, Rachel» mi presenta papà.

Sarah mi guarda per un lungo istante e capisco che mi ha riconosciuta. Però cerca di fare finta di niente, sorride cordiale e mi porge la mano. Decido di stare al gioco.

«Ciao, cara, piacere di conoscerti.»

«Piacere mio, signora. Conosce mio padre?» domando curiosa.

«Eravamo compagni di scuola» ribatte con una risatina.

«Abbiamo separato i giovani dagli adulti» aggiunge Sarah.

«Rachel, entra nell'ultima stanza in fondo al corridoio, ci sono già gli altri ragazzi. Divertiti!» Poi prende mio padre a braccetto e lo trascina via, verso una sala rumorosa e affollata.

Seguo le indicazioni e mi ritrovo in un ampio soggiorno dove hanno addirittura sistemato la consolle di un dj, che immagino attaccherà a suonare a un certo punto della serata. Spero quando io me ne sarò andata. Appena noto che molte ragazze si sono cambiate d'abito, mi sento subito a disagio. Sono ancora vestita come stamattina: un paio di jeans scuri, stivaletti comodi, un maglione bianco con il collo alto e i capelli raccolti in una coda di cavallo alta e spettinata. Perfetto.

«Oh, meraviglioso, vedo che non perdi occasione di presentarti agli eventi che non ti competono, Anderson.» Una voce alle mie spalle mi costringe a girarmi.

«Ciao Isabelle» dico a denti stretti.

«Come diavolo sei conciata?» domanda squadrandomi.

«Pensavi che si andasse a sciare?»

Lei indossa un vestito aderente grigio perla di lana morbida, con la cintura a sottolineare la vita sottile. I suoi capelli non sono mai stati così vaporosi.

«Piuttosto cosa ci fai qui?» mi incalza.

«Immagino quello che ci fai tu. Io e mio padre abbiamo partecipato alla vendita di dolci e adesso siamo venuti qui per il buffet.»

«Sì, vi ho visti al vostro tavolino. Un po' modesto.»

«Sai, com'è, noi non abbiamo comprato le torte in pasticceria come avete fatto voi.»

«I dolci li ha preparati mia madre!» dice irrigidendosi.

«Certo» mugugno. «Prima o dopo la manicure? Perché non vorrei che chi ha comprato i vostri capolavori si trovasse dentro qualche unghia finta.»

La sto facendo innervosire.

«Dov'è il tuo ragazzo, Anderson?» passa all'attacco.

«Immagino sia impegnato a fare gli onori di casa» rispondo ostentando sicurezza.

AGAIN (1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora